Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro I/CAPO XI

XI. Dell’acquistar la pace, e dello studio di profittare.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
XI. Dell’acquistar la pace, e dello studio di profittare.
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CAPO XI.


Dell’acquistar la pace, e dello studio di profittare.


1. Noi potremmo aver molta pace, se non fossimo vaghi di darci briga de’ fatti, e detti degli altri, e di quelle cose, ch’alla nostra cura niente appartengono. Come può lungamente tenersi in pace colui, che delle faccende altrui s’intramette, che ne cerca occasioni di fuori, che poco, o quasi non mai si raccoglie dentro da sè? Beati i semplici, perciocchè avrannosi molta pace.

2. Donde fu, che molti de’ Santi cotanto furon perfetti, e contemplativi? perchè posero ogni studio in mortificare se stessi da qualunque desiderio di terra; e pertanto poterono con tutte le midolle del cuore starsi attaccati a Dio, e a sè attendere liberamente. Troppo noi siamo impacciati dalle proprie nostre passioni, e troppo dalle cose passeggiere solleticati. Di rado ancora noi riportiamo pure d’un solo vizio compiuta [p. 21 modifica]vittoria, ed al quotidiano avanzamento ne accendiamo: ed è per questo, che ci rimanghiamo tiepidi e freddi.

3. Se noi fossimo del tutto morti a noi stessi, e niente di dentro invescati, potremmo allora sentir gusto eziandio delle cose divine, e qualche saggio provare della celeste contemplazione. Totale e massimo impedimento ci è, che noi non siamo franchi delle nostre passioni e cupidità, e non ci sforziamo d’entrare alla via perfetta de’ Santi, e quando pure leggier sinistro c’incontra, troppo presto cadiamo d’animo, e ci rivolgiamo alle consolazioni degli uomini.

4. Se noi da uomini prodi contendessimo di durarla nella battaglia, sì certo sopra di noi vedremmo l’ajuto del Signore dal cielo. Imperciocchè egli è presto d’ajutar chi combatte, e chi nella sua grazia si fida: egli che ne porge occasioni di pugna, per darne vittoria. Se noi pognamo il profitto della religione in queste osservanze esteriori soltanto, la nostra divozione sarà in breve finita. Mettiamo però la scure alla radice, sicchè ripurgati dalle passioni, la nostra mente tegnamo in pace. [p. 22 modifica]

5. Se ciascun anno estirpassimo un solo vizio, noi diverremmo in breve perfetti. Ma ora per lo più ci avveggiamo, che la cosa è tutta in contrario; conciossiachè noi ci troviamo essere stati migliori, e più puri nel principio della nostra conversione, che dopo molti anni di professione. Il fervore, e ’l profitto dovrebbe ogni dì crescer più; ma ora ci pare gran fatto, se altri sappia ritener parte del fervore primiero. Se picciola forza ci facessimo nel cominciare, allora potremmo d’indi in poi far ogni cosa con facilità, e con allegrezza.

6. Egli è grave a dismetter le usanze, ma grava più l’andare a ritroso della propria volontà. Or se tu non sai vincere le cose picciole e lievi, quando vincerai tu le più dure? Ripugna sulle prime alle tue inclinazioni, e disvézzati dal cattivo costume, che per avventura non ti conduca a poco a poco a maggiore difficoltà. Oh! se attendessi di quanta pace a te, e di quanta allegrezza agli altri tu saresti cagione reggendoti bene, credo io che più saresti sollecito del tuo profitto spirituale.