Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro terzo – Cap. IV
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Leon Battista Alberti - Della architettura della pittura e della statua (1782)
Traduzione dal latino di Cosimo Bartoli (1550)
Traduzione dal latino di Cosimo Bartoli (1550)
Libro terzo – Cap. IV
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Della natura, forma, et habitudine; delle pietre; dello intriso della calcina, et del ripieno, et de legamenti.
cap. iv.
R
Estaci a dare principio alla muraglia, ma dependendo tutta l’arte del Maestro, et il modo del murare, parte dalla natura, et forma, et habitudine delle pietre, parte dallo incolamento della calcina, et del ripieno, et da legnamenti, doviamo trattare prima di queste cose, et brevemente di quelle che fanno a nostro proposito. Delle Pietre, alcune sono vive, et forti, et sugose, come sono le Selici, i Marmi, et simili, le quali da natura hanno lo essere gravi, et sonore. Alcune sono esauste, leggieri, et sorde, come sono quelle che tengono di tufo, et di sabbione. Delle Pietre ancora, ne sono alcune di superficie piane, di linee diritte, et di angoli uguali, le quali si chiamano Pietre riquadrate. Altre sono di superficie, di linee, et di angoli di più sorti, varie, quali si chiamano rozze. Delle Pietre ancora alcune sono molto grandi, cioè che non possono esser maneggiate a lor voglia dalle mani delli huomini senza carruccio, palo, rullo, o tirati, et simili altre cose. Alcune altre sono minute, le quali come ti piacerà, con una sola mano, si possono alzare, et maneggiare. La terza sorte di Pietre infra queste, che di grandezza, et di peso saranno mezane, si chiamano giuste. Bisogna che ogni Pietra sia salda, et non lotosa, et bagnata bene: se ella sarà salda, o fessa, te lo dimostrerà il suono che ne uscirà dal percuoterla. Non si bagnerà in luogo alcuno meglio, che in fiume. Et è cosa chiara, che le Pietre mezane, non son bagnate dalle acque a bastanza, se non in capo a nove giorni, et le grandi più tardi. Quelle che son cavate della cava di fresco, sono molto più commode che le stantie; et quelle che sono state una volta congiunte con la calcina, non amano di congiugnersi la seconda volta. Questo basti delle Pietre. Veramente che e’ biasimano la calcina, et dicono che ella non è per essere gagliarda nelle opere, quella dico che portata dalla fornace, non sarà di zolle intere, ma disfatte, et quasi come polvere. Lodano quella che purgata dalle fiamme biancheggia, et che è leggiere, et sonora, et che quando tu la spegni, con assai scoppi faccia gran fumo, et forte, et che se ne vadia in alto. A quella di sopra per non essere ella troppo possente, è cosa chiara, che bisogna dare manco rena: Ma a questa più gagliarda ne bisogna dar più. Catone ordinava che a ogni duoi piedi si desse una mina di calcina, et duoi di rena. Et alcuni altri altrimenti, Vitruvio, et Plinio comandano, che la rena si mescoli in questo modo, cioè che per ogni staio di calcina, si dia tre staia di rena di cava, et di quella di Fiume, et di Mare, duoi. Ultimamente dove secondo la qualità, et natura delle Pietre (come di sotto diremo) la materia harà da essere più liquida, o più trattabile, vaglisi la rena con vagli: ma dove la materia harà da essere più serrata, allhora si mescolino per metà con la rena, et ghiaia, et minuti pezzami. Affermano tutti, che se tu vi mescolerai la terza parte di mattone pesto, sarà molto più tenace, ma mescolandola come tu ti voglia, e’ ti bisogna rimenarla bene di nuovo, et da capo, insino a tanto che i minutissimi pezzolini si mescolino: et sono alcuni che per fare ciò, et mescolarla bene, la rimenano assaissimo tempo, et la pestano ne mortai. Et sia della calcina ancora detto a bastanza, se già a quello, che noi habbiamo detto, mon vi manca questo, cioè che la calcina fa miglior presa con le sue Pietre, et massimo con quelle che sono della medesima cava, che con le forestiere.