Del veltro allegorico di Dante/XXXII.

XXXII.

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XXXI. XXXIII.

[p. 58 modifica]XXXII. Grandi novitá in quei giorni aveano turbato Firenze. Ribaldo conte di Carpigna, marito di Chiara degli OnestiFaggiola, fu eletto a capitano del popolo fiorentino: ciò valse molto ad allargare i sospetti contro Corso Donati. Giá gran tempo sinistra fama correva che Uguccione della Faggiola e Corso Donati, ambiziosi amici, eransi accordati nel pensiero di soggiogar la Toscana: Firenze dovrebbe obbedire a costui; all’altro Arezzo coi vicini paesi; chi piú di Ribaldo giovar potrebbe all’iniquo disegno? Queste cose con altre assai gravi dicevano a danno di messer Corso Rosso della Tosa, il suo compagno antico divenutogli ora il piú acerbo inimico, e gli altri neri ai quali era grave fino la menzione del Faggiolano. Ma questi s’infingea di. starne a casa, tranquillamente col fratello Fondazza e col nipote Paolozzo accrescendo il suo stato della terra di Maiolo nei Monte Feltro. Ed ecco: nel 15 settembre 1308 a Remole vicin di Firenze arrivano improvvisi cavalli: appartenevano ad Uguccione. I fiorentini diedero all’armi; Pier della Branca da Gubbio, podestá, chiamò in giudizio Corso Donati; e lui non comparso fra due ore dichiarò pubblico traditore. Il popolo trasse alle case di messer Corso, che virilmente si difese pugnando: infine oppresso dal numero, [p. 59 modifica] cercò scampo fuggendo: poiché si vide raggiunto, lasciossi cader di cavallo, e mori presso San Salvi a qualche balestrata dalla cittá. Questa fu la fine di messer Corso, l’uno dei piú illustri ed inquieti cittadini di Firenze; che a Campaldino salvò la patria, e poi vi voleva regnare. Il silenzio intorno a Corso Donati nell ’Inferno è argomento del dolore che sentirono il Faggiolano ed il poeta per la caduta di lui: se quegli vincea, l’esilio dell’Alighieri e dei bianchi era finito: e bene ad essi fu forza di deplorare l’autore delle loro sciagure.

Ma lo stesso tentativo che fruttò la morte a Corso Donati, ad Uguccione della Faggiola diè il dominio di Arezzo; nella quale introdusselo coi ghibellini-verdi Francesco Ubaldini figlio di Tano, e nipote di Ugolino da Feliccione. I Tarlati, che cinque anni dianzi aveano bandito il Faggiolano, si accontarono questa fiata con esso, gridatolo podestá per l’ottava volta (ottobre io): ma indi a poco il popolo aretino scacciò i Tarlati e spedi ambasciadori a Firenze, che fra le due cittá conchiusero pace a senno per allora dei fiorentini.