Diario di Nicola Roncalli/1865
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1865
7 Gennaio. — Nel giorno 1° dell’anno il generale Montebello si recò, con il suo stato maggiore, dal Papa a fare i soliti augurii.
Il Giornale di Roma dei 2 si limita ad accennare che S. Santità rispose con brevi parole ed impartì a tutti l’apostolica benedizione.
Gli astanti, poi, narrano che il S. Padre disse: «Benedico l’imperatrice, il figlio» quindi, alzando gli occhi al cielo, soggiunse: «ed Iddio benedica anche l’imperatore e gli conceda quei lumi che gli sono necessarii per governare».
4 Marzo. — Ai 20 di febbraio, nell’accademia dei Quiriti, ristabilita nel 1820, e che trovasi installata nel palazzo Altieri, un frate francescano recitò un sonetto sulla espulsione dei Galli dal Campidoglio, e parlò francamente di libertà italiana.
Nel giorno seguente, per ordine superiore, l’Unione letteraria fu disciolta; si chiusero le porte, e la chiusura fu annunziata nel Giornale di Roma dei 25 febbraio.
22 Aprile. — Da qualche giorno si parla generalmente per Roma che Pio IX abbia iniziato, direttamente, trattative con Vittorio Emanuele II per provvedere ai vescovadi vacanti d’Italia1.
Ai 20 arrivò a Roma il commendatore Vegezzi con un segretario.
Si crede incaricato dal re di trattare questo interessantissimo affare.
Nelle ore pomeridiane si recò dal S. Padre, e subito fu ricevuto.
L’udienza durò un’ora ed un quarto ed i cortigiani riferirono che uscì molto allegro.
Per le luminarie dell’anniversario del 12 corrente, avute luogo la sera dei 19 corrente, l’estensore si riporta alle relazioni dei giornali.
Si dice che il denaro erogato per la suddetta dimostrazione ascenda a circa scudi 80 mila.
29. — Il commendator Vegezzi non riceve alcuno, e si dice che per la sua missione tratti col cardinale Antonelli, nelle ore vespertine, confidenzialmente.
13 Maggio. — Vegezzi, il giorno 4, è partito per Torino. Si attende nuovamente a Roma circa il 20 del mese.
Intanto, circolano molte ciarle, specialmente di coloro che sono chiamati i buoni, i quali, da cinque anni, credono fermamente, che da un momento all’altro 100 mila Croati passino il Po, per ridurre in cenere i sedicenti 200 mila soldati italiani, ammazzando tutti i liberali; per ristabilire i duchi di Modena e Parma, e mettere il Piemonte in uno stato da non poter nuocere, e che quindi vengano trionfanti a Roma a fraternizzare coi zuavi ed a raccontare i loro trionfi alla Civiltà Cattolica ed all’Osservatore Romano.
Costoro sono dispiacentissimi che il Papa abbia scritto al re d’Italia per il ristabilimento dei vescovi, e spargono mille ciarle nelle sagrestie e nelle spezierie sopra un tale atto, per attenuarne l’effetto e, se fosse possibile, impedirlo.
20. — Si assicura che il commendatore Vegezzi, arriverà a Roma oggi. Prese casa in via Frattina, sopra il Banco Spada Flamini.
13 Giugno. — Vegezzi ritornò a Roma nel giorno 7 e prese alloggio alla locanda Franz.
Agli 8 comunicò al cardinale Segretario di Stato una memoria del ministero italiano.
Nella sera dei 10, questa fu esaminata dalla congregazione degli affari ecclesiastici straordinaria.
V’è chi pretende di aver penetrato che la memoria contenga l’omissione del giuramento dei vescovi ai Papa, lo che dalla congregazione non sarebbe stato ammesso.
Si assicura, in ogni modo, che nella memoria si parli di 18 vescovi allontanati dalle loro diocesi, ai quali il Governo permetterebbe il libero ritorno, coll’avvertenza che si faccia senza strepito.
Vi sarebbero alcune riflessioni e documenti per quei vescovi invisi alle popolazioni, per i quali non si potrebbero dare dal Governo italiano garanzie sufficienti.
20. — I conservatori del municipio romano, i quali si recarono dal Papa nella circostanza della creazione di lui a Sommo Pontefice, riferirono che disse loro che le trattative con Vegezzi con suo rammarico, erano cessate.
Però, si assicura, da persone bene informate, che queste furono riallacciate e che Vegezzi ebbe comunicazione della risoluzione della congregazione per gli affari ecclesiastici, che si tenne nella sera dei 13. La mandò a Firenze e se ne attende il riscontro.
I diplomatici sono di parere che le trattative, in fine, avranno un esito felice, interessando sommamente al Governo italiano che si faccia qualche accomodamento, relativo alle vacanti sedi vescovili, prima delle prossime elezioni al Parlamento.
27. — Vegezzi, accompagnato dall’avvocato Maurizio, suo segretario, nei giorni 22 e 23, ebbe udienza da S. Santità.
Si assicura essersi concertato che tutti gli antichi vescovi attualmente assenti dalle loro sedi possano liberamente ritornarvi.
Per gli altri articoli nulla ancora è concluso.
4 Luglio. — Vegezzi riferì che, nell’udienza dei 23 giugno, fu ricevuto dal S. Padre con gli onori di ambasciatore; fatto sedere, ecc.
Il segretario Maurizio, essendo in piedi, il Papa, piacevolmente, gli disse: «Ella farà da principe assistente».
26 Settembre. — Gennaro Mattacci, notissimo capo-popolo trasteverino, detto volgarmente Gennaraccio si rese celebre, fin dal pontificato di Gregorio XVI, tenendo sotto i suoi ordini una piccola squadra di fidi trasteverini, stipendiata dal Governo, i quali promuovevano e sostenevano dimostrazioni papaline, e così proseguì sotto il presente pontificato.
Era però inviso alla popolazione, e, benché fosse impiegato presso Ripa Grande, come facchino, i suoi compagni gli passavano scudi 20 al mese dispensandolo da ogni lavoro.
Negli scorsi anni ebbe due figli uccisi ed un nipote decapitato.
Egli, ai 17 corrente, questionò con un fruttaiolo; fu ferito e condotto all’ospedale di S. Gallicano.
Nel giorno 20 morì.
Note
- ↑ Fin dall’anno 1865, Pio IX indirizzò una lettera autografa a Vittorio Emanuele per manifestargli il desiderio di venire ad accordi per la investitura di molte sedi vescovili vacanti in Italia. Il Governo italiano, mostrandosi disposto ad accogliere la preghiera del pontefice, mandò a trattare il commendatore Vegezzi.
Ma nulla si conchiuse perchè, volendo il Governo italiano che le prerogative regie dell’exequatur e del giuramento fossero mantenute, senza distinzione per tutti i nuovi vescovi, secondo il diritto publico vigente in Italia, i cardinali, ai quali il Papa affidò l’esame di quelle proposte, le respinsero e pei vescovi delle antiche provincie, e per quelli delle provincie annesse al regno dopo l’anno 1859, perchè ciò avrebbe inclusa la ricognizione del Regno stesso. (Vedasi Jacini. Due anni di politica italiana dalla convenzione del 15 settembre alla liberazione del Veneto. Ricordi e impressioni. Milano, Civelli, 1868, pagg. 62-68).