Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro secondo/26
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La signoria della città rimane ai Guelfi neri.
Rimase la signoria della città a messer Corso Donati, a messer Rosso dalla Tosa, a messer Pazino de’ Pazi, a messer Geri Spini, a messer Betto Brunelleschi, a’ Buondalmonti, agli Agli, a’ Tornaquinci, a parte de’ Gianfigliazi, a’ Bardi, a parte de’ Frescobaldi, a’ Rossi, a parte de’ Nerli, a’ Pulci, a’ Bostichi, a’ Magalotti, a’ Manieri, a’ Bisdomini, agli Uccellini, a’ Bordoni, agli Strozi, a’ Rucellai, agli Acciaiuoli, agli Altoviti, agli Aldobrandini, a’ Peruzi, e a’ Monaldi, a Borgo Rinaldi e ’l fratello, a Palla Anselmi, a Manno Attaviani, al Nero Canbi, a Noffo Guidi, a Simone Gherardi, a Lapo Guaza; e a molti altri, cittadini e contadini. De’ quali niuno si può scusare che non fusse guastatore della città: e non possono dire che alcuna nicissità gli strignesse, altro che superbia e gara degli ufici; però che gli odii non eran tanti tra i cittadini, che per guerra di loro la città se ne fusse turbata, se i falsi popolani non avessono avuto l’animo corrotto a malfare, per guadagnare, anzi rubare, e per tenere gli ufici della città.
Uno giovane chiamato Bertuccio de’ Pulci tornato di Francia, trovando i suoi compagni sbandeggiati fuori della terra, lasciò i suoi consorti in signoria, e co’ suoi compagni stette fuori: e questo advenne per grande animo.