Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/8

Libro terzo - Capitolo 8

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La città riprende le armi.Neri e Cavalcanti. Incendio spaventoso, attaccato da’ Neri, confuoco lavorato. Cacciata de’ Cavalcanti (1304, giugno).

I buoni cittadini rimasono molto crucciosi e disperati di pace. I Cavalcanti si doleano, e molti altri; e tanto s’accesono gli animi, che la gente s’armò e comincioronsi a offendere. Quelli della Tosa e i Medici vennono armati in Mercato Vecchio con le balestra, saettando verso il Corso degli Adimari e giù per Calimala: e uno serraglio combatterono nel Corso, e abbatteronlo, il quale era guardato da gente che avea più animo a vendetta che a pace.

Messer Rossellino dalla Tosa, con sua brigata, venne a casa i Sassetti, per mettervi fuoco: i Cavalcanti soccorsono, e altre genti; e in quello trarre, Nerone Cavalcanti scontrò messer Rossellino, al quale bassò la lancia, e posegliele a petto, per modo lo gittò da cavallo.

I capi di Parte nera aveano ordinato un fuoco lavorato, pensando bene che a zuffa conveniano venire: e intesonsi con uno ser Neri Abati priore di San Piero Scheraggio, uomo reo e dissoluto, nimico de’ suoi consorti, al quale ordinorono che mettesse il primo fuoco. E così mise a dì X di giugno 1304, in casa i consorti suoi in Orto San Michele. Di Mercato Vecchio si saettò fuoco in Calimala; il quale multiplicò tanto, per non esser difeso, che, aggiunto col primo, che arse molte case e palagi e botteghe.

In Orto San Michele era una gran loggia con uno oratorio di Nostra Donna, nel quale per divozione eran molte immagini di cera: nelle quali appreso il fuoco, aggiugnendovisi la caldeza dell’aria, arsono tutte le case erano intorno a quel luogo, e i fondachi di Calimala e tutte le botteghe erano intorno a Mercato Vecchio fino in Mercato Nuovo e le case de’ Cavalcanti, e in Vacchereccia e in Porta Santa Maria fino al Ponte Vecchio; ché si disse arsono più che 1900 magioni: e niuno rimedio vi si poté fare.

I ladri publicamente si metteano nel fuoco a rubare e portarsene ciò che poteano avere: e niente era lor detto. E chi vedea portarne il suo, non osava domandarlo, perché la terra in ogni cosa era mal disposta.

I Cavalcanti perderono quel dì il cuore e il sangue, vedendo ardere le loro case e palagi e botteghe, le quali per le gran pigioni, per lo stretto luogo, gli tenean ricchi.

Molti cittadini, temendo il fuoco, isgombravano i loro arnesi in altro luogo, ove credeano che dal fuoco fussono sicuri; il quale si stese tanto, che molti li perderono per volerli campare, e rimasono disfatti.

Acciò che di tal malificio si sappi il vero, e per che cagione fu fatto detto fuoco e dove, i capi di Parte nera, a fine di cacciare i Cavalcanti di quel luogo, i quali temeano perché erano ricchi e potenti, ordinarono il detto fuoco a Ognissanti: ed era composto per modo, che quando ne cadea in terra, lasciava uno colore azurro. Il quale fuoco ne portò il detto ser Neri Abati in una pentola, e miselo in casa i consorti: e messer Rosso dalla Tosa e altri il saettorono in Calimala.

Sinibaldo di messer Corso Donati, con un gran viluppo di detto fuoco, a modo d’un torchio acceso, venne per metterlo nelle case de’ Cavalcanti in Mercato Nuovo; e Boccaccio Adimari con suoi seguaci, per Corso degli Adimari fino in Orto San Michele. I Cavalcanti si feciono loro incontro, e ripinsongli nel Corso, e tolsono loro il serraglio che avean fatto. Allora mison fuoco in casa i Macci nella Corte delle Badesse.

Il podestà della terra con sua famiglia e con molti soldati venne in Mercato Nuovo; ma aiuto né difensione alcuna non fece. Guardavano il fuoco, e stavansi a cavallo, e davano impedimento per lo ingombrìo faceano, che impedivano i fanti e gli andatori.

I Cavalcanti e molti altri guardavano il fuoco, e non ebbono tanto ardire che andassono contro a’ nimici, poi che ’l fuoco fu spento; ché vincere gli poteano, e rimanere signori. Ma messer Maruccio Cavalcanti e messer Rinieri Lucardesi consigliorono, che prendessono le lumiere accese, e andassono a ardere le case de’ nimici che aveano arse le loro. Non fu seguìto tal consiglio; che se seguìto l’avessono, perché niuna difensione facea l’altra parte, sarebbono stati vincenti. Ma tristi e dolenti se n’andarono alle case de’ parenti loro; e i nimici presono ardire, e caccioronli della terra: e chi andò a Ostina, chi alle Stinche a loro possessioni, e molti a Siena, perché da’ Sanesi ebbono speranza di riconciliargli. E così passò il tempo, e non furono riconciliati, e da ciascun riputati vili.