Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro I/CAPO X
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Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
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CAPO X.
Del fuggire il soverchio parlare.
1. Guardati a tuo potere dal tumulto degli uomini; imperciocchè molto imbarazzano i discorsi delle secolari faccende, quantunque con semplice intenzione sien fatti: e noi restiamo facilmente imbrattati e presi dalla vanità. Io vorrei aver taciuto più volte, e non essere stato tra gli uomini. Ma donde nasce che noi sì volentieri parliamo, e tra di noi novelliamo, quando rade volte senza danno della coscienza ci rimettiamo in silenzio? Per ciò è che noi tanto favelliam di buon grado, perchè per i vicendevoli ragionamenti procacciamo sollazzo gli uni dagli altri, e il cuore dalle molteplici cure gravato desideriamo di ricreare; e assai diletto prendiamo del ragionare, e pensare di quelle cose, che molto amiamo e appetiamo, ovvero ci pungono.
2. Ma, ahimè! frequentemente a vuoto, e senza alcun pro. Imperciocchè questa consolazione esteriore, dell’interiore e divina non è picciolo detrimento. Però è da vegliare, ed orare, acciocchè il tempo non ci fugga, standoci indarno. Se ti è dato di parlare, e se ti vien bello, dì cose di edificazione. La mala usanza, e il non darci pena fanno a renderci trascurati sopra la nostra lingua. Giovano per altro non poco ad avanzamento per l’anima, le divote conferenze di cose spirituali; massimamente dove persone di spirito e di cuore conformi sieno insieme nel Signore raccolte.