Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro I/CAPO XXV
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Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
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CAPO XXV.
Della fervente emendazione di tutta la vita.
1. Sii svigilante, e fa di servire a Dio con tutta sollecitudine; e pensa frequentemente: A che sei tu venuto? non fu egli per vivere a Dio, e per diventarne uomo spirituale? T’accendi dunque al profitto; perciocchè tu riceverai di qui a poco la mercede de’ tuoi travagli; e allora non avrà più in te luogo paura, o dolore. Per lieve fatica, che adesso tu porti, grande riposo, anzi perpetua allegrezza riceverai. Se tu duri ad esser fedele e fervoroso nell’operare, e Dio ti sarà senza dubbio fedele, e largo della mercede. Tu dei star bene a buona speranza, finchè sii giunto alla palma: ma il prendere sicurezza non t’è opportuno, acciocchè tu non ne intorpidissi, o ne diventassi superbo.
2. Essendo un cotale turbato dell’animo, e spesso ondeggiando tra paura e speranza, pur una volta dal dolor vinto, essendosi gettato in certa chiesa appiè d’un altare, in questi pensieri andavasi ravvolgendo, e diceva: Oh s’io sapessi ch’io dovessi perseverare! e di subito sentì dentro la divina risposta: Or se questo sapessi, che cosa vorrestu fare? fa adesso ciò che allora vorresti, e vivi sicuro. E così tosto consolato, e riconfortato, tutto si mise a Dio, e l’affannoso turbamento cessò. nè volle investigare curiosamente quello, che dovesse esser di lui; ma piuttosto si studiò di cercare qual fosse il perfetto beneplacito della divina volontà, a cominciare ciascun’opera buona, e a fornirla.
3. Spera nel Signore, e fa il bene (dice Davidde), ed abita la terra; e sarai pasciuto nelle delizie di lei. Una cosa è, che parecchi ritrae dal procedere innanzi e dalla emendazione fervente; la paura cioè della difficoltà, o sia la pena della battaglia. Conciossiachè coloro massimamente sopra tutti gli altri s’avanzano nella virtù, che più virilmente si sforzano di vincere quelle cose, dalle quali si sentono più gravare e combattere. Essendo che ivi l’uomo migliora più, e vien meritandosi maggior grazia, dove più vince se stesso, e dello spirito si mortifica.
4. Tutti però non hanno egualmente molto da vincere, e da mortificare. Contuttociò l’attento zelatore sarà più valente al profitto, comechè egli più passioni sostenga, di quello che altri che non ne sia troppo nojato, ma però alle virtù sia meno fervente. Due cose singolarmente ajutano l’emendazione; cioè, distaccarci a viva forza da ciò, che la natura viziosamente appetisce, e dare studiosa opera al bene, quanto altri più n’abbisogna. Metti anche più studio a schifare, ed a vincere quelle cose, che più spesso vedi con dispiacere negli altri.
5. Traggi d’ogni cosa profitto: sicchè qualor tu vegga de’ buoni esempi, o ne ascolti, t’accenda ad imitazione. Ma ove tu vegga nulla di riprensibile, ti guarda di far tu lo stesso; o se il facesti giammai, tostamente t’adopera d’emendartene. Così come l’occhio tuo considera gli altri, tu sei altresì dagli altri osservato. Quanto gradita, e dolce cosa si è a vedere i ferventi, e divoti fratelli ben costumati, e disciplinati! quanto malinconiosa, e grave vederne di quelli, che senza legge camminano, e niente fanno di quelle cose, alle quali furon chiamati! Quanto gran danno è il non curarsi del fine della sua vocazione, e a quelle cose volger l’affetto, che non ci sono ordinate!
6. Ti ricorda dell’impreso proponimento, e l’immagine ti metti innanzi del Crocifisso. Tu hai bene onde arrossire, riguardata la vita di Gesù Cristo; che più non ti sei studiato di ritrarre da lei, quantunque nella via del Signore tu sii stato gran tempo. Il religioso che nello studio della vita e passione santissima del Signore intentamente, e divotamente s’esercita, troverà in quella abbondevolmente tutte le cose utili e necessarie, nè gli farà bisogno di cercarne altra migliore fuor di Gesù. Oh se venisse nel nostro cuore Gesù crocifisso! quanto presto, e come abbastanza noi ne saremmo ammaestrati!
7. Il fervido religioso a tutte le cose comandate assoggettasi, e volentieri vi mette la mano. Il religioso tiepido e negligente sostiene tribolazione sopra tribolazione, e patisce d’ogni parte strettezza: perciocchè egli è privato della consolazione interiore, e la esteriore non gli è lasciata cercare. Il religioso che vive sciolto da disciplina, sta a pericolo di grave caduta. Colui che cerca le cose più larghe, e più comode, vivrà sempre in angustia; perchè o questa, o quella gli verrà in noja.
8. Or come fanno tanti altri religiosi, che pure assai vivon ristretti sotto disciplina nel chiostro? Escon di rado, vivono segregati, mangiano poverissimamente, vestono grossolano, lavorano assai, parlano poco, vegliano lungamente, per tempo si levano, protraggono le orazioni, leggono di frequente, e in ogni maniera di disciplina guardan se stessi. Vedi quelli della Certosa, e que’ di Cistercio, e gli altri di diverso ordine monaci, e suore, come ciascuna notte sorgono a salmeggiare al Signore. E perciò sarebbe vergogna, se a così santa opera fossi tu dormiglioso, a quell’ora che sì gran moltitudine di religiosi comincia a giubilare al Signore
9. Oh se tu non avessi altro carico, salvo di lodare con tutto il cuore, e a tutte labbra il Signor nostro Iddio! Oh se mai non ti facesse bisogno nè di mangiar, nè di bere, nè di dormire! ma ad ogni ora potessi dar lodi a Dio, ed agli esercizi spirituali attendere solamente! allora tu saresti assai più felice, che ora non sei, mentrechè per qualsivoglia necessità servi al tuo corpo. Così non ci fossero cotali necessità, ma solamente rifezioni spirituali dell’anima; le quali (oh Dio!) noi gustiamo troppo di rado.
10. Come a questo sia giunto l’uomo, ch’egli non cerchi nessuna consolazione da creatura, allora imprima Dio gli comincia a saper buono perfettamente; ed allor sarà altresì contento, checchè s’avvenga nel mondo. allora nè del molto allegrezza, nè del poco sentirà pena: essendo che egli commette interamente, e fiducialmente se stesso a Dio, che è a lui tutto in tutte le cose, al quale nessuna cosa in vero perisce, nè muore; anzi tutte a lui vivono, e al cenno di lui servono incontanente.
11. Ricorditi sempre del fine, e come il tempo gittato non torna più. Senza sollecitudine e diligenza non ti verrà mai acquistata virtù. Se tu cominci a intiepidire, comincerai pure a star male. Che se ti dai al fervore, troverai somma pace, e sentirai la fatica più lieve per la grazia di Dio, e per lo studio della virtù. L’uomo fervido e diligente è presto a tutte le cose. Egli è maggior pena a resistere a’ vizi ed alle passioni, di quello che a sudare negli esercizi del corpo. Chi non ischiva i leggieri difetti, a poco a poco verrà sdrucciolando a più gravi. Tu godrai sempre la sera, se tu abbi speso la giornata con frutto. Veglia sopra te stesso, riscuoti te stesso, ammonisci te stesso, e (checchè s’avvenga degli altri) non trascurare te stesso. Tanto avrai fatto profitto, quanto a te stesso avrai fatto di forza.
Qui finiscono gli Avvertimenti
per la vita spirituale.