Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro I/CAPO XXI

XXI. Della compunzione del cuore.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
XXI. Della compunzione del cuore.
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CAPO XXI.


Della compunzione del cuore.


1. Se vuoi punto avanzarti, conservati nel timore di Dio, nè voler essere troppo libero; ma sotto disciplina raffrena tutti i tuoi sentimenti, e non ti abbandonare ad una vana letizia. Datti a compunzione di cuore, e troverai divozione. La compunzione ci apre di molti beni, i quali la dissolutezza fu usata dissipar prestamente. ÈFonte/commento: 1815b maraviglia, che possa mai l’uomo compiutamente in questa vita esser lieto, s’egli consideri e pensi il suo esilio, e i tanti pericoli ne’ quali è posta l’anima Sua.

2. Per la leggerezza del cuore, e per non por mente a’ nostri difetti, noi non sentiamo le infermità dell’anima nostra; anzi spesse volte vanamente ridiamo, quando meritamente dovremmo piangere. Non ci ha vera libertà, nè retta allegrezza, se non se nel timore di Dio, e nella buona coscienza. Felice! chi può [p. 49 modifica]gittare da sè ogni impedimento che il distragga, e nella compunzione ricoverar se medesimo. Felice! chi rimove da sè tutto ciò, che può macchiare, o aggravare la sua coscienza. Combatti da forte: l’usanza vinta è dall’usanza. Se tu sai lasciare andar gli uomini, ed eglino lasceran fare a te i fatti tuoi quietamente.

3. Non accattar briga degli altrui fatti, nè t’impacciare nelle questioni de’ grandi. La prima cosa, tien sempre l’occhio sopra di te, e innanzi a tutti i tuoi cari, correggi spezialmente te stesso. Se tu non hai favore dagli uomini, non attristartene: ma questo pur ti doglia, che tu troppo ben non ti porti, nè vivi così a riguardo, come sarebbe richiesto di fare ad un servo di Dio, e ad un divoto religioso. ÈFonte/commento: 1815b spesse volte più utile e più sicuro all’uomo, ch’egli non abbia in questa vita troppe consolazioni, massimamente secondo la carne. del non aver però le divine, o del sentirle assai raro, noi siamo in colpa; perchè non ci procuriamo la compunzione del cuore, e non rifiutiamo del tutto le vane, ed esterne consolazioni. [p. 50 modifica]

4. Riconosciti immeritevole della divina consolazione, ma degno piuttosto di molte tribolazioni. Quando sia l’uomo perfettamente compunto, allora il mondo tutto gli vien nojoso ed amaro. L’uomo dabbene trova bastante materia di dolore, e di pianto. imperciocchè o egli consideri se medesimo, o ponga mente al suo prossimo, sa bene nessuno poter qui vivere, che non sia tribolato. E quanto più sottilmente ricerca se stesso, tanto se ne duol più. Materia di giusto dolore, e d’interno compungimento sono i vizi nostri e peccati, ne’ quali così giaciamo ravvolti, che di rado possiam rilevarcene a contemplare le cose celesti.

5. Se tu pensassi della tua morte più spesso, che della lunghezza della vita, non è dubbio che ad emendarti non ti dessi con più fervore. Se tu ancora meditassi di cuore le pene dell’inferno avvenire, o del purgatorio, io porto ferma credenza che tu della buona voglia tollereresti ogni travaglio e dolore, nè asprezza non temeresti. Ma perciocchè queste cose non ci passano al cuore, ed a miamo tuttavia d’essere carezzati, [p. 51 modifica]pertanto ci rimanghiamo freddi, e assai neghittosi.

6. Frequentemente vien da inopia di spirito, che sì di leggieri il misero corpo si lagna. Prega dunque umilmente il Signore, che ti dia spirito di compunzione, e dì col Profeta: Mi pasci, o Signore, di pane di pianto, e dammi beveraggio di lagrime con misura.