Cuore (1889)/Maggio/Poesia
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POESIA
26, venerdì
Tu cominci a comprendere la poesia della scuola, Enrico; ma la scuola, per ora, non la vedi che di dentro: ti parrà molto più bella e più poetica fra trent’anni, quando ci verrai a accompagnare i tuoi figliuoli, e la vedrai di fuori, come io la vedo. Aspettando l’uscita, io giro per le strade silenziose, intorno all’edifizio, e porgo l’orecchio alle finestre del pian terreno, chiuse dalle persiane. Da una finestra sento la voce d’una maestra che dice: - Ah! quel taglio di t! Non va, figliuol mio. Che ne direbbe tuo padre?... - Alla finestra vicina è la grossa voce d’un maestro che detta lentamente: - Comperò cinquanta metri di stoffa... a lire quattro e cinquanta il metro... li rivendette... - Più in là è la maestrina della penna rossa che legge ad alta voce: - Allora Pietro Micca con la miccia accesa... - Dalla classe vicina esce come un cinguettio di cento uccelli, che vuol dir che il maestro è andato fuori un momento. Vo innanzi, e alla svoltata del canto sento uno scolaro che piange, e la voce della maestra che lo rimprovera o lo consola. Da altre finestre vengono fuori dei versi, dei nomi d’uomini grandi e buoni, dei frammenti di sentenze che consiglian la virtù, l’amor di patria, il coraggio. Poi seguono dei momenti di silenzio, in cui si direbbe che l’edifizio è vuoto, e non par possibile che ci sian dentro settecento ragazzi, poi si senton degli scoppi rumorosi d’ilarità, provocati dallo scherzo d’un maestro di buon umore.... E la gente che passa si sofferma a ascoltare, e tutti rivolgono uno sguardo di simpatia a quell’edificio gentile, che racchiude tanta giovinezza e tante speranze. Poi si ode un improvviso strepito sordo, un batter di libri e di cartelle, uno stropiccio di piedi, un ronzìo che si propaga di classe in classe e dal basso all’alto, come al diffondersi improvviso d’una buona notizia: è il bidello che gira ad annunziare il finis. E a quel rumore una folla di donne, d’uomini, di ragazze e di giovanetti, si stringono di qua e di là dalla porta, a aspettare i figliuoli, i fratelli, i nipotini; mentre dagli usci delle classi schizzan fuori come zampillando nel camerone i ragazzi piccoli, a pigliar cappottini e cappelli, facendone un arruffìo sul pavimento, e ballettando tutt’in giro, fin che il bidello li ricaccia dentro a uno a uno. E finalmente escono, in lunghe file, battendo i piedi. E allora da tutti i parenti comincia la pioggia delle domande: - Hai saputo la lezione? Quanto t’ha dato del lavoro? Che cos’avete per domani? Quand’è l’esame mensile? - E anche le povere madri che non sanno leggere, aprono i quaderni, guardano i problemi, domandano i punti: - Solamente otto? - Dieci con lode? - Nove di lezione? - E s’inquietano e si rallegrano e interrogano i maestri e parlan di programmi e d’esami. Com’è bello tutto questo, com’è grande, e che immensa promessa è pel mondo!
Tuo Padre