Cronica/VI
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[Vita di Cola di Rienzo] (XIV secolo)
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Currevano anni Domini MCCCXXXIIII, dello mese de marzo, in quaraiesima uno frate predicatore, lo quale avea nome frate Venturino de Bergamo de Lommardia, dello ordine de santo Domenico, commosse con soie predicazioni devote la maiure parte de Lommardia a devozione e penitenza e connusse questa iente in Roma allo perdono. Erano Bergamaschi, Bresciani, Comani, Milanesi, Mantovani. Una parte fuoro ientili e buoni, ma le dieci parte fuoro delle vescovata. Questa iente, la quale venne con frate Venturino, fu innumerabile. E tanto fu più cosa maravigliosa, quanto arrecavano abito. L’abito, lo quale questo frate Venturino li avea dato, era che questi portavano una gonnella bianca, longa, passata mesa gamma. Sopra la gonnella portavano uno tabarretto de biado corto fino allo inuocchio. In gamme portavano caize de bianco. De sopra le caize portavano calzaroni de corame fi’ a mesa gamma. In capo portavano una capelluzza de panno de lino bianca e de sopra portavano una capelluzza de panno de lana biada, nella quale dalla fronte portavano uno tau. La parte de sopra era bianca, la parte de mieso era roscia. In pietto portavano una palomma bianca, la quale teneva in vocca uno ramo de oliva in segno de pace. Nella mano ritta portavano lo vordone, nella manca li paternostri. Con questa iente frate Venturino descenne per Lommardia predicanno. Moita iente lo sequita. Veone in Fiorenza. Fiorentini graziosamente recipiero cotale iente. Fuoro divisi per le case caritativamente e dato a loro da magnare, buono lietto, lavati piedi, fatta moita caritate per tre dìe senza premio. Puoi se muossero li moiti Fiorentini e presero quello medesimo abito e sequitano frate Venturino. Viengo a Vitervo. Da Vitervo entrano in Roma. Ora la fama de frate Venturino de Bergamo forte ventava a Roma. Dicevase ca voleva aconvertire Romani. Quanno fu ionto, fu receputo in Santo Sisto. Là predicao. Soa iente moito pareva ordinata e bona. La sera cantavano le laode. Bene ivano ad ordine. Uno confallone de zannato arrecavano, lo quale donao alla Minerva. Allo dìe de presente penne nella voita della Minerva sopre la cappella de missore Latino. Ène de zannato verde, luongo e ampio. Drento stao penta la figura de santa Maria. De·llà e de cà staco penti agnili, li quali sonano viole, santo Domenico e santo Pietro martire e aitri profeta. Quello segnale lassao. Puoi predicao in Santa Maria Minerva lo dìe della Annunziazione. Puoi predicao in Campituoglio, nello parlatorio. Tutta Roma trasse per odire soa predica. Forte tenevano mente Romani. Queti stavano. Ponevano cura se peccava in faizo latino. Allora predicao e disse ca sciogliessino le calzamenta delli piedi loro, ca la terra dove stavano era santa. E disse che Roma era terra de moita santitate per le corpora le quale in essa iaccio. Ma Romani so’ mala iente. Allora li Romani se ne risero. Puoi se domannao una grazia e uno dono a Romani. Da vero che·llo ioco de Nagoni non era fatto. Disse frate Venturino: «Signori, voi devete fare una vostra festa la quale gosta moita moneta. Non vao né per Dio né per santi; anche se fao per idolatria, in servizio de demonio. Questa pecunia datela a mi. Io la despenzaraio per Dio alli uomini necessitosi, li quali non puoco fornire lo tiempo fi’ allo sudario vedere». Allora li Romani se comenzaro a fare gabe de esso e dissero ca era pascio. Così dicenno non più demoraro, anche se levaro in pede e partirose e lassarolo solo. Puoi predicao in Santo Ianni. Romani non lo volevano odire, anche ne facevano la caccia. Allora se desperava dell’ira e sì·lli maledisse e disse ca mai non vidde più perverza iente. Non comparze più. Anche se partìo de secreto e gìone fòra de Roma. Ionze in Avignone. Lo papa lo privao dello predicare. In questo tiempo uno folgoro ferìo lo campanile de Santo Pietro e tutto lo cucurullo arze. Le campane non toccao. Anche in questo tiempo morìo papa Ianni, dello quale ditto ène. Quanno approssimao a morte, revocao lo errore de chi diceva ca·lle anime delli beati non veiono Dio de faccia. E disse ca ciò che avea ditto avea ditto per disputazione fare.