§ VII.

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VI VIII
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§ VII.

Indizi e forme di giudizi.

Vi è un teorema generale molto utile a calcolare la certezza di un fatto, per esempio, la forza degli indizi di un reato. Quando le prove di un fatto sono dipendenti l’una dall’altra, cioè quando gl’indizi non si provano che tra di loro, quanto maggiori prove si adducono tanto è minore la probabilità del fatto, perchè i casi che [p. 25 modifica] farebbero mancare le prove antecedenti, fanno mancare le susseguenti. Quando le prove di un fatto tutte dipendono egualmente da una sola, il numero delle prove non aumenta, nè sminuisce la probabilità del fatto, perchè tutto il loro valore si risolve nel valore di quella sola da cui dipendono. Quando le prove sono indipendenti l’una dall’altra, cioè quando gl’indizi si provano altronde che da se stessi, quanto maggiori prove si adducono, tanto più cresce la probabilità del fatto, perchè la fallacia di una prova non influisce sull’altra. Io parlo di probabilità in materia di delitti, che per meritar pena debbono essere certi. Ma svanirà il paradosso per chi considera, che rigorosamente la certezza morale non è che una probabilità, ma probabilità tale che è chiamata certezza, perchè ogni uomo di buon senso vi acconsente necessariamente per una consuetudine nata dalla necessità di agire, ed anteriore ad ogni speculazione. La certezza che si richiede per accertare un uomo reo, è dunque quella che determina ogni uomo nelle operazioni più importanti della vita. Possono distinguersi le prove di un reato in perfette ed in imperfette. Chiamo perfette quelle che escludono la possibilità che un tale non sia reo: chiamo imperfette quelle che non la escludono. Delle prime anche una sola è sufficiente per la condanna; delle seconde tante son necessarie, quante bastino a formarne una perfetta, vale a dire, che se per ciascuna di queste in particolare è possibile che uno non sia reo, per l’unione loro nel medesimo soggetto è impossibile che non lo sia. Notisi [p. 26 modifica] che le prove imperfette, delle quali può il reo giustificarsi, e non lo faccia a dovere, divengono perfette. Ma questa morale certezza di prove è più facile il sentirla che l’esattamente definirla. Perciò io credo ottima legge quella che stabilisce assessori al giudice principale presi dalla sorte, e non dalla scelta, perchè in questo caso è più sicura l’ignoranza che giudica per sentimento, che la scienza che giudica per opinione. Dove le leggi sieno chiare e precise, l’officio di un giudice non consiste in altro che nell’ accertare un fatto. Se nel cercare le prove di un delitto richiedesi abilità e destrezza, se nel presentarne il risultato è necessario chiarezza e precisione; per giudicarne dal risultato medesimo, non vi si richiede che un semplice ed ordinario buon senso, meno fallace che il sapere di un giudice assuefatto a volere trovar rei, e che tutto riduce ad un sistema fattizio imprestato da’ suoi studi. Felice quella nazione, dove le leggi non fossero una scienza! Ella è utilissima legge quella, che ogni uomo sia giudicato dai suoi pari, perchè dove si tratta della libertà e della fortuna di un cittadino, debbono tacere quei sentimenti che inspira la disuguaglianza; e quella superiorità con cui l’uomo fortunato guarda l’infelice, e quello sdegno con cui l’inferiore guarda il superiore, non possono agire in questo giudizio. Ma quando il delitto sia un’offesa di un terzo, allora i giudici dovrebbono essere metà pari del reo, metà pari dell’offeso: così essendo bilanciato ogn’interesse privato, che modifica anche involontariamente le apparenze degli oggetti, non parlano che le leggi e la verità. Egli [p. 27 modifica] è ancora conforme alla giustizia, che il reo escluder possa fino ad un certo segno coloro che gli sono sospetti; e ciò concessegli senza contrasto per alcun tempo, sembrerà quasi che il reo si condanni da sè stesso. Pubblici sieno i giudizi, e pubbliche le prove del reato, perchè l’opinione, che è forse il solo cemento della società, imponga un freno alla forza ed alle passioni, perchè il popolo dica, noi non siamo schiavi, e siamo difesi; sentimento che inspira coraggio, e che equivale ad un tributo per un sovrano che intende i suoi veri interessi. Io non accennerò altri dettagli e cautele che richiedono simili istituzioni. Niente avrei detto, se fosse necessario dir tutto.