Dalle dita al calcolatore/IV/12
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12. La matematica alessandrina
EUCLIDE. Del più noto matematico dell’antichità conosciamo con approssimazione le date di nascita e di morte (forse 330-260 a.C.), ma non la città di origine. Certamente non va confuso con un altro Euclide, di Megara. Si pensa abbia studiato in Atene, all’Accademia.
La sua opera di gran lunga più importante è quella intitolata Elementi. Questo manuale, formato da 13 libri, soppianta e condanna all’oblio e alla dispersione tutte le opere di autori precedenti sugli stessi temi. L’opera di Euclide, variamente ritoccata nel corso dei secoli, giunge fino ai tempi attuali e occupa ancora un posto di rilievo nell’insegnamento della matematica nelle scuole secondarie.
Gli Elementi non sono la “summa” della scienza matematica del tempo in cui sono redatti (300 a.C.) e neanche una storia della matematica. Certamente essi contengono il meglio di molti autori, presentato in maniera graduata. Questi libri possono invece essere correttamente intesi come una introduzione sistematica alla teoria dei numeri (interi positivi), alla geometria e all’algebra geometrica.
Nel corso di duemila anni molte cose sono state rivedute o definite in modo più rigoroso. Sono comparse anche le geometrie “non euclidee”. Famoso è il Commento agli Elementi di Euclide a cura del matematico N. Tartaglia.
ARCHIMEDE. Plutarco sostiene che “in tutta la geometria non è dato incontrare argomenti più difficili e profondi di quelli affrontati da Archimede, espressi in termini più semplici e puri” (12a); egli giunge “al punto di scordarsi persino di mangiare” (12a) o di fare il bagno: i servi devono trascinarvelo, e allora lui si mette a disegnare figure geometriche sulla cenere della stufa; quando poi il suo corpo è spalmato d’olio, le figure se le traccia addosso con il dito.
Archimede si occupa del cerchio, dei poligoni Quadratura del cerchio mediante spirale. inscritti e circoscritti. Riguardo al valore di Pi greco, stabilisce che esso va collocato fra 3 e 10/71 e 3 e 10/70, cioè fra 3,1408... e 3,1428... Sulla scia dei matematici che lo hanno preceduto, considera l’area del cerchio equivalente a quella di un triangolo avente la base e l’altezza uguali rispettivamente alla circonferenza e al raggio. Occorre anche tener presente che in quei tempi il rapporto fra circonferenza e diametro non era indicato con Pi greco.
Archimede studia la quadratura delle parabole e in particolare dei segmenti di parabola. In queste trattazioni entra in gioco il metodo di esaustione, ossia il calcolo integrale, e in ciò Archimede si avvicina più di tutti gli altri ai procedimenti moderni del calcolo infinitesimale.
Archimede ha particolarmente a cuore gli studi sulla sfera e sul cilindro, tanto che “pregò gli amici e i parenti di mettergli sulla tomba, dopo morto, un cilindro con dentro una sfera, e quale iscrizione la proporzione dell’eccedenza del solido contenente rispetto al contenuto” (12b).
APOLLONIO (262-190). Effettua le sue ricerche prima ad Alessandria, poi a Pergamo. Lo studio che distingue Apollonio dagli altri matematici è quello sulle Coniche, che fa piazza pulita di opere analoghe di altri autori, compreso Euclide. Mentre Menecmo ricava le sue curve tagliando coni aventi il vertice ad Sezioni coniche Pitagora e l'aritmetica. angolo retto, acuto e ottuso, Apollonio scopre che qualsiasi cono va bene, variando l’angolo di intersezione. E il primo a dare un nome specifico a queste curve, utilizzando termini già noti in matematica: ellisse, parabola e iperbole.
TOLOMEO. Opera ad Alessandria qualche secolo dopo. Il primo dei suoi tredici libri dell’Almagesto si occupa delle corde di cerchio ed è corredato di tavole trigonometriche molto accurate. Quanto al Pi greco, Tolomeo usa il valore 377/120 (3,1416...).
DIOFANTO. Quasi nulla si sa di questo matematico: si presume che sia vissuto intorno al 180 d.C. e che abbia raggiunto l’età di 84 anni. Scrive l’Arithmetica, un trattato in 13 libri dove per aritmetica si intende la “teoria dei numeri”. Si tratta di una raccolta Euclide e la geometria. di problemi di algebra applicata; ciò che la differenzia dalle antiche raccolte di problemi babilonesi è il fatto che essa non parla di cereali, o di campi, ma considera i numeri in quanto tali. In secondo luogo, si occupa solo di problemi con soluzioni esatte, ignorando i casi la cui soluzione può essere calcolata solo con approssimazione. In terzo luogo, fa largo uso di abbreviazioni: ciò colloca l’algebra di Tolomeo (detta “sincopata”) a metà strada tra l’algebra antica (detta “retorica” perché esposta in modo discorsivo, a parole) e quella moderna, che è “simbolica”. Diofanto usa abbreviazioni e simboli per indicare potenze, incognite, relazioni, operazioni, ecc. Per questo viene chiamato “padre dell’algebra”. Le sue opere, scritte in greco, sono tradotte in latino e pubblicate solo nel 1575.