Dal giorno in cui pervenne

Antonino Faà di Bruno

1821 Indice:Dal giorno in cui pervenne.djvu Cristianesimo cristianesimo Dal giorno in cui pervenne Intestazione 24 marzo 2012 100% Cristianesimo

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ANTONINO FAÁ

DEI MARCHESI DI BRUNO, E FONTANILE, CONTE
DI CARENTINO


PER LA GRAZIA DI DIO, E DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA

VESCOVO D’ASTI E PRINCIPE

Al Venerabile Clero, e Popolo della sua Diocesi

SALUTE E BENEDIZIONE


Dal giorno, in cui pervenne a Nostra cognizione, Venerabili Fratelli, e Figliuoli dilettissimi, che riprovavasi la lettera Pastorale da Noi scritta alli 19 Marzo, sino al dì 16 di Giugno siamo stati lusingati dalla speranza, che la descrizione in essa fatta di quanto è avvenuto potesse meritarsi qualche benigno compatimento ne’ sentimenti, ed espressioni incautamente usate nella medesima, attesa l’inesplicabile [p. 2 modifica]perturbazione, nella quale fummo precipitati al primo ascoltare la attentata rivoluzione del precedente nostro felicissimo Sovrano Governo, ed attesa la conosciuta inviolabile Nostra stabilità, e fermezza constantemente dimostrata d’attaccamento sincero ed al Sovrano Governo, ed alle Sacre Reali Maestà.

Ora però aggiungendosi alla giusta riprovazione del Nostro scritto già fatta da S. R. M. il Re Nostro Carlo Felice, e Sovrano amabilissimo, manifestataci da S. E. il Sig. Cavaliere Thaon di Revel Conte di Pralungo Luogotenente Generale ne’ Regii Stati, la condanna dello stesso proferita dal Vicario di Gesù Cristo in terra, dal Supremo Capo della S. Chiesa il Regnante Sommo Pontefice Pio VII, ed ordinandoci di pubblicare con altra Pastorale la ritratazione della accennata, come risulta dalla seguente lettera, che Sua Santità degnossi scriverci, veramente con Paterno affetto verso un’errante, e da Noi ricevuta alli 18 del corrente Settembre, del tenore seguente.


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Epperò in virtù di S. obbedienza, Noi solennemente ritrattiamo colla presente Nostra lettera quella delli 19 Marzo, non solo generalmente, ed in complesso, ma anche particolarmente in ogni periodo, e verbale espressione, esclusivamente a quanto concerne le pubbliche preghiere richieste per la Reale Sovrana Famiglia.

Non sono nè il dito, nè il braccio Divino, che direttamente abbiano apportato lo sconvolgimento dell’ordine frá di noi, ma bensì la macchinazione di certuni, i quali a somiglianza di Assalonne andavano sollecitando i cuori degli uomini per tirarli incauti nel loro partito, e colle armi alla mano tentarono scuotere la Paterna Sovranità.

Non fu cosa miracolosa, ed improvvisa come la presa di Gerico la scoppiata ribellione, perchè non è possibile, che segua un fatto miracoloso, e divino, se non che in confermazione della verità; e dalla giuridica discussione, che si è fatta di quanto è accaduto a nostro danno, chiaramente si è comprovato essere stata cosa da lungo tempo ordita quella, che sembrò a’ fedeli sudditi innaspettato cambiamento.

L’avere poi prescritto l’affrettarci di offerire a’ piedi del Divino Trono le nostre preghiere, affinchè Dio misericordioso si degnasse di rassodare a pubblico bene, quanto a pubblici voti si era ottenuto; Fu da Noi scritto unicamente per dimostrare il vivo desiderio Nostro di vedere ripristinato il vero bene dello Stato, e non il disordine accagionato. Per questo Ci siamo appellati alla Divina Misericordia, cui solo è in potere di ricavare il bene anche dal male.

Se questa Nostra doverosa dichiarazione poi, Venerabili Fratelli, e Figliuoli dilettissimi, non bastasse a rimediare lo scandalo, del quale siamo riconosciuti, e dichiarati colpevoli per infallibile decisione della Cattedra di S. Pietro; e per dare una veridica prova, che la Nostra colpa si fu di sorpresa, e [p. 6 modifica]non di volontà, nè di malizia, a somiglianza dell’Apostolo S. Paolo non abbiamo altro scampo per giustificazione della Nostra condotta, che di chiamare in testimonio e avanti Dio, e degli uomini tutti quelli, co’ quali dovettimo conversare dalla prima gioventù sino al presente. Se tutti Ci fosse dato di radunare in amichevole, e cortese adunanza con piena fiducia diremmo loro: Vos scitis... qualiter vobiscum per omne tempus fuerim; Assicurati dalla Nostra coscienza Ci comprometeremmo, che tutti, ad una voce, confermerebbero, che giammai: Sedi cum concilio vanitatis, et cum iniqua gerentibus non introivi. Che sempre: Odivi Ecclesiam malignantium: et cum impiis non sedi. Anzi siamo certi, che nessuno potrebbe fondatamente opporci cosa alcuna, la quale neppure accagionare potesse sospetto di qualsivoglia colpa: bensì avremmo numerose, e rispettabilissime testimonianze in Nostro favore comprovanti, che anche a dispetto de’ più ingiusti personali insulti ricevuti; delle più severe minaccie, che replicatamente Ci vennero intimate; e dello spoglio di soprabbondanti rendite Ecclesiastiche, che la Divina Provvidenza, e la degnazione di S. A. R. il Sig. Duca del Ciablese, di sempre grata, e riconoscente memoria, Ci aveva eletti ad usufruire, Ci siamo sempre mantenuti costanti, e fedeli agli inviolabili doveri della S. Religione, ed in quella sudditanza dovuta al Sovrano Nostro Governo, del quale assieme a’ buoni sempre ne compiangevamo la perdita, e ne sospiravamo quel ristabilimento, che finalmente piacque a Dio il donarci a comune consolazione.

Eppure, con tutto questo, dopo superati assai più perigliosi cimenti le stampe doneranno alle età future una assicuranza de’ Nostri falli, e scandali! Questi sono i scogli, ne’ quali urta la misera nostra umanità all’insorgere delle mondane tempeste!

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Di grazia, Illustrissime Autorità e Militari e Civili di questa Città, e Provincia, e Voi dilettissimo Clero, e Popolo di questa Diocesi, e quanti siete testimonii de’ Nostri scritti e della Nostra condotta, a Voi Noi si rivolgiamo pregandovi non solo di cancellare dalle vostre menti ogni sinistra, ed irregolare impressione, ed anche idea, che abbia potuto produrre in voi la Nostra lettera, ma ancora di lacerare, e consegnare alle fiamme la medesima, affinchè più non serva in comprova della Nostra ignominia; e se la passata Nostra irreprensibile condotta non bastasse ad assicurarvi della sincerità, de’ Nostri sentimenti, e rettitudine nell’operare, osservate per l’avvenire scrupolosamente il Nostro tenore di vita, finchè piacerà a Dio di conservarci sopra il candeliere di questa Sede, e Diocesi ove immeritevoli Ci ha posti; e come mediante la presente lettera avete una indubitata prova, ed infallibile testimonianza della puntuale Nostra pienissima sommessione al Sommo Regnante Pontefice Pio VII nell’accettare, ed obbedire alle amorose, paterne sue decisioni, e comandi; e come vi diamo una pubblica dimostrazione della continuazione di quegli attestati sinceri di perfetta ossequiosa obbedienza, venerazione, e sottomissione dovuta all’amatissimo Nostro Regnante Sovrano Carlo Felice, egualmente avrete a scorgere, ed assicurarvi maggiormente colla esperienza della sincerità di quell’amore, zelo, ed interessamento, che nodriamo nel cuore, e per quanto Ci è possibile, dimostriamo colle opere, per la vostra eterna salute, e temporale prosperità.

Ben si sa, e comprende, che un Pastore, un Padre, un Vescovo nulla mai potrà operare di buono, di vantaggioso, di efficace a prò delle Anime alla di lui cura affidate senza la particolare assistenza della Divina grazia, e senza il favore, la protezione Sovrana; perciò Noi nuovamente a Voi Ci indirizziamo, Venerabili Fratelli, e Figliuoli dilettissimi [p. 8 modifica]raccomandandoci alle vostre piú fervorose orazioni per ottenerci dalla Divina Bontà quella costante influenza del Divino Spirito, che solo all’occorrenza è capace d’illuminare, ed indirizzare chi per Divina disposizione, fu prescielto a reggere questa porzione eletta della Chiesa di Gesù Cristo. A Voi in particolare Ci raccomandiamo, che per Dignità di cariche, e per Carattere luminoso formate la porzione più nobile, e preziosa di questa Nostra Chiesa, affinchè giustifichiate a piedi dell’Augusto Trono la sincerità dei sentimenti, co’ quali Ci siamo spiegati, ed il tenore di vita che già avete in Noi riconosciuto, affine di non decadere da quella Sovrana grazia, ed assistenza, che piacque agli Augusti Nostri Sovrani di sempre accordarci, e che Ci è indispensabile per lo adempimento fruttuoso di que’ doveri, che la disposizione Divina volle addossarci, e senza di cui certamente in vano consumeremo i Nostri giorni fra tutti Voi.

Gratia vobis, et pax a Deo Patre Nostro, et Domino Jesu Christo. Benedictus Deus, et Pater Domini nostri Jesu Christi, Pater misericordiarum, et Deus totius consolationis, qui consolatur nos in omni tribulatione nostra: ut possimus ei ipsi consolari eos, qui in omni pressura sunt per exhortationem, qua exhortamur et ipsi a Deo... Gratia Domini nostri Jesu Christi, et caritas Dei, et communicatio Sancti Spiritus sit cum omnibus vobis. Amen.

Dal Palazzo Nostro Vescovile il 21 Settembre 1821.

ANTONINO Vescovo.