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[p. 38 modifica]XX. Pei nuovi favori di Roma i sospetti dei bianchi contro Uguccione crebbero sì, che pieni di mal talento drizzarono i passi a Forlì, ov’era podestá Francesco di Carpigna dei conti di Pietrarubbia. Tutta immantinente di nuove armi, all’aspetto degli esuli fiorentini, risuonò la Romagna, rallentatosi l’assedio di Cesena (marzo): Imola, Faenza e Forlì si unirono contro Firenze: Bologna, per fare schermo contro Azzone VIII di Este che si era collegato coi neri di Firenze, inviò le sue [p. 39 modifica] truppe ai confederati: duce all’impresa fu scelto Scarpetta degli Ordelaffi. E gli aretini richiesti, non indugiarono a decretare gli aiuti: di sorta, che a suo malgrado si vide avvolto nella guerra Uguccione. Il suo nuovo amico Bernardino di Polenta e Federigo di Monte Feltro, partiti da Cesena accoppiaronsi ai bianchi; dall’altra parte Pisa e Pistoia e gli Ubaldini a loro favore si tenevano in armi; pronti tutti agli avvenimenti e desiosi di nuove cose.

Qui sembra che tanta mostra di forze o l’esempio del Faggiolano avessero piegato l’animo dell’Alighieri alla stessa guerra ch’ei biasimava, e per ischivar la quale aveva eletto di abbandonare i bianchi. Nella metá del secolo decimoquinto ancor leggevansi a Forlí alcune lettere dell’Alighieri dettate a Pellegrino Calvi, segretario di Scarpetta degli Ordelaffi, per le quali si avea contezza che il poeta impetrò dal signor di Verona un corpo di cavalli e di fanti contro Firenze: ma indarno cercheresti oggi siffatte lettere a Forlí, ove un giorno le carte degli Ordelaffi per iniquo zelo furon bruciate.

Firenze intanto non sedea neghittosa; ed accennando ad Azzone VIII Estense di fornirsi per guerreggiare Bologna, metteva in punto l’esercito, al quale congiungevasi quello di Lucca. Di entrambi era guidatore Fulcieri dei Calboli da Forlí, podestá di Firenze: Fulcieri, cui giovanile ferocia e squisiti odii contro il concittadino Scarpetta degli Ordelaffi animavano alla vendetta. Messer Musciatto Franzesi avea segreta intesa con Filippo il bello di Francia, e preparava il suo castello di Staggia vicino a Siena per ricevervi Guglielmo di Nogareto cancelliere del re. Occultamente alla volta di Staggia partiva di Parigi Guglielmo insieme coi Colonnesi Iacopo e Piero, nel momento stesso che poderosa l’oste dei collegati s’incamminava da Faenza lungo il Lamone verso Marradi; e che i bianchi, secondo usciti, giuravano, sol che giungessero, dover Firenze aprire loro la porta. Valicati gli Appennini, campeggiarono in Mugello: Uguccione con quei di Arezzo vi circondò il castello di Pulicciano: quando, ecco, dall’estremitá occidentale del Mugello apparisce Fulcieri coi lucchesi e coi fiorentini. Qui [p. 40 modifica] chiarissi la vanitá dei bianchi, ai quali niuno fece le viste sol di chiamarli: e la fame obbligò Uguccione a levarsi dall’assedio di Pulicciano. In pochi dí gli assalitori si dileguarono, piú sperperati che combattuti: alcuni dei bianchi fuggirono ad Arezzo, il maggior numero a Bologna: Fulcieri, per la sua crudeltá esecrato da Dante (Purg. XIV, 58-66), prese atroce supplizio dei fiorentini che vennergli alle mani e dei quali fu Donato Alberti priore. In tal guisa cadde a vil fine la guerra, e si adempirono i presagi di Dante. Uguccione, ricondotte le soldatesche in Arezzo, attese a vendicarsi; ei s’impadroni di Castiglione Aretino e di altri castelli dei fiorentini: ma qui ebbe termine per allora la sua pubblica vita, essendosi i ghibellini, non altrimenti che i guelfi aveano fatto, divisi. Gli uni si chiamarono secchi, rigidi partigiani dell’imperio, ai quali presedevano i Tarlati di Pietramala; verdi gli altri, di cui era capo il Faggiolano, favoreggiatori delle sue intelligenze col papa. Soggiacque Uguccione, quantunque la dignitá cardinalizia del figlio fosse svanita: e goderono i bianchi di vedere il podestá cacciato di Arezzo con buon numero di seguaci.