Dalle dita al calcolatore/III/4
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4. Le cifre ieratiche
Gli Egizi usano il papiro come supporto scrittorio fin dai tempi più antichi, insieme agli altri materiali già citati. L’uso del papiro si intensifica dopo la conquista da parte di Alessandro Magno e la fondazione della città di Alessandria. Il papiro è prezioso per la cultura, oltre che per l’attività amministrativa.
La carta di papiro utilizzata per la scrittura su una sola facciata viene fornita in rotoli piuttosto lunghi. Man mano che si procedè nella scrittura, colonna dopo colonna, si deve svolgere il rotolo da una parte, tenerlo arrotolato dall’altra e nello stesso tempo fare in modo che la superficie usata in quel momento per la scrittura sia stabile e piana.
Caccia nel deserto (part.): affresco tombale a Beni Hasan.
Il “padrone” della scrittura è lo scriba, maestoso e solenne, consapevole che con la sua arte persone e avvenimenti possono essere ricordati nei secoli. Gli scribi non sono semplici “scribacchini”: sono alti funzionari dell’amministrazione dello stato, subordinati solo al faraone e al ministro.
E pervenuto a noi un discreto quantitativo di papiri, trovati nelle piramidi o nelle tombe di alti funzionari. La maggior parte sono di argomento religioso. I papiri interessanti dal punto di vista matematico sono pochi. I più importanti sono:
1. Il papiro Rhind, conservato al British Museum;
2. Il papiro di Mosca;
3. Il papiro Reale di Torino (XIII sec. a.C.).
Inoltre, sono da ricordare il papiro di Kahun (ora a Londra), il papiro di Berlino, due tavolette di legno provenienti da Akhmim (Il Cairo) e un frammento di cuoio con elenchi di frazioni. Molto utile per lo studio delle cifre ieratiche è il Grande Papiro Harris (conservato al British Museum), nel quale sono inventariati i beni dei templi alla morte di Ramesses III (1192-1153 a.C.).
Purtroppo, questi documenti sono molto antichi e non permettono di conoscere l’evoluzione della matematica e delle scienze fino al tramonto della civiltà egizia.
Le esigenze connesse alla scrittura su papiro, o su altri materiali, inducono gli scribi ad adottare una grafia meno maestosa del geroglifico, ma più scorrevole. Pertanto, fin dai tempi più antichi, si usa la scrittura ieratica (“sacra”) sia per le parole che per i numeri. Si adottano semplificazioni e scorciatoie. Per esempio, le asticelle verticali del numero 4 sono sostituite in vari casi da una semplice linea orizzontale; il numero 8, formato da due gruppi sovrapposti di quattro aste, è sostituito da due linee parallele; il 5 (4 + 1) è rappresentato con una linea orizzontale e un’asta verticale, unite quasi ad angolo retto; il 9 (5 + 4) in alcuni casi assume la forma di un gancio (deformazione del 5) cui si aggiunge un tratto allungato obliquo (corrispondente a 4). Il 10 conserva approssimativamente la stessa forma del geroglifico, ma i suoi multipli perdono ogni somiglianza con i geroglifici corrispondenti. Lo stesso avviene con le centinaia e le migliaia.
Col passare dei secoli si assiste a piccole, ma costanti evoluzioni dei segni. Le tre spirali che indicano 300 in geroglifico, agli inizi del I millennio a.C. sono sostituite nella forma ieratica da una linea leggermente obliqua, da sinistra verso l’alto a destra, con tre trattini verticali posti presso la parte alta. Sia che si tratti di unità semplici, di decine, di centinaia o di migliaia, un passo importante è stato compiuto: ogni unità di un certo ordine ora possiede il suo simbolo specifico e inconfondibile. Selezione di cifre ieratiche, da diversi documenti di varie epoche.
Per scrivere 7 oppure 900, non occorrono più sette aste o nove spirali, ma un solo segno per il 7 ed uno per il 900. Per scrivere numeri entro il 10.000, lo scriba deve conoscere ben 36 cifre diverse; ma è finalmente acquisito il principio della scrittura in cifre, che si diffonde anche presso i popoli vicini: gli Ebrei, fra il 1000 ed il 500 a.C., fanno uso delle cifre ieratiche.
Alla diffusione della scienza concorrono i mercanti, le cui imprese assumono già caratteristiche multinazionali e gli stessi studiosi: sono celebri i viaggi di Erodoto, Pitagora, Plutarco, Talete... Inoltre, in quei tempi, per legare al re o all’imperatore i prìncipi e le autorità dei paesi sottomessi o alleati, era prassi chiederne in ostaggio i figli. I ragazzi, vivendo a corte, erano istruiti ed educati insieme ai discendenti del sovrano. Divenuti adulti venivano inviati a governare i territori d’origine e vi portavano la cultura acquisita.