De gustibus non est disputandum/Nota storica

Nota storica

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Atto III

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NOTA STORICA

Nella primavera del 1753 il Goldoni fa costretto a recarsi a Firenze per curare la stampa dei primi quattro volumi delle sue commedie edite in quell’anno dal Paperini; e solo al principio d’ottobre fu di ritorno a Venezia. Dovette anche preparare le commedie nuove da recitarsi nel teatro di S. Luca; e perciò nulla potè scrivere pel teatro d’opera di S. Samuele, dove nell’autunno e nel carnevale seguente si rappresentarono drammi seri. Inoltre era arcistufo di comporre con poca gloria libretti per musica, “genere di teatrale componimento di sua natura imperfetto” ch’egli aveva sempre disprezzato, sopratutto i drammi buffi, il cui esito presso il pubblico dipendeva “talora dalla musica, per lo più dagli attori, e sovente ancora dalle decorazioni” (v. pref., pp. 75-76). La ingiusta caduta dei Bagni d’Abano lo aveva ancor più indisposto, e pare avesse giurato a sè e agli amici di non voler più affaticarsi in un “esercizio sì disgustoso”. Grazie al nuovo contratto col teatro di S. Luca, erano migliorate le sue condizioni economiche ed egli si proponeva un programma più severo d’arte con lo sbandire del tutto le maschere dalle sue commedie. Ma “un comando di persona autorevole”, d’un generoso protettore, che non possiamo indovinare chi fosse, gli fece trovare il tempo e la voglia d’abboracciare un’altra farsa per musica che intitolò De gustibus non est disputandum e servì ad aprire la stagione di carnovale nell’antico teatro di S. Cassiano. Nei Notatorj inediti dal Gradenigo se ne trova l’annuncio in data 27 dicembre 1753, col nome dell’autore che nel libretto manca.

Questa farsetta non ha pregi particolari nè gran novità. Il quadro è anche qui la villeggiatura, come nell’Arcadia in Brenta (vol. XXVII). La baronessa Artimisia vuol prendersi una giornata di spasso, e la sua gioia è quella di dar tormento agli altri: si diverte dunque a creare gelosie e beghe fra Celindo ed Erminia, promessi sposi, a imporre al goloso don Pacchione di non mangiare per amor suo, e a far impazzire lo stesso Cavaliere da lei prediletto. Quest’ultimo episodio fu suggerito certamente dalle famose ultime scene del primo atto di Monsieur de Pourceaugnac (1669), dove il Molière dalla farsa s’inalza alla grande commedia aristofanesca, sebbene il cattivo scherzo di far credere taluno malato o pazzo sia molto antico nella novella e nel teatro popolare (P. Toldo, Rileggendo le”Mille e una notte”, in Miscellanea ecc. in onore di A. Graf, Bergamo, 1903): ma il Goldoni non riesce nè vivace nè comico nè verosimile in nessuna guisa, e guasta un modello immortale, come quasi sempre gli avviene quando imita. [p. 142 modifica]

Personaggio felice, gustosa caricatura, sebbene volgaruccia, è don Pacchione, un altro di quegli ameni mangiatori che discendono più o meno dai parassiti della commedia latina: posteriore all’Ottavio della Castalda (vol. VII), precede don Ciccio, nella Villeggiatura (vol. XIII e Nota storica della Vendemmia, vol. XXVI, pag. 535). Lui solo rivive in questa farsetta. Artimisia vuol essere un’altra tiranna dei cuori, e fa cadere l’ingenuo Celindo, e comanda perfino all’appetito formidabile di don Pacchione, ma è una pallida ombra di Mirandolina. Le piccole rivalità d’amore tra zia e nipote (Artimisia ed Erminia), non certo nuove nel teatro goldoniano (v. Doralba e Rosmira nella Scuola moderna, vol. XXVII e, meglio. Vittoria e Aurelia nella Mascherata, vol. XXVIII), mi fanno ricordare, non so perchè, l’episodio giovanile con la signorina Mar.... che fece decidere il Goldoni ad abbandonare Venezia sulla fine del 1732.

Lo Spinelli ed il Wiel ignorano l’autore della musica. Il Musatti l’attribuisce a Giuseppe Scarlatti (v. vol. XXVIII, 566-567) e ad “altri”, ma non cita la fonte della notizia (I drammi musicali di C. G., Venezia, 1902, p. 28). Dal Musatti attinge quasi certamente lo Schatz (v. Sonneck, Catalogue ecc., Washington, 1914, I, p. 352) e dal Sonneck toglie il Bustico (Drammi cantate ecc. di C. G., dalla Rivista delle Biblioteche, 1925, p. 37). Al Galuppi l’attribuì il Paglicci Brozzi, ma giustamente parve questo “un mero equivoco” al Piovano (B. Galuppi, in Riv. Mus. It., 1908, p. 253).

Quanto agli interpreti, soltanto Agata Ricci conosciamo da tempo (vol. XXVIII, p. 569: aggiungo che nell’autunno del 1752 cantò coi compagni del S. Samuele nel Regio Ducal Teatro di Milano, ripetendo l’opera del Latilla, Il Mondo alla moda, ossia Gli Impostori). Maddalena Caselli, detta l’Inglesina, Anna Potenza e Lavinia Albergoni cantarono a Venezia solamente nella stagione 1752-53, al S. Cassiano: nel Pazzo glorioso (del Cocchi, in autunno), nel De gustibus ecc. e nella Maestra (pure del Cocchi, carn.). Teresa Venturelli, detta la Carbonarina, cantò a Venezia anche nella stagione 1757-58 al S. Benedetto, nell’opera seria, e così pure nell’Ascensione del ’60; e a Padova, nel Teatro Nuovo, durante la fiera del Santo, nel 1756 (Brunelli, I Teatri di Padova, Padova, 1921, p. 159). Gasparo Barozzi, oltre che nella presente stagione, lo ritroviamo a Venezia dieci anni dopo (1763-64), di nuovo al S. Cassiano. Anche Michelangelo Potenza cantava per la pnma volta nei teatri veneziani: lo rivedremo poi solo, senza la compagnia di Giovanna, nella stagione 1757-58 al S. Samuele. Altri cantanti udì Venezia tra il 1750 e il 1773, di nome Potenza: Pasquale, Natale e Anna (Wiel, I Teatri Musicali Venez. ecc., Ven., 1897).

Invano il Goldoni si augurò che si ripetesse il trionfo del Mondo della Luna. L’opera fu replicata, pare, soltanto a Milano nell’autunno del 1754 e forse a Brescia nel 1767 (con musica del m. Voltolini: questa notizia ebbe il Musatti dal Pavan; ma non potei rintracciare il libretto). Il presente dramma non fu ristampato nella raccolta del Savioli, nè in quella di Guibert e Orgeas, bensì solamente nell’ed. Zatta (t. 38, cioè t. 4 serie IV, Venezia, 1794, pp. 67-126), dove giustamente si ricorda che fu “Rappresentato in Venezia il carnovale dell’anno MDCCLIV”. [p. 143 modifica]

Ecco qualche notizia del libretto milanese che si trova nella Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna:

DE GUSTIBUS | non est disputandum | DRAMMA GIOCOSO | per musica | Da rappresentarsi nel Regio | Ducal Teatro di Milano | Nell’Autunno dell’anno 1754. || in milano, | Nella Stamperia di Carlo Giuseppe Ghislandi, | nella Contrada di Santa Margherita. | Con licenza de’ Superiori: pp. 58, in-12. — Nella prefazione si dice che l’opera deve comparir sul teatro “destituita di decorazioni, e ristretta dalle angustie di un limitatissimo tempo”. Personaggi: Erminia Vittoria Querzoli, Artemisia Serafina Penni, il Cavaliere Filippo Laschi, virtuoso del Principe Carlo di Lorena, Celindo Marianna Hylmandel, Rosalba Anna Querzoli Laschi virtuosa c. s., don Pacchione Bernardo Ciaranfi, Ramerino Gaspare Barozzi. La più parte di questi cantanti abbiamo già conosciuto nel teatro di S. Samuele. Per il Barozzi v. sopra. — Balli d’invenzione di Francesco Nadi, eseguiti dallo stesso e da Antonio Tassoni, Carlo Negrini, Giuseppe Radaelli, Anna Conti di Salice, Maria Elster Boccarin, Vittoria Vidini, Maria Zanna Beonni. Vestiario di Francesco Majnini (sic). - Sono taciuti i nomi del poeta e del compositore. Molte arie furono cambiate. Così nell’atto I, alla fine della se. 6, si canta: Lungi dal nostro core - Ogni martir molesto ecc.; e nella sc. 9: Par che di smania - L’alma deliri ecc.; e nel principio della sc. II: Finchè son fresca - Finchè son bella ecc. Nell’atto II, sc. 1: Col darti, oh Dio! speranza; sc. 3: Già vengo pallido; sc. 4: Son sincera e son pietosa; sc. 6: Una povera ragazzetta; sc. 7: Guarda infido; sc. 8: Semplice tortorella; sc. 12: No che pietà non sente. Nell’atto III, sc. 3: Nella tua sorte amara; sc. 4: Fra stupido e pensoso ecc. Qualche scena fu pure mutata o abbreviata.

G. O.