Capitolo II

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Platone - Critone (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (1925)
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[p. 28 modifica]Socrate. In buona pace, o Critone: se così piace agli Iddii così sia1. Ma io non credo che arriverà oggi.

Critone. D’onde l’argomenti?

Socrate. Te lo dirò. Non ho io a morire il giorno appresso che sarà tornata la nave?

Critone. Così dicono quelli che comandano in siffatte cose.

Socrate. Ora io non credo che arriverà oggi, ma domani. Ciò argomento da una certa visione che io ebbi in sogno poco fa, stanotte: e forse tu hai fatto bene a non isvegliarmi2.

Critone. Quale?

Socrate. Pareva a me di vedere una donna bella [p. 29 modifica]e d’avvenevoli forme, vestita di vestimenta bianche; la quale verso di me venendo, mi chiamò, e così disse: O Socrate, al terzo dì perverrai alla zollosa Ftia3.

Critone. Che sogno strano!

Socrate. Ma chiaro, mi pare.

Note

  1. Socrate si sente «cosa degli Dei»: vivrà finché piacerà ad essi.
  2. Visioni, sogni, voci interiori: divini avvisi, che Socrate ha sempre. Socrate si sente assistito dagli Dei, oggetto delle loro cure; e obbedisce, docilmente. Qui una visione lo avvisa che morrà tra due giorni; durante l’intero soggiorno nel carcere, un sogno l’ha ammonito: «Socrate, fa’ musica»; e in tutta la vita il suo genio tutelare, il suo demone, l’ha trattenuto da ogni cosa che potesse nuocergli. Socrate è tutto degli Dei: essi lo ispirano e lo guidano: egli, loro figliuolo, si abbandona in mano loro, e li segue.
  3. Iliade, IX, 363. Ftia, in Tessaglia, era la patria di Achille. In quel verso, Achille minaccia di tornarsene a Ftia, sua patria: dove giungerà in tre giorni, se il dio del mare gli sarà favorevole. Come Achille alla sua patria, così Socrate presagiva d’andar fra tre giorni all’Ade.