Operette morali/Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio

Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio

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Dialogo di un lettore di umanità e di Sallustio
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Lettore
Figliuoli, questo luogo del testo non mi contenta; e ve ne ammonisco acciocché l’autorità di Sallustio non v’induca in errore.
Sallustio
Che si va mormorando dei fatti miei? Se avessi saputo che l’invidia non muore in mille novecent’anni, io toglieva d’essere invidioso piuttosto che eccellente.
Lettore
Chi sei tu?
Sallustio
L’autore che tu hai nelle mani.
Lettore
Tu vuoi dire l’autor del libro che ho nelle mani, ma per amore di brevità non hai rispetto a dormiti in pugno personalmente. Or come sei tu qui? Ma comunque ci sii, non rileva. lo vorrei che tu mi sciogliessi una difficoltà che mi nasce in un passo qui dell’aringa che tu fai sotto nome di Catilina quando sta per dare la battaglia alle genti del proconsole. Il passo è questo: Quapropter vos moneo uti forti atque parato animo sitis, et quum proelium inibitis memineritis vos divitias, decus, gloriam, praeterea libertatem atque patriam in dextris vestris portare. Dimmi: alla scuola di Nigidiano o di Fausta, o pure in Numidia al tempo che attendevi a far bene ai popoli sgravandoli del loro avere, o dove e quando si sia, studiasti tu di rettorica?
Sallustio
Così studiassi tu d’etica. Che dimande sono coteste?
Lettore
Non andare in collera: così possa tu guarire dei segni delle staffilate che rilevasti da Milone per amore della bellezza. Dimmi in cortesia: che figura intendevi tu di adoperare in questo passo? quella che i miei pari chiamano della gradazione, o qualche altra?
Sallustio
Maestro si, quella.
Lettore
La gradazione sale o scende com’è l’occorrenza; ma qui conviene che salga, cioè a dire che delle cose che tu nomini, la seconda sia maggiore della prima, la terza della seconda, e così l’altre, in modo che l’ultima vorrebbe essere la maggiore di tutte. Non dico io vero?
Sallustio
Oh verissimo.
Lettore
Ma tu, caro Crispo, sei proprio andato come il gambero, o come vanno le persone prudenti quando veggono l’inimico. La prima cosa che tu nomini è la ricchezza, la quale dice Teognide che si dee cercare al caldo e al freddo, per terra e per acqua, balzando a un bisogno giù dalle rocce, scagliandosi in mare, e non perdonando a pericolo né a fatica che torni a proposito. La seconda è l’onore, del quale una gran parte degli uomini fa capitale, ma non tanto, che non lo venda a buon mercato. La terza è la gloria, che piacerebbe a molti, se la potessero acquistare senza fatica e senza scomodo; ma non potendo, ciascuno si contenta di lasciarla stare. La quarta è la libertà, della quale non si ha da far conto. L’ultima è la patria, e questa non si troverebbe più al mondo, se non fosse nel vocabolario. Insomma la cosa che tu metti per ultima, non solo non è maggiore di tutte l’altre, ma già da un gran pezzo non è più cosa; l’altre importano ciascheduna più della susseguente; e la prima è tale che gli uomini per ottenerla sono pronti a dare in occasione la patria, la libertà, la gloria, l’onore, che sono quegli altri tuoi beni; e darli tutti, in un fascio; e farci la giunta se occorre. Oh vedi se questo era nome da rimpiattarlo in un cantuccio della clausola, come ti fossi vergognato di scriverlo. Veramente se Catilina adoperò questa figura al rovescio come tu la reciti, io non mi maraviglio che ei non movesse gli uditori, e ben gli stette che si portarono male e perdettero la giornata.
Sallustio
Forse io potrei rispondere che dal mio tempo a cotesto ci corre qualche divario d’opinioni e di costumi circa quel che tu dici. Ma in ogni modo il tuo discorso mi capacita, e però scancella questo passo e tornalo a scrivere così come io ti detto.
Lettore
Dì pure.
Sallustio
Et quum proelium inibitis memineritis vos gloriam, decus, divitias, praeterea spectacula, epulas, scorta, animam denique vestram in dextris vestris portare.
Lettore
Ecco fatto. Così mi piace e sta bene. Salvo che i cinque ultimi capi hanno tanto di persuasivo, che io comincio a temere del successo della battaglia, se Antonio o Petreio non fanno alle loro genti un’altra orazione su questa corda.