Di pensier in pensier, di monte in monte (Lucas)
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Mi guida Amor; ch’ogni segnato calle
Provo contrario a la tranquilla vita.
Se ’n solitaria piaggia, rivo o fonte,
5Se ’n fra duo poggi siede ombrosa valle,
Ivi s’acqueta l’alma sbigottita;
E, com’Amor la ’nvita,
Or ride or piange, or teme or s’assicura;
E ’l volto, che lei segue ov’ella il mena,
10Si turba e rasserena,
Et in un esser picciol tempo dura;
Onde a la vista uom di tal vita esperto
Diria: ‘ Questi arde, e di suo stato è incerto. ’
Per alti monti e per selve aspre trovo
15Qualche riposo; ogni abitato loco
È nemico mortal degli occhi miei.
A ciascun passo nasce un pensier novo
De la mia donna, che sovente in gioco
Gira ’l tormento ch’io porto per lei.
20Et a pena vorrei
Cangiar questo mio viver dolce amaro,
Ch’i’ dico: ‘ Forse ancor ti serva Amore
Ad un tempo migliore;
Forse a te stesso vile, altrui se’ caro ’.
25Et in questa trapasso sospirando:
‘ Or potrebbe esser vero? or come? or quando? ’
Ove porge ombra un pino alto od un colle,
Talor m’arresto, e pur nel primo sasso
Disegno co’ la mente il suo bel viso.
30Poi ch’a me torno, trovo il petto molle
De la pietate; et allor dico: ‘ ahi lasso,
Dove se’ giunto, et onde se’ diviso! ’
Ma, mentre tener fiso
Posso al primo pensier la mente vaga
35E mirar lei et obblïar me stesso,
Sento Amor sì da presso
Che del suo proprio error l’alma s’appaga.
In tante parti e sì bella la veggio,
Che, se l’error durasse, altro non cheggio.
40I’ l’ho più volte (or chi fia che me ’l creda?)
Nell’acqua chiara e sopra l’erba verde
Veduta viva, e nel troncon d’un faggio,
E in bianca nube, sì fatta che Leda
Avria ben detto che sua figlia perde,
45Come stella che ’l sol copre co ’l raggio;
E quanto in più selvaggio
Loco mi trovo e ’n più deserto lido,
Tanto più bella il mio pensier l’adombra.
Poi, quando il vero sgombra
50Quel dolce error, pur lì medesmo assido
Me freddo, pietra morta in pietra viva,
In guisa d’uom che pensi e pianga e scriva.
Ove d’altra montagna ombra non tocchi,
Verso ’l maggiore e ’l più spedito giogo
55Tirar mi suol un desiderio intenso:
Indi i miei danni a misurar con gli occhi
Comincio, e ’n tanto lagrimando sfogo
Di dolorosa nebbia il cor condenso,
Allor ch’i’ miro e penso
60Quant’aria dal bel viso mi diparte,
Che sempre m’è sì presso e sì lontano:
Poscia fra me pian piano:
‘ Che fai tu, lasso? forse in quella parte
Or di tua lontananza si sospira ’:
65Et in questo pensier l’alma respira.
Canzone, oltra quell’alpe,
Là dove il ciel è più sereno e lieto,
Mi rivedrai sovr’un ruscel corrente,
Ove l’aura si sente
70D’un fresco et odorifero laureto:
Ivi è il mio cor, e quella che ’l m’invola,
Qui veder pôi l’imagine mia sola.