Dei delitti e delle pene (1780)/Capitolo XI
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§. X I.
Dei giuramenti.
Una contradizione fralle leggi e i sentimenti naturali all’uomo, nasce dai giuramenti che si esigono dal reo, acciocchè sia un uomo veridico quando ha il massimo interesse di esser bugiardo; quasi che l’uomo potesse giurar da dovero di contribuire alla propria distruzione, quasi che la religione non tacesse nella maggior parte degli uomini, quando parla l’interesse. L’esperienza di tutti i secoli ha fatto vedere ch’essi hanno più d’ogni altra cosa abusato di questo prezioso dono del cielo. E per qual motivo gli scellerati la rispetteranno, se gli uomini stimati più saggi l’hanno sovente violata? Troppo deboli, perchè troppo
remoti dai sensi, sono per il maggior numero i motivi che la religione contrappone al tumulto del timore, ed all’amor della vita. Gli affari del cielo si reggono con leggi affatto dissimili da quelle che reggono gli affari umani: e perchè comprometter gli uni cogli altri? e perchè metter l’uomo nella terribile contradizione, o di mancare a Dio, o di concorrere alla propria ruina? talchè la legge che obbliga ad un tal giuramento, comanda o di essere cattivo cristiano, o martire. Il giuramento diviene a poco a poco una semplice formalità,
distruggendosi in questa maniera la forza dei sentimenti di religione, unico pegno dell’onestà della maggior parte degli uomini. Quanto sieno inutili i giuramenti, lo ha fatto vedere l’esperienza, perchè ciascun giudice mi può essere testimonio, che nessun giuramento ha mai fatto dire la verità ad alcun reo: lo fa vedere la ragione, che dichiara inutili, e per conseguenza dannose, tutte le leggi che si oppongono ai naturali sentimenti dell’uomo. Accade ad esse ciò che accade agli argini opposti direttamente al corso di un fiume: o sono immediatamente abbattuti e soverchiati, o un vortice formato da loro stessi li corrode, e li scava insensibilmente.