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[p. 119 modifica]LX. Ranieri II della Faggiola, perduto ch’ebbe Francesco il fratello a Monte Catini, è il solo che si conosca dei figli di Uguccione; poiché nulla si sa delle figlie. Francesco lasciò un figliuolo chiamato Uguccione, che io dirò secondo: a Ranieri II nacquero un altro Francesco ed un terzo Uguccione. La linea di Ribaldo della Faggiola continuò in suo figlio Paolozzo I, che fu padre di Cionnarino; da cui provenne Paolozzo II. Quando il bavaro alla fine del 1329 abbandonava ingloriosamente l’Italia (dicembre), Pier Saccone dei Tarlati, signor di Arezzo, esercitava contro i Faggiolani gli stessi odii che avevano agitato suo fratello Guido Tarlati: e, salito in fama di uno dei piú valorosi di quella etá. distendeva le sue conquiste sui popoli ed i signori prossimi ad Arezzo. Tali gli Ubertini e i conti di Montauto e quei di Montedoglio: poscia s’impadroni di Borgo San Sepolcro e di Cittá di Castello: e, superato i confini di Toscana, spinse le armi e fondò invidiata signoria nella Massa Trabaria e nel Monte Feltro (1334). Pier Saccone prese per fame Castel d’Elci, fortezza principale dei Faggiolani (1335); ma Ranieri II riusci a sorprendere Cittá di Castello, mentre dall’altra parte suo figlio Uguccione III espugnava Sant’Agata, rocca principale di Massa Trabaria ove i Tarlati si erano fatti assai forti. L’anno appresso (1336) Pier Saccone volle pace coi Faggiolani, che furono descritti nuovamente fra i magnati di Arezzo, ed a Francesco II concedè in isposa la propria figliuola: le conquiste furono restituite così dai Tarlati, come dai Faggiolani. Di Paolozzo si ha memoria nell’anno 1338. Egli ed Uguccione II, figli noi del primo Francesco, avevano dalla badia del Trivio acquistato il castello di Selvapiana, forse per gii antichi diritti dei quali si fece parola. Nel 1350 Uguccioue II regolava i confini di Selvapiana con un’altra badia camaldolese, detta di san Giovanni Batista. E in quei tempi Ranieri II possedeva non pochi altri castelli del monistero di [p. 120 modifica] Trivio: se per forza di guerra, o se per amichevoli patti, mi è dubbio. E si era insignorito non solo dell’antichissima cittá di Sarsina, ma eziandio di molte castella del fiorentino Chiaro Peruzzi, vescovo di essa e conte di Bobbio (1351). Però Firenze per mezzo dei suoi ambasciadori al pontefice, mosse gravi querele contro Ranieri II.

In quei medesimi tempi, Giovanni Visconti figlio di Matteo, essendo ei solo divenuto signor di Milano, deliberò di opprimere i fiorentini. Ranieri II della Faggiola segui le parti di Giovanni, ed accrebbe il suo nome con egregi fatti, dei quali è ormai soverchio il favellare. Conchiusa la pace in Sarzana fra Giovanni e i fiorentini nel 1353, Ranieri lí fu compreso nel trattato e sicurato nel godimento di settantuno castelli che formavano il suo patrimonio. S’ignora quando egli morisse: ma vivea tuttora nel 1356. Ranieri III, che fu figliuol di Francesco, infestava parecchi anni dopo le terre del vescovado di Sarsina; per le quali opere severi ordini contro lui sopraggiunsero nel 1375 dalla corte di Roma. I Faggiolani veggonsi rammentati nel 1400 in un’altra pace di Firenze col signor di Milano; essi erano ancora possenti e temuti. Nel 1404 Firenze spedi Iacopo Salviati negli Appennini contro gli libertini ed i conti Guidi di Bagno e di Montegranelli: a costui venne fatto di soggiogarli, e poscia egli medesimo tramandò ai posteri le notizie di tale impresa. Iacopo, in nome della sua cittá, perdonò a Paolozzo II della Faggiola, che tenea Selvapiana, confermatolo nel possesso di quella terra. Lo stesso Paolozzo II sottoscrisse indi la nuova pace che fu conchiusa nel 1419 tra i fiorentini ed il duca di Milano. E qui sembra che fosse affatto cessata la prosperitá dei Faggiolani, ai danni dei quali congiurarono da una parte i fiorentini, dall’altra i discendenti di Federigo di Monte Feltro, divenuti duchi di Urbino, che giá nel 1435 erano padroni del castello della Faggiola. Sigismondo Malatesta il tolse loro nell’anno stesso: acre contesa nacque per questo, e la Faggiola fu lungamente disputata con dubbie armi fino alla pace del 1459, nella quale Sigismondo la restituí ai duchi di Urbino. I fiorentini spogliarono i Faggiolani delle rimanenti loro castella. [p. 121 modifica]

I discendenti del grande Uguccione si sparsero allora esuli per la Romagna e per la Marca di Ancona. Di essi alcuni posero stanza e in Sinigaglia, e in Cesena, e in Forlí: altri, dimentichi delle passate grandezze, abitarono l’oscuro villaggio di Corneto, nel quale non lungi dalle fonti del Tevere i loro maggiori avevano avuto signoria. E vi furono di coloro che si fermarono in Mortano, estrema terra pontificia che congiungesi con la toscana Santa Sofia. Mortano e Santa Sofia non sono distanti se non poche miglia da Bagno, da Montegranelli, e da Vaibona ove nacque il buon Lizio celebrato dall’Alighieri (Purg. XIV, 97) e da Giovanni Boccaccio. A Mortano vivea, sono giá tre anni, Elisabetta ultima dei Faggiolani: ella fu madre d’Ilario Fabbri, gentiluomo appo il quale unicamente oggi restringesi ogni memoria dell’ormai spenta famiglia di colui che fu il veltro allegorico dell’Alighieri.