Della eccellenza e dignità delle donne/De la prudenza
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In compagnia con le già dette virtù se ne vene la prudenza, quale non mi si torrà che non sia de le donne o in tutto o in gran parte almanco, per ciò che ognuno sa, niuna cosa esser tanto alla prudenza contraria quanto li subiti avenimenti de l’ira, li quali dove una volta ne le donne, negli uomini mille accadono, non però per loro colpa ma per diffetto più tosto de la natura, che avendo gli uomini di più caldezza composti, per menor cagione talor si turbano ed escono per soverchia colera di se medesimi. E pel contrario le donne, essendo de più fredda complessione, manco sono soggiette a queste repentine turbazioni e tutte le azioni sue più quietamente e consigliatamente fanno.
Ma quindi nasce un non piccolo dubbio, che gli è universale opinione che quella prudenza, quella accortezza che ne le femine si ritrova, tutta sia in saper trovar consiglio in qualche subito avenimento, ma che poi pensatamente la sua cautezza nulla vaglia, e si dice che gli uomini sanno meglio maturamente provedere alle loro cose e che le donne quello non fanno in uno instante non faranno mai più. Ma questo dico io esser contra il corso di la natura, quale di necessità è infallibile, imperò che la frigidità fa la persona men tumultuosa e più quieta. E tal precipitarsi in tutte le sue facende aviene per influsso de la sanguinolenta stella di Marte, alla quale le donne non sono in parte alcuna soggiette.
Ma fa ch’io ti conceda che le femine pensatamente poco o nulla vagliano, che cosa repugna che li consigli così alla sproveduta non siano buoni, anzi migliori di quei longamente pensati? Perciò che nel più de le cose non è tanto bisogno di consiglio quanto di celerità; mentre a Roma si consigliava di mandare ambasciatori a’ Cartaginesi, Annibale espugnava Sagunto; se le femine romane avessero consigliate più tosto si sarìano resciolte di ciò avevano a fare in quella bisogna, e la guerra che decesette anni tenne Italia in grandissima calamità, si sarìa in Ispagna terminata. Vedi quanto necessari siano li subiti consigli; diceva Iulio Cesare, quello animo eccelso e Dio ne le battaglie, che le cose grandi bisognava assaltare senza troppo deliberare e più spesse fiate con presteza meglio se ne veniva a capo. E Tucidide scrive che le cose subite dimostrano e fanno isperienza de l’ingegno.
Né voglio però che tu credi che le femine prendano li subiti consigli ne le loro bisogne così senza discorso, ma per la bontà de l’ingegno discorreno velocemente e sanno elegere il meglio. La qual cosa procede perché hanno li spiriti più sottili e più tosto penetranti alla virtù intellettiva, che giudica poi quale cosa sia da seguire e quale da rifiutare; e se pur è in loro alcuna frigidità che potesse ritardare il discorso che necessariamente si ha ad fare in tutte le cose, dico che tanta è la sottiglieza de l’ingegno loro, qual è cagione del sapper subito ne’ bisogni iudicare, che ne vene un temperamento sì ben condito che non è caso sì repentino a cui la donna non sappia quasi prender partito, come potrei per molti essempi dichiarare se i’ volesse ora scrivere novelle o storie e non cose naturali.
Ma per venire omai più alle particularità de la prudenza, non è comune consentimento di tutta gente che non sia meno virtù sapper conservare le cose acquistate che guadagnarle? Come egregiamente disse Augusto, maravigliandosi di Alessandro che dolevasi per non saper trovare ciò che avesse ad fare poi che soggiogato tenesse tutto l’universo, como che magior fatica non fusse il regerlo tranquillamente che averlo vinto. E pur la conservazione de le facultà e de le cose acquistate e il governo de la casa appartiene alle donne, e ogni giorno si vede che le case vanno male dove non siano donne al governo deputate. Facci l’uomo mercanzia, non tema di correre tutti i mari e con quelli ogni periglio per guadagnare e accumulare robba alla crescente prole, ogni fatica infine è vana se la discreta moglie non ha gran riguardo alle facultà e robbe guadagnate dal marito. Quante case sono de’ magnati e principi, ne’ quali, per non essergli governo di donne a cui la cura appartenga, si vive con tanto desordine che più commodamente se starìa al spedale magior de Milano, quello me ’l dichi che ha vivuto e vive a corte, ch’io so chi non una volta l’ha provato. Quante si vedono andare ogni giorno di male in peggio e a l’estremo annichilarsi per la medesima cagione? Quante sono quelle pel contrario che sempre sono cresciute e crescono ogni giorno per esser il governo in mano di donna, che non dia danno ma utilità e profitto grandissimo? I’ so che sono molti uomini illustri e onorati, e ne la nostra città e altrove, che saviamente consigliati lasciano il governo de le cose familiari alle loro moglie. Né credo se ne pentano, imperò che vedemo le case loro sì nette, sì munde, sì ornate che gli è un diletto grande a vederle, e secondo le stagioni e qualità de’ tempi vivono splendidissimamente, avendo prima preparate a tempi suoi le cose bisognano a l’uso de la casa, dove le corti e palazzi solamente da uomini non governati ma dissipati paiono tanti porcili, sì sono affumicati e pieni d’ogni tempo de’ monti di letame.
Che dirò io de’ figlioli de questi tali, se per aventura ne hanno, che il più de le volte sono grandi di età di deciotto e venti anni, che non è nel vestire loro e quello de’ suoi fanti a pena differenza veruna, sì gli lasciano andare senza riguardo alcuno? Pensa quello sarà de’ costumi. E da qui procede che oggimai si trova tanta copia de certi giovanacci cresciuti inanzi al senno che paiono, ritrovandosi al conspetto talor de’ valenti uomini, tante biscie tratte a l’incanto. Ma la savia femina non solo ottimamente governa la casa sua, tenendo conto e de l’entrata e de l’uscita, ma veste eziandio convenevolmente i suoi figliuoletti, dilettandosi fargli reverenti e costumati e valenti uomini nei studi de le littere e altre cose lodevoli.
Né bisogna che qui alcuno m’impugni che sotto pretesto di questo governo se ingegnino d’occupare la signoria, non solamente sopra la facultà e fanti di casa, ma ancora sopra mariti loro, imperò che questo non è un torgli il sceptro e ’l dominio de mane, ma un levargli i pensieri e le quotidiane fatiche; e stolto veramente è colui che non desidri de avere o matre o moglie o sorella od altra che fidelmente amministrando il regimento di casa, gli presti occasione di vivere quietamente e con tranquillità d’animo; e ultra ciò qual maggior consolazione, qual maggior felicità può avere l’uomo che una discreta moglie? Con la quale, quando ritorna la sera a casa, communicando le sollicitudini e le cure che lo premono, gli pare di via maggiore peso che dire non si puote allegerirsi, avendo chi de le sue calamità con seco equalmente si doglia e de le felicità chi se goda ancora più di lui. E se per aventura si ritrovano alcuni che dicono essergli aviso, quando la sera tornano da le loro moglie, tornare como Sisifo al sasso infernale, questo più tosto ne denota la malvagità loro che de le femine, imperò perché bacciano l’altrui, la loro moglie è forza gli puti, como di questo parlaremo più amplamente ne la temperanza.
Ora per mostrare quanto dolce cosa e soave sia la moglie ben costumata, dico non per altra via meglio e più onestamente fuggirse la solitudine, quale è madre d’ogni tristezza e malinconia, e se n’accade o infirmità od altra cosa che ci molesti, niuna persona è di cui si possiamo né debbiamo fidare più, quantunque questa fidanza non per altro si pone in alcuno, se non perché lo stimamo così prudente che non se lassi in errore transcorrere e così iusto che inganno in lui non ci abbi luogo.
Meritamente adunque devesi ne la donna aver fede, conciosia che e di prudenza e di iustizia (como è detto sopra) l’uomo trapassi. La quale cosa assai apertamente ci dimostrano le leggi, quali la donna in manco età absolveno da la tutela che non fanno gli uomini, perché più tosto per loro prudenza sanno regolare le cose sue; e questo parmi sì gran testimonio de la eccellenza del femineo sesso, essendo iscritto per tanti imperadori e consuli romani e altri uomini illustri che già le leggi fecero, che estimo esser una rustica pertinacia più oltra desiderarne. Ne la prudenza si serrano accorteza, desio, agevolezza de imparare, intelletto, ragione e discrezione o vero circunspezione.