Diario di un privilegiato sotto il fascismo/Diario di viaggio
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DIARIO DI VIAGGIO
ADDIO A ROMA
Scrivono per l’ultima volta, seduto sul piedestallo di una colonna, in Piazza S. Pietro. Il vento spande da ogni parte il getto delle fontane, dipanandolo in tenue pioggia. La spuma bianca annerisce i bordi della gran coppa ed il selciato. Al vertice, il getto si polverizza in gocce bianche, che balzellano e si avvicendano come le palle di un giocoliere. Addio Roma! Queste due candide piume di struzzo, agitate dal ponentino in mezzo alla immobilità del granito e fra le colonne, queste due fontane irrequiete, irregolari e rumorose mi paiono il canto e l’anima di tante pietre silenziose e di un sagrato colossale, preciso e aperto come la Religione Cattolica. Il sole scintilla e le casupole rosse, al di là del colonnato, sembrano domandare allo splendor della luce il diritto di innalzarsi in faccia a San Pietro. Sono contento di partire da Roma. Il destino ha posto in Roma le pietre miliari della mia vita, ma non ho mai potuto liberarmi, in questa città, dal peso della sua malata magnificenza.
Fin dal momento in cui arrivando verso la sera vedevo brillare i lumi della città giardino, cominciava a turbarmi l’ansia e l’inquietudine di Roma. Da principio, non potevo accettare l’urto delle tre città, di Roma antica, di Roma papale e di Roma moderna, costruite come se volessero schiacciarsi a vicenda sotto la grandezza dei propri monumenti. D’istinto, arrivando a Roma, volevo ricostruirla a mio modo. Poi, per l’abitudine di rivederli insieme, sempre minacciosi e sempre immoti, mi parve che una stessa patina si stendesse sui ministeri, sui monumenti funebri, sulle chiese e sulle rovine, su quelle tre civiltà che convivevano gomito a gomito senza fondersi, racchiuse in se stesse, opponendo l’una all’altra la gloria delle proprie memorie. Ma non riuscivo lo stesso a godere a Roma di quel benessere che cantò Goethe nelle sue elegie. Forse i viaggiatori trovano in ogni paese quello che ci voglion trovare.
A me quel cielo troppo vasto e particolarmente concavo, verde, consunto e tremante di un’antica e malinconica luce fatta per le macerie, quella sontuosa urbe distesa attraverso il silenzio selvaggio della maremma, quella via Appia orlata di cipressi e avviata verso un orizzonte che sembra segnare il limite della terra, quelle fontane troppo squisite e musicali, quei palazzi, quella andatura indolente, lussuriosa e molle, quell’aria pesante che si affina la sera e ci fa sognare il Mediterraneo, quei crepuscoli estenuati ed immensi avevano riempito il cuore di uno sgomento che gli anni e i ritorni non riuscivano ad acquietare.
Forse sentivo il terrore di una segreta onnipotenza. Roma è l’urbe tirannica. Splendida e indifferente, si vendica dei piccoli uomini che hanno il coraggio di vivere tranquillamente dentro la cerchia delle Mura Aureliane, facendone la propria preda. A Roma, io mi sentivo prigioniero di quella sterile sontuosità, come una barca arenata tra le sabbie mobili di un estuario.
La luce o i secoli, il colore o i ricordi, il chiasso o il silenzio, il lastricato o il cielo avevano tanto potere sulla mia vita interiore. Non so; ma mi pareva di essere l’ombra di quelle mura, da cui trasudavano la disperazione o la gioia. Non gli eventi, e nemmeno le donne erano la ragione del mio quotidiano umore; ma la città stessa, che faceva di me, contro il mio volere, un uomo felice o infelice, appena la mattina avevo respirato il suo odore vagamente marino. Tutto quello che avevo pensato e sofferto a Roma, i miei più antichi sentimenti e le mie passioni, invece di svaporare col tempo, si adagiavano nell’urbe come delle nuvole in una valle. Non potevo più liberarmi dal mio passato, e ogni volta che ritornavo a Roma mi toccava rivivere la mia vita fin dal principio. Roma era per me come un sogno, dove il tempo era abolito. Vecchie immagini quasi dimenticate si mescolavano alla mia vita, come si vedono nelle corti di una casa moderna gli avanzi di un muro imperiale... Vivevo a Roma stupefatto ed inquieto, e tutte, le cose che vedevo mi sembravano una nuova allucinazione, come a un convalescente che esce per la prima volta dalla sua camera. Addio Roma! Tra poche ore sarò a Termini su una di quelle piattaforme proiettate verso l’infinito dell’Agro come verso l’oceano. Avrò dietro di me la città che comincerà ad addormentarsi, e dinanzi a me due lucide parallele. Che cosa mi riserba il destino? Dove maturano gli avvenimenti? Parto con gioia da questa città che non amo. Ma forse, fra qualche anno, dopo aver vissuto in paesi stranieri, accoglienti e festevoli, e in una più pallida luce, lontano da Roma, penserò con nostalgia alla dolcezza di queste donne, al mare che trema come una linea opaca sugli orizzonti della Maremma, ai bimbi ruzzanti dinnanzi alle porte dei grandi palazzi inutili, ai fiori di Trinità dei Monti, e libero di me, signore di me stesso, rimpiangerò per un momento la inumana e sovrumana opulenza di questa città che aveva la forza di sottomettermi.
INDICE
TEATRO
La chioma di Berenice. - Le campagne senza Madonna. -Prefazione di Adriano Tilgher-Athena. Milano 1924. (Esaurito).
Angelica. - Dramma satirico. - Introd. di Guglielmo Ferrero. NEC Lugano Ginevra 1927. Edizione francese: Rieder, Paris 1937. (Esaurito). Nuova edizione Parenti, Firenze.
Ritorno di Ulisse e La favola dei Sette Colori. - NEC, Lugano Ginevra 1941.
Trois Drames. - Editions Présence Geneve, 1942.
ROMANZI
Espoirs. - Rieder, Paris 1935.
POESIE
Désespoirs. - Posie e pensieri. - Prefazione di Gina Lombroso - Rieder, Paris 1937.
La catena degli anni. - NEC, Lugano, Ginevra 1939.
SAGGI
La Palingenesi di Roma. - In collaboraz. con G. Ferrero - Athesia, Milano 1924. (Esaurito).
Leonardo o dell’Arte. - Introduz. di Paul Valéry. - Kra, Paris 1929, Edizione Buratti, Torino 1929 - NEC, Lugano Ginevra 1938.
Paris dernier modèle de l’occident. - Rieder, Paris 1932.
Amérique, miroir grossissant de l' Europe. - Rieder, Paris 1932.
Meditazioni sull’Italia. - Prefaz. di Carlo Sforza. - NEC, Lugano Ginevra 1939.
Appunti sul metodo della Divina Commedia. - NEC, Lugano Ginevra 1941.
Le Secret de l’Angleterre. - Cahiers de Présence. - Genève 1941.
Su Leo Ferrero
Lo sboccio di una vita. - Gina Lombroso. - NEC, Lugano Ginevra 1934. - Edizione francese, Rieder, Paris 1936. - Edizione spagnuola, Sur, Buenos Ayres 1940.
La vie et l’œuvre de Leo Ferrero. - par Gina Lombroso. - Grivet, Ginevra 1944.
Leo Ferrero et la France. - par L. F. Schoëll - Prefaz. di Egidio Reale. - Edit. La Concorde, Lausanne.