Dialoghi degli Dei/23
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Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
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23.
Apollo e Bacco.
Apollo. E che diremo, o Bacco? che son fratelli nati d’una madre Amore, Ermafrodito, e Priapo, dissimilissimi tra loro per aspetto e per inclinazione? Uno tutto bello, e arciero, e rivestito di gran potere, è signore d’ogni cosa: l’altro è un personcino cascante, mezzo maschio, e a guardarlo non sai discernere se è garzone o donzella. Priapo ha quel del maschio anche troppo.
Bacco. Non è maraviglia, o Apollo. Non è Venere cagione di questo, ma i diversi padri che li han generati: anche da uno padre e da una madre spesso nascono chi maschio, e chi femmina, come voi due.
Apollo. Sì: ma noi siamo simili, abbiamo le stesse inclinazioni, ed ambedue trattiamo l’arco.
Bacco. Sino all’arco siete simili, o Apollo, e non più in là, chè Diana uccide forestieri in Scizia, e tu fai il profeta ed il medico.
Apollo. Credi tu che mia sorella goda a stare tra gli Sciti? Ella è deliberata, se capita qualche Greco in Tauride, di mettersi in mare e tornarsene con lui, essendole venute in orrore quelle uccisioni.
Bacco. Oh! così farà bene. Tornando a Priapo, ti dirò cosa da ridere. Non ha guari fui in Lampsaco, e passando per la città, egli mi accolse ed ospitò in casa sua, e poi che dopo il convito ce ne andammo a letto bene alticci, in su la mezza notte si levò il prode, e.... ma mi vergogno a dirlo.
Apollo. Ti tentò, o Bacco?
Bacco. Appunto.
Apollo. E tu che facesti?
Bacco. Che altro, che riderne?
Apollo. Bene: ei non c’era da pigliarsela a male. E poi è scusabile: ti vide sì bello, e ti tentò.
Bacco. Oh per questo tenterebbe anche te, o Apollo: tu se’ sì bellino e con sì bella chioma, che Priapo anche senza d’aver bevuto ti abbrancherebbe.
Apollo. Ma non m’abbrancherà no, o Bacco: chè io ho la chioma ed una buona saetta.