Di una grossa moneta per il Levante
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Fra le monete italiane del Museo Imperiale di Pietroburgo è conservato questo cimelio, che per l’ordinamento imperfetto della serie poco studiata colà, pareva destinato a rimanere per molto tempo ancora sconosciuto a noi. Il merito della scoperta spetta interamente a S. A. R. il Principe di Napoli, il quale non ha mai trascurato ne’ suoi viaggi all’estero di visitare attentamente le collezioni, spinto dall’amore vivissimo allo studio della numismatica Italiana, e guidato da una vera competenza in materia, teoricamente e praticamente acquistata con una costante applicazione.
Fu nel suo ultimo viaggio in Russia nel dicembre dell’anno scorso, che S. A. R. vide la moneta, e si fu con tutta la soddisfazione del vero Nummofilo che rivolse allo scrivente le parole: " Ecco il calco di una moneta che manca davvero alle sue tavole „. E ben legittimo era il compiacimento di S. A., perchè non vi ha cenno fra i documenti nè fra gli scrittori di cose Genovesi, di altra moneta destinata al Levante all’infuori dei soliti luigini, e tanto meno poi per un’epoca già distante della fine dei luigini stessi. Infatti, l’ultimo anno segnato su questi è il 1669, che fin dai suoi primi mesi vide chiusi i mercati d’Oriente a queste monetine, delle quali oramai tutti conoscono le vicende. La speculazione della monetazione a titolo ridotto per il Levante, ha cominciato ben presto in Italia e prima che finisse il secolo XVI; basterà citare alcuni degli esempi più conosciuti. Ferdinando de’ Medici fece coniare dei giuli: Modena, pare che destinasse a quell’uso un giulio col nome della Duchessa Virginia de’ Medici; Pesaro, coniò appositamente de’ giuli con due Santi: Parma, una moneta da soldi 91. Poi da alcune di queste e da altre zecche vennero fuori talleri speciali per tipo e per titolo, ma fu poco prima del 1660 che acquistò favore in Levante lo spaccio dei luigini Francesi buoni, al titolo di 920 mill. circa, ossia di oncie 11. A questi tennero dietro le contraffazioni e successive riduzioni di titolo, per profittare della straordinaria ricerca che ne facevano gli Orientali; ed anche da noi in molte piccole zecche se ne coniarono quantità enormi. Intanto il titolo diminuiva ognor di più tanto che nel 1668 e 1669, i migliori erano ad oncie 5 ed oncie 4; ed i poveri Turchi dopo di aver pagato ben caro il loro capriccio per quelle monetine, ebbero tutte le ragioni per non volerne più sapere.
Ho ritenuto fino ad oggi, che da quel momento non si fosse più pensato, almeno in Genova, a coniar moneta pel Levante; ma questo pezzo del Museo di Pietroburgo viene a far palese o l’intenzione oppur il fatto di nuovi tentativi, e richiama alla mente un certo passo dell’Accinelli2 all’anno 1675: " . . . . quando passato il nuovo Residente Spinola con un vascello da guerra ed altro mercantile in Costantinopoli, fecero i Francesi correr la voce, che in questo vi fossero monete d’oro e d’argento di bassa lega „.
La moneta essendo a vero fior di conio, il calco è riuscito perfettamente in ogni minimo particolare, come si può vedere dal disegno che su quello ho potuto eseguire.
- D/ — DVX • ET . GVBER • REIP • GENV • 1677 * I * L * M (Io. Lucas Maiolus, sovrastante dal 1673 al 1679) Stemma Genovese in uno scudo ornato con cartocci e coronato, tra due rami di palma.
- R/ — Grifone rivolto a sinistra con scettro nella destra alzata, appoggiando la sinistra sopra uno scudo accartocciato contenente un’iscrizione turca su quattro righe.
L’aspetto della moneta indicherebbe un basso titolo, ma il Chiar. De Markoff conservatore del Museo per la parte orientale, al quale mi sono rivolto per i dati occorrenti, mi assicurò che è formata del più puro argento. Il peso è di gr. 27,12.
Il lavoro d’incisione è bellissimo; ma l’iscrizione del rovescio tradisce l’ignoranza di chi l’ha composta. Le lettere sono slegate, e non si è tenuto conto delle diverse loro forme iniziali, medie e finali, secondo il posto relativo nelle parole, lasciando anche qualche dubbio per alcune lettere, causa di incertezza nella interpretazione. Infatti, il De Markoff legge: " tre — argento — buono — nove „: il Comm. Lasinio dell’Istituto di Studi superiori in Firenze, si trova d’accordo per le tre ultime linee, ma non per la prima che, secondo lui, non può significare altro che aspro, moneta orientale: e sostiene la propria interpretazione anche dopo aver avuto conoscenza di quella del De Markoff. La lezione del Prof. Lasinio si presenta come più accettabile, evitando i due numeri nelle righe estreme, che non son fatti per facilitare il senso della inscrizione. Potrebbe anche spiegarsi la differenza fra le due lezioni qualora, come pare, la parola aspro sia usata dai Turchi anche per un terzo. Contuttociò non possiamo rallegrarci di soverchio, perchè il significato stesso rimane ancora abbastanza incerto, e tutt’al più si potrebbe credere che si tratti di una moneta che dovesse avere 9 di fino, sottointendendo oncie, secondo l’uso di segnare così il titolo dell’argento.
In questa incertezza, è prudenza di non perderci in molte ipotesi, non avendosi altri dati sicuri allo infuori del peso. Questo, coincide col peso dei realoni da 8 coniati nel 1666 pel commercio colla Spagna, nello stesso modo che coincidono anche i diametri. Il titolo dei realoni era di 913 mill., e tale potrebbe anche essere quello della presente moneta, nel caso che il De Markoff non avesse fondato la propria asserzione sopra un vero saggio del metallo. Ma se, come debbo credere, quel saggio alla pietra è stato fatto, e l’argento è veramente del più puro, allora questo pezzo si appalesa come una semplice prova del progetto di una moneta, che con tutta probabilità non ha avuto attuazione. Confermerebbe in parte questa conclusione, il fatto di trovarsi questo pezzo come unico rappresentante della specie, mentre i luigini Genovesi, molto rari da noi, sono per contro facili a rinvenirsi in Levante. Si comprenderà meglio adesso perchè non ho creduto di insistere nello studio del valore.
Mi è grato di potere pubblicamente segnalare la cortese sollecitudine del Prof. De Markoff nel favorirmi i dati richiesti, e del Comm. Lasinio nell’arrendersi alla preghiera di studiare l’inscrizione. A Sua A. R. il principe di Napoli, oltre la mia più sentita gratitudine personale, è dovuta pur quella di tutti i cultori della numismatica nazionale, per questo importante contributo alla medesima.
- Firenze.
Giuseppe Ruggero.
Note
- ↑ Per Firenze, Vedi Orsini, Monete dei Granduchi, pag. 59, nn. 26, e 27, e Zanetti, Vol. V, pag. 222, nota 185. — Per Modena, V. Affò in Zanetti, Vol. V, pag. 221, nota 175; e disegno in Crespellani, Zecca di Modena, Tav. VIII, n. 63. — Per Pesaro, V. Zanetti, Vol. I, pag. 120, nn. 25, 32, 33, Vol. V, pag. 221, nota 173. — Per Parma, V. Affò in Zanetti, Vol. V, pag. 214 e Tav. IX, n. 120.
- ↑ Compendio delle Storie di Genova, etc. Lipsia, 1750. Vedi vol. I.