Dell'arte della guerra/Proemio
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PROEMIO
A LORENZO DI FILIPPO STROZZI.
H
Anno, Lorenzo, molti tenuto, e tengono questa opinione, che e’ non sia cosa alcuna che minore convenienza abbia con un’altra, nè che sia tanto dissimile, quanto la vita civile dalla militare. Donde si vede spesso, se alcuno disegna nell'esercito del soldo prevalersi, che subito non solamente cangia abito, ma ancora ne’ costumi, nell'usanze, nella voce, e nella presenza d'ogni civile uso si disforma; perchè non crede potere vestire un abito civile colui, che vuole essere espedito e pronto a ogni violenza; nè i civili costumi e usanze puote avere quello, il quale giudica e quegli costumi essere effeminati, e quelle usanze non favorevoli alle sue operazioni; nè pare conveniente mantenere la presenza e le parole ordinarie a quello, che con la barba e con le bestemmie vuole fare paura agli altri uomini; il che fa in questi tempi tale opinione essere verissima. Ma se si considerassino gli antichi ordini, non si troverebbono cose più unite, più conformi, e che di necessità tanto l’una amasse l’altra, quanto queste; perchè tutte l’arti, che si ordinano in una civiltà per cagione del bene comune degli uomini, tutti gli ordini fatti per vivere con timor delle leggi e d’Iddio, sarebbono vani, se non fussino preparate le difese loro, le quali bene ordinate mantengono quegli ancora, che sono non bene ordinati. E così per il contrario i buoni ordini, senza il militare ajuto, non altrimenti si disordinano, che l’abitazioni d’un superbo e regale palazzo, ancorachè ornato di gemme e d’oro, quando senza essere coperte non avessino cosa che dalla pioggia le difendesse. E se in qualunque altro ordine delle cittadi e de’ regni si usava ogni diligenza per mantenere gli uomini fedeli, pacifici e pieni del timore d’Iddio, nella milizia si raddoppiava; perchè in quale uomo debbe ricercare la patria maggiore fede, che in colui che le ha a promettere di morire per lei? In quale debbe essere più amore di pace, che in quello che solo dalla guerra puote essere offeso? In quale debbe essere più timore d’Iddio, che in colui che ogni dì, sottomettendosi a infiniti pericoli, ha più bisogno degli ajuti suoi? Questa necessità considerata bene, e da coloro che davano le leggi agli Imperj, e da quegli che agli esercizj militari erano preposti, faceva che la vita de’ soldati dagli altri uomini era lodata, e con ogni studio seguitata ed imitata. Ma per essere gli ordini militari al tutto corrotti, e di gran lunga dagli antichi modi separati, ne sono nate queste sinistre opinioni, che fanno odiare la milizia, e fuggire la conversazione di coloro che la esercitano. E giudicando io per quello che io ho veduto e letto, che ei non sia impossibile ridurre quella negli antichi modi, e renderle qualche forma della passata virtù, deliberai per non passare questi mia oziosi tempi senza operare alcuna cosa, di scrivere a soddisfazione di quelli che dell'antiche azioni sono amatori, dell'arte della guerra quello che io ne intenda. E benchè sia cosa animosa trattare di quella materia, della quale altri non ne abbia fatto professione, nondimeno io non credo sia errore occupare con le parole un grado, il quale molti con maggiore presunzione con l'opere hanno occupato, perchè gli errori che io facessi scrivendo, possono essere senza danno di alcuno corretti; ma quegli i quali da loro sono fatti operando, non possono essere se non con la rovina degli Imperj conosciuti. Voi pertanto, Lorenzo, considererete le qualità di queste mie fatiche, e darete loro con il vostro giudizio quel biasimo o quella lode, la quale vi parrà ch’elle abbiano meritato. Le quali a voi mando, sì per dimostrarmi grato, ancora che la mia possibilità non vi aggiunga, de’ beneficj che ho ricevuto da voi, sì ancora perchè essendo consuetudine onorare di simili opere coloro, i quali per nobiltà, ricchezze, ingegno, e liberalità risplendono, conosco voi di ricchezze e nobiltà non avere molti pari, d’ingegno pochi, e di liberalità niuno.