Iside, Reina d'Egitto

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Iside, Reina d'Egitto
VII IX

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Capitolo VIII

Iside, Reina d’Egitto

Isis, la quale innanzi fu chiamata Io, fu non solamente reina degli Egizj, ma finalmente fu sua santissima e venerabile Dea. E nondimeno fu dubbio di che parenti, e in che tempo nata fosse appresso degli antichi scrittori delle storie. Furono alcuni che dissero, quella essere stata figliuola d’Inaco, primo re degli Argivi, e sirocchia di Foroneo; i quali è manifesto avere signoreggiato al tempo di Jacob, figliuolo di Isac. Altri affermano, che ella fu figliuola di Prometeo, essendo signore d’Argo Forbante, lo quale fu molto dopo lo primo tempo. Alcuni affermano, che ella fu al tempo di Cecrope re degli Ateniesi; e alcuni dicono che ella fu al tempo di Liceo, re degli Argivi: le quali varietadi appresso dei valenti uomini non sono senza ragione. Che questa fosse fra l’altre donne al suo tempo nobile e degnissima di ricordazione, tutti lo affermano1. Veramente [p. 64 modifica]lasciando le discordie degli scrittori, io ho in animo di seguire quello che i più pensano, cioè, quella essere stata figliuola d’Inaco, la quale benchè gli antichi poeti fingano che ella sia piaciuta a Giove per la sua bellezza e da lui sforzata, e per nascondere il fallo fosse trasmutata in vacca; e sia stata conceduta a Giunone, domandandola ella, e Argo suo guardiano stato ammazzato da Mercurio, e a quella vacca essere stato dato un assillo da Giunone, e ella sia stata condotta in Egitto fuggendo, e in quel luogo ricoverata la prima forma, e dal nome di Io istata chiamata Iside; non si discordano le predette cose dalla verità degli scrittori2; essendo alcuni che dicono, quella vergine, fatta corrotta da Giove, e quella per paura del padre stimolata con alcuni dei suoi per lo commesso peccato essere entrata in nave, per la quale era per insegna una vacca; e atta a molte cose3, stimolata [p. 65 modifica]di cupidità di signorie con prospero vento passò in Egitto, e in quel luogo, trovando la regione atta a suo desiderio, vi si fermò. E non trovandosi per che modo ella acquistasse l’Egitto, è riputato quasi certo che che ritrovasse in quel luogo genti grosse, senza arti, e quasi ignoranti di tutte cose umane e piuttosto viventi a modo di bestie che d’uomini; non senza fatica, e ingegno, e industria di maestria ammaestrasse quegli a lavorare la terra, seminare, e finalmente, ricolta la biada a tempo, ridurla a farne cibo. Ancora mostrò a quegli vagabondi e quasi selvatichi, ridursi insieme, dando legge a quegli civilmente. E (più meraviglioso in una femmina) ridotto a sottilità lo suo ingegno, trovò lettere convenienti al volgare di quegli del paese, e trovò il modo d’insegnarle, e con che ordine quelle s’accozzassero insieme. Le quali cose, tacendo le altre, parvero sì maravigliose a quella gente, che non era usata, che lievemente pensarono, quella non essere venuta di Grecia, ma mandata dal cielo, e per questo le deputarono tutti li divini onori. La cui deità (certamente ingannando il diavolo gl’ignoranti) pervenne dopo [p. 66 modifica]la morte in sì grande e famosa reverenzia, che le fu deputato un tempio grandissimo a Roma, già donna del mondo, e fulle deputato, che in ciascun anno le fosse fatto solenne sacrificio secondo il costume d’Egitto. E non è dubbio, che quest’onore trascorse infino alle barbare nazioni di Ponente. E certamente questa così famosa donna ebbe per marito Apis, il quale la erratica vecchiezza pensò essere stato figliuolo di Giove e di Niobe, figliuola di Foroneo, il quale, dicono, che avendo conceduto il regno ad Agialeo fratello di Actaja, poichè egli era stato re trentacinque anni, andossene in Egitto, e insieme con Isis fu signore, e similmente riputato Dio, e fu chiamato Osiris ovvero Serapis. Benchè siano alcuni che dicono che il marito fu un uomo chiamato Tellogone, e di quello ingenerò Epafo, il quale dappoi fu re d’Egitto: e fu pensato che ella l’avesse generato di Giove.

Note

  1. Nel Codice mancano le parole tutti lo affermano che ho tolte dal Betussi, che così volge tradunt omnes.
  2. Cod. Cass. delle varietadi degli scrittori. Test. Lat. ab historiae veritate.
  3. Cod. Cass. eapto amonte chose stimolate.