Della coltivazione/Alla serenissima madama la Dalfina
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alla serenissima madama
LA DALFINA.
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Avendo io, Serenissima Madama, scritta la Coltivazione delle ville in toscana lingua, oggi forse la più pregiata che ancor sia in vita; e addritta al Cristianissimo Francesco Primo, estimato dai migliori il maggior Re, senza controversia, in ogni virtù, che altro che di lunghissima memoria portasse corona in fronte; non mi restava di poter dar a questa mia semplice fattura terzo onor maggior nè più dovuto, che far, s’io lo potrò ottenere, che essa a Sua Maiestà sia presentata dalla chiarissima mano di Vostra Eccellenza, essendo Ella dell’istessa patria nata la più grande e più illustre Donna, e in più eccelsa parte collocata, non solo che nella nostra Etruria, ma in tutta Italia per altro secol fusse giammai: e mi pento che di tal grazia concedermi non Le doverrà gravare, considerato almeno (oltr’ad ogni altra cagione), che amando Ella e adorando il Suo Re siccome dilettissimo Padre e divina cosa, avrà certamente sommo piacere di udir Seco le molte e verissime lodi di Sua Maiestà, che in essa alcuna volta si contengono; scritte da me nondimeno più per accendere gli uomini al ben col Suo essempio, che per piacer ad altrui. SupplicoLa adunque con quella più umiltà che mi si conviene, che di ciò far per me Si disponga; degnandoSi appresso di supplire colle sagge e acconce Sue parole, come alla troppa bassezza mia verso di tanta Reale Altezza sarà richiesto; ricordandoSi di far per me quella scusa e del soverchio ardir mio, e della indegnità del libro, che far si soglia per quelli che cercando nome in questa vita, e vita appresso alla morte, si metton per il cammin più dritto della vara gloria in più alte imprese, che le lor forze talor non son bastanti a condurre alla perfetta fine; il qual lodato difetto è assai agevolmente da ogni nobile animo perdonato, e da quelli più, che più dotati son di raro intelletto e di generosa cortesía, e che prendono il buon voler sovente per bene oprar in così fatti casi; siccome io fermissimamente spero che a me col Suo Re e con Lei avvenir deggia: ma quel perdono pur, che io nè da Loro nè da altri per alcuna altra via non meritassi di guadagnare, ò tanta fede nel celeste valor, dottrina e benignità della Vostra Cognata Realissima Madama Margherita, che, come da aguta cognoscitrice e pia difenditrice di tutti i poeti e di qualunque altro che cerchi d’illustrar il presente suo secolo cogli scritti, mi sarà per Sua opera da Voi due e da tutto il mondo pienamente impetrato. E con questa speranza baciando riverentemente la illustrissima mano di Vostra Eccellenza, prego Dio, che Le doni lunghissima e beata vita insieme col Suo famoso Re, col Serenissimo Suo Sposo, colla nobilissima e virtuosissima Madama Margherita, e colla Sua felice e Real crescente Prole, siccome Ella desidera, e merita senza fine.
In Fontanebleo il giorno xxiv. di Giugno mdxlvi.
Umilissimo e Divotissimo Ser.
Luigi Alamanni.