Dalle novelle di Canterbury/Novella del chierico di Oxford/Pars quarta
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Traduzione dall'inglese di Cino Chiarini (1897)
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PARS QUARTA
Il bambino aveva due anni, e già da qualche tempo era stato divezzato, quando un giorno venne l’estro al marchese, di tentare un’altra volta la pazienza della moglie. A inutile prova era messa, ahimé! ma i mariti son senza discrezione, quando trovano una poveretta che sopporta.
“Moglie mia, le disse un giorno, sai bene che il mio popolo è sempre stato scontento del nostro matrimonio: ma dal giorno che partoristi questo maschio, le cose sono andate di male in peggio; e corrono, ora, delle voci cosí brutte, che sono proprio sgomento, e sento sanguinarmi il cuore.
― Dunque (dicono tutti), morto Gualtieri, gli succederà il nipote di Giannucole, e lo avremo nostro signore? — Ora, non v’ha dubbio che io debbo darmene pensiero: poiché, sebbene nessuno osi parlare in prèsenza mia, la cosa mi dispiace.
Io voglio, finché è possibile, godere la mia tranquillità; perciò sono disposto assolutamente a fare del bambino ciò che ho fatto, di notte e senza che nessuno se ne sia accorto, della sua sorella. Te ne avverto, perché la cosa riuscendo improvvisa, non debba esserti troppo dolorosa; cerca, dunque, di aver pazienza anche questa volta.„
“Vi ho detto, rispose Griselda, e sempre ve lo ripeterò, che io non voglio, e non vorrò mai, che ciò che a voi piace: io non mi risento, se per ordine vostro mi vengono uccisi i figliuoli. Rinunzio volentieri alla gioia che avrei avuto dalle mie due creaturine: come ho sofferto per averle, soffrirò per perderle.
Voi siete il signor mio; fate quello che vi piace, e non vi curate di me: con le mie povere vesti io ho lasciato a casa la mia volontà e la mia libertà; perciò potete fare quello che volete, sicuro che vi obbedirò.
Se io potessi leggervi nell’animo, vorrei soddisfare ogni vostro desiderio prima che voi parlaste: quando poi so che cosa desiderate, immaginatevi se faccio di tutto per contentarvi. Quando sapessi che vi fosse cara la mia morte, morirei ben volentieri, per farvi piacere.
L’amore che ho per voi è più potente della morte.„ Il marchese vedendo la costanza della moglie, abbassò gli occhi, meravigliandosi che una donna potesse sopportare tutto questo; e con aspetto burbero, ma invece lieto in cuor suo, uscí.
Il solito omaccio si presentò a Griselda, e nello stesso modo col quale le aveva portato via la figliuola (e piú crudelmente, se fosse stato possibile) le prese anche il bellissimo fanciullo. Sempre con la stessa pazienza, e senza scomporsi, essa lo lasciò fare, baciando il suo bambino, e benedicendolo.
E come aveva fatto la prima volta, pregò costui se nulla glie lo vietasse, di voler dare sepoltura alle tenere membra del suo piccino, che erano così graziose, affinché non rimanessero preda di qualche uccellaccio, o di qualche brutto animale. Ma anche questa volta rimase senza risposta: ché quegli di niente curandosi, e secondo gli ordini ricevuti, prese il bambino e lo portò, con ogni cura, a Bologna.
Il marchese sempre più ammirava la pazienza di Griselda; e se non fosse stato piú che sicuro, che essa voleva un gran bene ai suoi figliuoli, avrebbe creduto che fosse in lei, non fermezza d’animo, ma astuzia, malizia, e cattivo cuore.
Ma invece egli sapeva bene che Griselda, dopo di lui, nulla aveva cosí caro al mondo, quanto i propri figli. Ditemi voi, donne, per favore, se queste prove non sarebbero state sufficienti! Che cosa avrebbe potuto ancora immaginare la rigida ostinazione di un marito, per provare la virtú e la pazienza di sua moglie?
Ma c’è, pur troppo, certa gente, che quando si ficca in capo un’idea, non se la leva piú, a nessun costo: cosí appunto, si era ostinato Gualtieri nel proponimento fatto, di tentare la pazienza e la costanza della moglie.
Teneva sempre d’occhio Griselda, per vedere se una parola, uno sguardo, rivelasse, in lei, qualche cambiamento: ma la trovava sempre dello stesso umore, e col suo solito aspetto. Anzi, ogni giorno che passava, essa si mostrava sempre più amorosa e piú piena di cure per lui.
Di guisa che sembrava che avessero un sol volere in due; piacendo a lei tutto quello che piaceva a Gualtieri. E di ciò sia lodato il Signore: giacché cosí doveva essere per il bene di tutti. Pareva che i suoi affanni non fosser suoi; non aveva altra volontà che quella del marito.
Ma un bel giorno si cominciò, da per tutto, a parlare delle stranezze di Gualtieri; e a mormorare ch’egli crudelmente aveva fatto uccidere, di nascosto, i suoi bambini, pentito di avere sposato una povera contadina. Nessuno sapeva che tutti e due erano vivi.
E queste voci fecero sí, che mentre prima tutti lo amavano, cominciarono a non poterlo piú vedere, sotto l’orribile accusa di assassino. Non ostante questo, egli non abbandonò, né punto né poco, il suo proponimento, di mettere ancora alla prova la moglie.
Allorché la sua bambina ebbe compiuto il dodicesimo anno, man un suo ambasciatore alla Corte di Roma (che aveva prima informata del suo disegno), perché gli procurasse in qualche modo delle carte, che dovevano servire al suo crudele scopo; dalle quali risultasse che il papa gli permetteva, per ristabilire la pace nel popolo di Saluzzo, di sposare un’altra donna.
Ordinò, insomma, che si falsificasse una bolla papale, nella quale si dicesse ch’egli era libero di abbandonare la prima moglie, col permesso del papa, per far cessare i malumori che erano nati fra lui e i suoi sudditi. La bolla, in questi termini precisi concepita, fu tosto pubblicata.
Il popolo, ignorante com’è, vi credé subito; Griselda ne fu, c’è da immaginarselo, addoloratissima: ma ormai con la sua solita pazienza, la poveretta era disposta a sopportare in pace l’avversa fortuna.
Le bastava di sapere sempre contento colui, al quale aveva dato il suo cuore, e tutta se stessa. Ma per farvela corta, il marchese, intanto, scrisse una lettera, in cui esponeva tutto il suo disegno; e di nascosto la spedí a Bologna al conte di Pavia, marito di sua sorella, pregandolo vivamente di riportargli, con gran pompa, i suoi due figliuoli; senza dire ad alcuno chi fosse il padre loro.
Dicesse, invece, che la fanciulla doveva sposare il marchese di Saluzzo. Cosí, infatti, fece il conte di Pavia; e verso sera si mosse, con gran seguito di cavalieri, alla volta di Saluzzo, per scortare la fanciulla; accanto alla quale cavalcava il giovine fratello.
La bella giovinetta, tutta adorna di pietre preziose, era vestita come se andasse veramente a nozze; anche il fratello, un fanciulletto di sette anni, era riccamente vestito e tutto elegante. Cosí in gran pompa e con gran festa cavalcando, si avvicinavano, di giorno in giorno, a Saluzzo.