Dalle dita al calcolatore/IX/2
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2. “L’arte de l’abbaco”
Per molte persone di media cultura ancor oggi l’algebra è una cosa astrusa e abbastanza indigesta. Cinquecento anni fa, mentre pochi eruditi di varie nazioni pervengono a risultati eccezionali, la ristretta cerchia delle persone “alfabetizzate” ha non poche difficoltà perfino con le cosiddette “quattro operazioni”. Nel 1478 viene stampato a Treviso un libretto di aritmetica intitolato L’arte de l’abbaco, per la preparazione dei giovani veneti che intendono darsi al commercio. I segni (+, −, ×, :), che danno una fisionomia inconfondibile ai nostri calcoli, non sono stati ancora inventati; si usano i termini: et per l’addizione, de (“togliere da”) per la sottrazione, fia o via (“volte”) per la moltiplicazione, intra (“entra n volte”) per la divisione.
Progressivamente entrano nell’uso le parole “più”, “meno”, “per” e “diviso”, e i segni ancor oggi in uso. I segni + e − sono introdotti alla fine del XV secolo da Johann Widman (Germania); il segno = dall’inglese Recorde verso la metà del XVI secolo; il × è proposto da W. Oughtred (1574-1660); Thomas Harriot (1560-1621) introduce i segni > e < (maggiore di, minore di); la virgola decimale, ovvero il punto nei paesi anglosassoni, è attribuita a G.A. Magini (1555-1617), oppure a C. Clavio (1537-1612) e a J. Napier (1550-1617). La sbarretta delle frazioni (orizzontale o verticale) è usata già dagli Arabi e da Fibonacci; il francese F. Viète (1540-1603) raccomanda di preferire le frazioni decimali a quelle sessagesimali. Il segno specifico per la divisione (:) è di acquisizione recente.