Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831/Dialogo terzo
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Dialogo terzo
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DIALOGO TERZO.
il demonio, napoleone e gran quantità di francesi
- Il Demonio
- Piano, piano, un pochi per volta. Per Bacco, venite giù a migliaja! Ma non dubitate che ci è luogo per tutti. Avete il passaporto?
- Un Francese
- Abbiamo una lettera di accompagno, perchè non ci è stato tempo di fare le carte in regola.
- Il Demonio
- Poco male; qui non si è tanto scrupolosi sulle regole, e chi vuol favorire è padrone. Da dove venite?
- Un Francese
- Dalla Francia.
- Il Demonio
- Bravissimi; quel paese è nostro alleato antico. Si chiama il regno cristianissimo, ma se tutti i cristiani fossero così, il cristianesimo ci farebbe poca paura. Datemi quella lettera.
- Un Francese
- Prendete. Ahi, ahi.....
- Il Demonio
- Cosa è stato?
- Un Francese
- Mi avete abbruciato le dita.
- Il Demonio
- Non è niente, mi suda un poco la mano. Questi ragazzi credevano che il curato li avesse burlati, ma sentiranno cosa si fa nell’Inferno. Chi ha scritto questa lettera?
- Un Francese
- La Libertà.
- Il Demonio
Tanto meglio. Questa è la più cara e fedele amica che abbia il Demonio. Una volta per le nostre reclute ci servivamo dell’avarizia, della lussuria e degli altri peccati mortali, ma adesso non ci è più bisogno di tenere la corrispondenza con tanti ministri. La Libertà fa per tutti, e quella brava figliuola s’intende un poco di tutto. Cara, carissima Libertà; che tu sia benedetta da tutta casa del Diavolo. Leggete un poco voi, perchè non trovo gli occhiali.
- Un Francese
- «Carissimo monsù Demonio. Finalmente il mio capestro è spezzato, la ristaurazione è andata in fumo, e la linea dei Borboni bigotta ha messo nella valigia la sua legittimità, e va a campare di limosina fra le genti straniere. Io comando nella Francia, e di là, secondo il solito, diffonderò la mia peste in tutte le quattro parti del mondo. In breve udirete novità grandi, e non potrete lamentarvi di me. Frattanto v’invio alcune migliaja di Francesi in caparra della mia futura generosità. Trattateli bene, e abbrustoliteli meglio degli altri, perchè sono i primi frutti del mio nuovo germoglio, e gli eroi delle tre gloriose giornate. Addio, mio caro padre ed amante.»
- Il Demonio
- Non dubitate che avrò per voi tutta la premura, e vi tratterò secondo il vostro merito. Capperi! Si tratta dei miei cari Francesi. Ma cosa è poi tutto questo guazzabuglio, e cosa sono le gloriose giornate?
- Il Francese
- Che, non sapete niente?
- Il Demonio
- Vi dirò, amici miei; ho udito un bisbiglio orrendo su nella Francia, e sapendo già come vanno a finire le cose vostre sono andato subito a preparare gli appartamenti, e non mi sono curato di altre informazioni.
- Il Francese
- Abbiamo detronizzato Carlo X, e lo abbiamo sbandito con tutta la sua famiglia.
- Il Demonio
- Ci ho gusto. Coloro non erano dei nostri, e avete fatto bene a levarveli d’attorno. Veramente vi era un modo più bello.
- Il Francese
- E quale?
- Il Demonio
- Ammazzarli. Il coltello dei Francesi fu sempre insanguinato col sangue dei loro re.
- Il Francese
- Si è creduto di salvare certe apparenze.
- Il Demonio
- Via, via; poco male. Se non avete ammazzato Carlo, ammazzerete qualchedun altro. E adesso chi fa da re lassù nella Francia?
- Il Francese
- Luigi Filippo d’Orleans.
- Il Demonio
- Il figliuolo di quel birbante di Egalité?
- Il Francese
- Monsù Demonio, parlate con rispetto del re dei Francesi.
- Il Demonio
- Non vi faccia specie, ragazzi; è effetto di benevolenza. La sua famiglia è aggregata alla nostra cittadinanza da un pezzo in qua, e Luigi Filippo il vecchio si trova qui con noi fino da trentasette anni. Per questo ci abbiamo tutta la confidenza. Ma vedete come vanno le cose del mondo! Il povero Egalité fece tanto per essere re di Francia senza poterci arrivare, e adesso che egli sta all’inferno, il figliuolo ha ottenuto quel regno. Già, saranno state le orazioni del padre.
- Il Francese
- Quando fu che il duca d’Orleans pensava ad essere re di Francia?
- Il Demonio
- Al tempo della republica. Voi altri siete giovanotti, e non potete ricordarvi quei carnevali, ma quelli erano tempi allegri davvero, e speriamo che tornino se la Libertà non c’inganna. Allora questo mattaccio di Egalité fece tutto il possibile per salire sul trono, e arrivò a bagnarsi le mani nel sangue del suo sovrano; ma il pover’uomo essendo tanto poltrone quanto scellerato, non ebbe il coraggio corrispondente all’impresa, e in vece del regno buscò la guillottina.
- Il Francese
- Di Luigi Filippo il giovane cosa si diceva in quel tempo?
- Il Demonio
- Allora andava dritto dritto sulle tacche del padre; ebbe l’inverecondia di pigliare anch’esso il nome di Egalité, e sebbene fosse un piscioso, siate certo che fino da quel tempo pensava a salire sul trono. Adesso poi non so cosa sia, da un pezzo in qua non ne ho avuto più informazione, e non voglio aggravarmi la coscienza parlandone male.
- Il Francese
- Basta, i Francesi gli hanno detto chiaro che se non cammina dritto sarà peggio per lui.
- Il Demonio
- Quanto a questo non ne dubito punto. Sua maestà Egalité, del quondam cittadino Egalité, sperimenterà anch’essa la cordialità dei Francesi, e verrà a pigliare il fresco con noi. Anzi potrà giuocare all’ombre col suo signor padre, e con Sua Maestà l’Imperatore e Re.
- Il Francese
- A proposito, noi vogliamo fare i nostri complimenti con l’imperatore Napoleone.
- Il Demonio
- Non dubitate che sarà qui a momenti, imperciocchè corre subito appena sente l’odore di un arrosto Francese. Eccolo appunto.
- Il Francese
- Maestà.
- Napoleone
- Buon giorno. Cosa si fa nella Francia?
- Il Francese
- Abbiamo fatto un’altra rivoluzione. Carlo X è andato a basso, e regna Luigi Filippo.
- Napoleone
- Balordi! Quando dovevate avere un re, il vostro era il migliore di tutti per voi.
- Il Francese
- Carlo X ha violato la carta.
- Napoleone
- Non ci credo, e poi il re è padrone della carta e di tutto.
- Il Francese
- Queste sono le parole del dispotismo.
- Napoleone
- No, sono le parole della necessità, la quale è la regina di tutti i re e di tutti i regni. Il dovere del chirurgo è di guarire il suo infermo, e perciò quando occorre gli taglia le braccia e le gambe. Così il dovere del re è quello di governare bene il suo popolo. E in faccia a questo dovere tutte le carte sono polvere e fumo.
- Il Francese
- Dunque la fede nelle promesse....
- Napoleone
- Deve essere reciproca o niente. I popoli mancano ad ogni momento di fedeltà, congiurano contro i re, attentano alla loro vita, e poi si vuole tenere i re legati perpetuamente con un pezzo di carta? Pazzie.
- Il Francese
- Nessuno è in libertà di rompere il suo contratto, e la carta era un contratto che i Borboni dovevano mantenere alla Francia.
- Napoleone
- Non è vero. La carta era un dono, e non era un contratto. Dov’è che la Francia si sia riunita per venire a patti col suo re? E il popolo francese cosa ha conceduto al re in correspettività della carta?
- Il Francese
- L’ubbidienza e la fedeltà.
- Napoleone
- Non è vero. I Francesi dovevano la fedeltà e l’ubbidienza ai Borboni ancora senza la carta, e perciò la carta non è un contratto, ma un dono di Luigi XVIII.
- Il Francese
- In ogni modo nessuno può ripigliare il suo dono.
- Napoleone
- Si può ripigliarlo quando è corrisposto dalla sconoscenza, e quando il dono risulta in danno di tutti. All’uomo che impazzisce si devono levare le armi che gli vennero donate.
- Il Francese
- Carlo Decimo giurò di osservare la carta.
- Napoleone
- Canaglia; voi non sapete in nome di chi si giura, e invocate la santità del giuramento? Il giuramento non obbliga all’iniquità, e sarebbe stato un fatto iniquo lasciare che la Francia andasse in fiamme per secondare il genio maligno de’ pochi.
- Il Francese
- Credevamo che foste l’inimico dei Borboni, e troviamo che siete il loro avvocato.
- Napoleone
- Pazzi: io amavo me stesso, e non odiavo i Borboni. Ne uccisi uno per politica, e li avrei uccisi tutti, come avrei scannato tutti i monarchi dell’universo se il mio interesse avesse domandato la loro morte, ma non li odiavo. Il mio cuore non conosceva nè amore, nè odio, e il mio respiro erano solamente l’orgoglio e l’ambizione. Per questa ho sterminata l’Europa, e ho fatto vedove quasi tutte le donne francesi. Io sono stato il tiranno della Francia, non Carlo X. erede legittimo di sessantanove legittimi re, e me, non quegli, dovevate sbalzare dal trono, se foste stati prodi come siete pazzi e sleali.
- Il Francese
- Maestà: non crediamo che siate morto sul letto di Luigi il grande.
- Napoleone
Codardi! L’ira di Dio e le armi degli Alleati mi hanno discacciato dalla Francia, non già l’ardire e la vendetta de’ Francesi. Io mi sono servito di voi per flagellare il mondo, come Sansone si servì della mascella di un asino per battere i Filistei; ho desolato le vostre contrade, ho dissipato le vostre sostanze, ho profuso il vostro sangue, ho vilipeso i vostri diritti ho deriso il vostro pianto, e voi avete baciato la polvere de’ miei piedi, avete tremato al mio sguardo, e tuttora impallidite e tremate al mio nome. Adesso vi mostrate vigorosi e zelanti delle vostre carte contro un vecchio mansueto che vi governava da padre, e non aveva altro nel cuore fuorchè la giustizia, la pace e la felicità dei Francesi; ma se la maledizione dell’Eterno facesse sorgere un altro Napoleone, la Francia sarebbe di bel nuovo una mandria di pecorame, e i Francesi tornerebbero ad essere moneta plateale, e carne da cannone.
- Il Francese
- Sire: quando vi piaceva d’essere l’imperatore dei Francesi non tenevate questo amaro linguaggio.
- Napoleone
- Vigliacchi! io vi ho spregiato sempre senza degnarmi di occultarvelo, e quando vi mettevo sotto i piedi potevate vedere sulle mie labbra il riso dello scherno se aveste avuto il coraggio di fissare lo sguardo sul mio volto. Ma lo schiavo non ardisce di mirare in faccia il padrone, e la Francia è fiera e inesorabile soltanto con gli errori dei suoi legittimi re.
- Il Francese
- A voi, che l’avevate coperta di gloria, ha potuto accordare qualche licenza, ma non ha voluto soffrire che un vecchio imbelle violasse la costituzione e calpestasse impunemente i suoi diritti.
- Napoleone
- Mentite. Carlo X non ha violato la costituzione della Francia.
- Il Francese
- Voi stesso avete parlato di errori.
- Napoleone
- L’errore è il retaggio della umanità, ma non bisogna confonderlo col tradimento e con lo spergiuro. Non so se la Politica del vostro re abbia messo talora il piede in fallo, tua vi convincerò che Carlo X non ha violato la costituzione di Luigi XVIII.
- Francese
- Maestà: voi siete stato in vita spregiatore di ogni legge e di ogni giustizia, ed ora chi vi ha dato la sapienza per giudicare sulle ragioni dei popoli?
- Napoleone
- La morte. Sopra la terra, dall’oriente all’occidente, e dal settentrione al mezzo giorno io vidi sempre solamente me stesso, ma quando non si è più sulla terra in qualunque luogo si stia si vede la verità. Datemi quella pazza carta che da queste bolgie infernali fu spedita lassù nel mondo per prolungare la desolazione della umanità, e ditemi qual’ è l’articolo violato dal vostro re.
- Il Francese
- Contro l’articolo ottavo Carlo X tentò di abolire la libertà della stampa.
- Napoleone
Mentite. Quell’articolo accordava ai Francesi l’arbitrio di pubblicare le loro pazzie e le loro empietà, conformandosi però alle leggi repressive degli abusi di quella libertà sconsigliata e funesta. L’editto di Carlo X non aboliva la libertà della stampa, ma procurava di moderarne la licenza, e di mettere qualche argine a una fiumana di veleno e di bitume ardente che correva ad appestare e incendiare tutta la terra.
- Il Francese
- Inoltre volle farsi tiranno e distruggere la rappresentanza nazionale, disciogliendo la camera dei deputati.
- Napoleone
- L’articolo 50 della carta gli lasciava questo potere.
- Il Francese
- Ne aveva disciolta un’altra tre mesi prima.
- Napoleone
- La carta non toglieva al re l’arbitrio di scioglierne quante voleva.
- Il Francese
- Ma Carlo disciolse questa camera avanti alla sua prima sessione.
- Napoleone
- Mostratemi un articolo della carta in cui gli fosse vietato di farlo.
- Il Francese
- Questo divieto non si legge espresso, ma il buon senso lo sottintende, e se la carta avesse accordato al re il potere di sciogliere le camere una dopo l’altra senza lasciarle parlare, avrebbe favorito il dispotismo del re, non già i diritti del popolo, e la costituzione avrebbe distrutto se stessa.
- Napoleone
- Dite piuttosto che la costituzione lasciando al re questo arbitrio, gli lasciò il modo legittimo di respingere una camera sproporzionata al buon regime dello stato, e composta di deputati insolenti e ribelli. Quasi tutti i deputati dell’ultima camera erano già conosciuti e sperimentati contraddittori faziosi del re, il quale per liberarsi dalla loro cattiveria avea disciolta la camera precedente. Mandarglieli di nuovo in faccia fu l’opera dell’intrigo e l’eccesso della sfrontatezza. Inoltre la elezione dei congedati era contraria allo spirito della costituzione, giacchè la carta accordava al re il potere di sciogliere la camera perchè se ne facesse un’altra, non perchè gli tornasse avanti quella medesima fatta più orgogliosa e contumace di prima. Se il buon senso ha da essere l’interprete di un articolo, deve esserlo ancora di tutti.
- Il Francese
- Carlo doveva osservare la carta secondo le parole di essa, e non aveva il diritto d’interpretarla.
- Napoleone
E in pari modo la doveva osservare la Francia, la quale non aveva diritto d’insorgere contro il potere riservato al re di sciogliere le camere a suo talento.
- Il Francese
- Ognun vede che in questa parte la carta lasciava un vuoto, e aveva bisogno di essere perfezionata.
- Napoleone
- Sia pure così, ma l’aggiungere alla carta spettava al re che l’aveva donata, e frattanto la Francia doveva tenerla come l’aveva ricevuta dalla generosità spontanea del re.
- Il Francese
- Anche il re poteva tenersi la camera come gliel’aveva data la Francia.
- Napoleone
- Non era obbligato a farlo, e non poteva farlo senza scossa del trono, e quindi senza pericolo della Francia. Coloro intendevano di soggiogare il re esigendo sfacciatamente il congedo del ministero perchè attaccato alla causa del re, e se il re non piegava in faccia alla prepotenza della camera, avrebbero negata l’approvazione a tutte le imposte.
- Il Francese
- L’articolo 47 della carta garantiva alla camera il diritto di approvarle e di escluderle.
- Napoleone
- È vero, ma un governo senza tesoro e senza finanze non può reggere un giorno, e tanto era che la carta accordasse alla camera il diritto di ricusare tutte le imposte quanto era che le accordasse il potere di demolire il trono e distruggere la monarchia. Perciò quell’articolo 47 aveva bisogno di riforma, e senza la riforma di questo articolo non si poteva riformare il diritto illimitato del re di sciogliere la camera quando e come volesse.
- Il Francese
- E bene, sia come vi piace dello scioglimento della camera; ma il terzo editto del re fu una violazione aperta della carta, perchè distrusse tirannicamente la legge sulla elezione dei deputati, sostituendone un’altra dettata dal dispotismo.
- Napoleone
Non è vero che l’editto del re distruggesse la legge sulle elezioni; la modificava soltanto con ordinanze proporzionate alla quiete e alla sicurezza dello Stato senza ledere neppure una di quelle condizioni prescritte dalla carta. L’articolo 14 gli accordava questo potere, e il re ne aveva usato altre volte senza querela della Francia.
- Il Francese
- Il re abusava di quell’articolo, e perciò nella nuova carta è stato riformato e ristretto.
- Napoleone
- Sì, e con questo solo avete messo la vostra rivoluzione dalla parte del torto. Se la carta di Luigi XVIII non avesse accordato al re quel potere, non ci era necessità di levarglielo con la carta di Luigi Filippo, ed anzi bisognava lasciare così quell’articolo a testimoniare in perpetuo la violazione di Carlo X.
- Il Francese
- Quell’articolo si è riformato per allontanarne qualunque ambiguità, e acciocchè non ci fosse più nessun arbitrio d’interpretarlo.
- Napoleone
- Dunque per lo meno era dubbioso ed oscuro, e voi lo avete dichiarato per tale a tutta la posterità con quella sconsiderata riforma. La carta era un dono del re. Gli articoli della carta, o non ammettevano interpretazione, o potevano interpretarsi solamente dal re, e il re ha interpretato le oscurità della carta proporzionatamente alla sicurezza e alla tranquillità della Francia. Voi avete discacciato il re, e avete condannato i ministri a titolo di spergiuro e di violazione manifesta della carta, e poi avete distrutto il preteso delitto del ministero e del re, dichiarando in faccia a tutto il inondo che la carta era oscura e dava luogo ad essere interpretata. Ecco la concordanza della vostra rivoluzione, e il buon senso delle vostre gloriose giornate.
- Il Francese
- Maestà.
- Napoleone
- Tacete uomini senza cervello, e contentatevi di essere felloni senza pretendere il vanto di ragionevoli.
- Il Francese
- Voi sarete in ogni luogo lo stesso Napoleone, sempre conculcatore dei diritti dei popoli, e sempre desideroso della tirannide.
- Napoleone
- E voi Francesi con l’abuso perpetuo della libertà, e con le mani lordate nel sangue dei vostri re sarete sempre la giustificazione la più evidente del dispotismo.
- Il Demonio
- Bravi, bravi ragazzi; così mi piace. Chi non ha saputo vivere un momento in pace sopra la terra non deve aspettarsi di trovare la pace a casa del Diavolo. Intanto entrate nei vostri appartamenti, e incominciate una villeggiatura che vuol essere un poco lunga. Voi, monsù Napoleone, andate a godere il premio della vostra tirannia, e voi, eroi della libertà, andate a raccogliere il frutto delle vostre gloriose giornate.