Dal Misogallo (Alfieri, 1912)/Sonetto XXII

Sonetto XXII

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Sonetto XXII.

14 febbraio 1793.

XIII.  Cupide conculcatur nimis ante metutum.

Lucret., lib. V, vers. 1139.

Ciò ch’essi a dismisura temean pria,
A dismisura essi il calpestan poscia.

D’immensa piazza in mezzo (oimè!) torreggia,1
Sacro a morte e vendetta, un palco fero:
Intorno intorno atroce messe ondeggia
4 D’aste ferrate, onde han Liberti impero.2
Di contro appunto alla già un dí sua Reggia3
Ecco salirvi impavido, ed altero

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In sua innocenza un Re, che all’empia greggia
8 De’ schiavi suoi perdon concede intero.4
Universal, mortifero, tremendo
Silenzio piomba entro le attonite alme....5
11 Deh, ch’io non vegga l’assassinio orrendo! —
Ma al batter già delle servili palme,
Consunto appien l’atro misfatto intendo.
14 Or tutte hai, Gallia, di viltà le palme.6


Note

  1. 1. Luigi XVI fu ucciso nella piazza della Rivoluzione, accanto ai rottami del monumento di Luigi XV.
  2. 4. Onde han Liberti impero, per mezzo delle quali comandano questi schiavi liberati che sono i Francesi.
  3. 5-8. Il Monti nella Bassvilliana (II, 167 segg.):
    ... al feral palco di morte
    Giunge Luigi. Ei v’alza il guardo, e viene
    Fermo alla scala, imperturbato e forte.
    Già vi monta, già il sommo egli ne tiene;
    E va sí pien di maestà l’aspetto
    Ch’ai manigoldi fa tremar le vene.
    E poi:
    ... a quel giusto simil che fra’ ladroni
    perdonando spirava ed esclamando
    — Padre, padre, perché tu m’abbandoni?
    Per chi a morte lo tragge anch’ei pregando
    — Il popol mio, dicea, che sí delira
    E il mio spirto, signor, ti raccomando.
  4. 7-8. Sono note le parole di Luigi XVI prima di morire: «Muoio innocente di tutte le colpe che mi sono imputate; perdono ai miei uccisori, e prego Dio che il mio sangue non ricada sulla Francia». Legg. a questo proposito nella Prosa III del Misogallo l’immaginario discorso del Re prigioniero dinanzi alla Costituente Nazionale l’11 dic. 1792.
  5. 9-10. Nella Bassvilliana è un accenno alla pietà che le parole del morituro suscitarono nel cuore degli astanti; di ciò tace, al contrariò, l’A.
  6. 14. Intendasi: ora nulla puoi aggiungere, o Francia, al cumulo delle tue scelleratezze; e il Monti immagina che solo quando Dio pone sul piatto della bilancia, ove sono le crudeltà francesi, l’uccisione di Luigi XVI, esse trabocchino e sbalzi alle stelle l’altro piatto ov’è la bontà e la pazienza divina. Riferisco, a compimento di questo sonetto, l’altro ov’è descritta, un po’ retoricamente, a dir vero, la morte di Maria Antonietta:


    20 agosto 1793.


                                          εἰ δὲ τοῦ χρόνου
    Πρόσθεν θανοῦμαι, κέρδος αὔτ’ ἐγὼ λέγω.


    Sofocle, Antigone, vers. 471.


    Innanzi tempo il mio morir mi fora
    Mero guadagno.



        Orrido carcer fetido, che stanza
    Degna è fra’ Galli al malfattor piú infame,
    Schiude il ferreo stridente aspro serrame,
    E Donna entro vi appar d’alta sembianza.                    4
        D’innocenza la nobile baldanza
    Schernir le fa l’empie servili trame;
    Regina sempre; è trono a lei lo strame,
    Su cui giacente ogni uom piú forte avanza.8
        Tremar veggio ivi i pallidi custodi;
    E tremare i carnefici, che il segno
    Stanno aspettando dai tremanti Erodi.11
        Vedova, e Madre strazïata, pregno
    Di morte il cor, del tuo morir tu godi,
    Donna, il cui minor danno è il tolto Regno.14