Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro IV/CAPO V

V. Della dignità del Sacramento, e del grado Sacerdotale.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
V. Della dignità del Sacramento, e del grado Sacerdotale.
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CAPO V.


Della dignità del Sacramento, e

del grado Sacerdotale.


PAROLE DEL DILETTO.


1. Quando tu avessi purità d’Angelo, e la santità di Giovanni Batista, tu non saresti degno però di ricevere, nè di ministrare questo Sacramento. Conciossiachè non è dovuto a merito d’uomo, ch’egli consacri, e tratti il corpo di Cristo, e prendasi in cibo il pane degli Angeli. Profondo [p. 300 modifica]mistero, dignità grande de’ Sacerdoti! a cui quello è conceduto, che non è agli Angeli. essendochè i soli Sacerdoti legittimamente nella Chiesa ordinati hanno la podestà di celebrare, e di consecrare il corpo di Cristo. Egli è in vero il Sacerdote ministro di Dio, che le parole usa di lui, per lo suo ordinamento, ed instituzione: ma Dio è quivi autor principale, e invisibile operatore; nel potere del quale sta tutto ciò ch’egli vuole, e tutto al suo comando ubbidisce.

2. Tu dei dunque creder più a Dio onnipotente in questo nobilissimo Sacramento, che non a’ propri tuoi sensi, o a qualunque altro argomento visibile. e pertanto è da venire a quest’atto con timore e con riverenza. Ragguarda a te stesso, e vedi di che t’è stato fidato il ministero per la imposizion delle mani del Vescovo. Ecco, sei fatto già Sacerdote, consecrato a poter celebrare: or guarda bene, che con fede e pietà tu offerisca a Dio sacrifizio a suo tempo, e che in guisa ti porti, da non doverne esser ripreso. Tu non hai già scemato il tuo carico; anzi ti se’ obbligato a più stretto debito di [p. 301 modifica]disciplina, e a te maggior perfezione è richiesta di santità. Il Sacerdote dee esser fornito d’ogni virtù, e altrui farsi esempio di santa vita. il suo costumare non vuol essere secondo il volgare e comune uso degli uomini, ma quale è degli Angeli in cielo, o de’ perfetti uomini in terra.

3. Il Sacerdote vestito de’ sacri arredi, tien la vece di Cristo, acciocchè supplichevolmente ed umilmente preghi a Dio per sè, e per lo popolo. Egli porta davanti e dietro di sè segnata la croce di Cristo, a ricordargli continuamente la sua passione. davanti a sè sulla pianeta ha la croce, acciocchè osservi attentamente le vestigia di Cristo, e ferventemente si studi di seguitarle. dopo le spalle è segnato pur della croce, a sostenere pazientemente per amore di Dio qualunque danno gli fosse fatto da altrui. Porta la croce davanti, per piangere i propri peccati; la porta di dietro, per aver compassivo dolore de’ delitti degli altri, e acciocchè sappia, sè esser posto mezzano tra Dio, e ’l peccatore; nè di pregare, nè di sacrificar si rimanga, finattanto che non ottenga d’impetrargli mercede e [p. 302 modifica]perdono. Quando il Sacerdote celebra Messa, dà onore a Dio, letifica gli Angeli, edifica i fedeli, a’ vivi dà giovamento, a’ trapassati riposo, e se medesimo fa partecipe di tutti i beni.