18. Giunone e Giove

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Luciano di Samosata - VIII. Dialoghi degli Dei (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
18. Giunone e Giove
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18.

Giunone e Giove.


Giunone. Io mi vergognerei, o Giove, se avessi un figliuolo come il tuo, così frollato e fradicio per ubbriachezza con una mitra in capo, con un codazzo di femmine impazzate, ed ei più molle di esse, mena balli a suono di timpani, di flauti e di cetere, e a tutt’altri somiglia che a te suo padre.

Giove. Eppure questo frollato che ha la mitra e la mollezza delle donne, non solo, o Giunone, vinse la Lidia, sottomise gli abitatori del Tmolo, e domò i Traci; ma fino dall’India menando questo esercito donnesco, prese elefanti, soggiogò tutta quella regione, e strascinò prigioniero un re che per poco s’attentò di contrastargli. E tutte queste imprese egli le fece tra danze e cori, e tirsi ricoperti di edera, ubbriaco, come dici tu, ed invasato di furore divino. E se alcuno ardì di oltraggiarlo, e d’insultare alle sue feste, egli lo punì o legandolo coi tralci, o facendolo sbranar dalla madre come un cerbiatto.1 Vedi imprese gagliarde, e non indegne di suo padre. Che se egli le fa tra scherzi e piacevolezze, nessuno può biasimarlo: specialmente se considera che faria egli sobrio, quando fa questo essendo ubbriaco?

Giunone. Parmi che tu loderai anche la vite, il vino, e le altre sue invenzioni, mentre pur vedi che fanno questi [p. 251 modifica]ubbriachi barcollanti, che ingiurie dicono a tutti, e come pèrdono interamente il senno pel bere. Icario, a cui il primo fu dato il magliuolo, fu accoppato con le zappe da quegli stessi che bevevan con lui.

Giove. Non dire cosi: nè il vino nè Bacco fanno questi effetti, ma la dismisura nel bere, e il riempirsi sconvenevolmente de’ vini più poderosi. Chi bevesse misuratamente, diventerebbe allegretto e festevole, ma nessuno de’ compagni gli farebbe quello che Icario patì. Ma parmi che tu sei ancora gelosa, o Giunone, e ancora ti ricordi di Semele, se biasimi le più belle imprese di Bacco.


Note

  1. Pensomi che qui si alluda alla Menade, che sbranò il figliuolo, il quale beffavasi delle feste di Bacco.