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del veltro allegorico di dante 59


cercò scampo fuggendo: poiché si vide raggiunto, lasciossi cader di cavallo, e mori presso San Salvi a qualche balestrata dalla cittá. Questa fu la fine di messer Corso, l’uno dei piú illustri ed inquieti cittadini di Firenze; che a Campaldino salvò la patria, e poi vi voleva regnare. Il silenzio intorno a Corso Donati nell ’Inferno è argomento del dolore che sentirono il Faggiolano ed il poeta per la caduta di lui: se quegli vincea, l’esilio dell’Alighieri e dei bianchi era finito: e bene ad essi fu forza di deplorare l’autore delle loro sciagure.

Ma lo stesso tentativo che fruttò la morte a Corso Donati, ad Uguccione della Faggiola diè il dominio di Arezzo; nella quale introdusselo coi ghibellini-verdi Francesco Ubaldini figlio di Tano, e nipote di Ugolino da Feliccione. I Tarlati, che cinque anni dianzi aveano bandito il Faggiolano, si accontarono questa fiata con esso, gridatolo podestá per l’ottava volta (ottobre io): ma indi a poco il popolo aretino scacciò i Tarlati e spedi ambasciadori a Firenze, che fra le due cittá conchiusero pace a senno per allora dei fiorentini.

XXXIII. Tornate al niente le tre pubbliche guerre contro Firenze, sedati per due riprese i tumulti di messer Corso e spenta ormai l’audacia di lui, trionfarono i neri: né altri che la cittá di Pisa in Toscana e la famiglia degli Ubaldini facevano piú schermo all’invilita fortuna dei ghibellini e dei bianchi. A quel tempo giá la cantica dell ’Inferno toccava il suo termine: per!a qual cosa ei sembra difficile che Dante avesse fino ad allora differito a compiangere la sorte del guelfo conte Ugolino della Gherardesca, cessato da si lunghi anni. E poiché Ruggieri arcivescovo era stato della famiglia di coloro che soli rimanevano a combattere i neri, egli è non piccola cagione di maraviglia lo scorgere l’Alighieri, quasi mancassero altrove maggiori esempi di piú atroci crudeltá, infierire per antico fatto contro la memoria di uno degli Ubaldini: ed invocare, se non dagli uomini almeno dagli elementi, resterminio di Pisa, unico rifugio in Toscana degli esuli fiorentini. Cresce la maraviglia nell’udire il poeta dolersi dei vicini di Pisa come di lenti a