Così parlò Zarathustra/Parte prima/Del cammino del creatore
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Del cammino del creatore.
Vuoi tu, o fratello, riparare in solitudine? Vuoi cercar la via di te stesso? Indugia ancora per poco; ed ascoltami.
«Chi cerca, facilmente perde sè stesso. Ogni solitudine è una colpa». Così parla il gregge. E al gregge tu appartenesti lungamente.
La voce del gregge risuonerà ancora in te. E quando tu dirai: «Io non ho più la vostra coscienza» ciò suonerà come un rimpianto e un lamento.
Vedi, cotesto tuo dolore è ancora figlio di quella coscienza; e l’ultimo bagliore di tale coscienza arde ancora nella tua tristezza.
Ma sei tu risoluto di andare per la via del tuo dolore, che è la via che conduce a te stesso? Ebbene, mostrami chi ha il diritto e la forza di far ciò!
Rappresenti tu una nuova forza ed un nuovo diritto? un primo movimento? una ruota che gira per sè stessa? Saprai costringere le stelle a girare intorno a te?
Ah, è così ardente la bramosia di salire in alto. È così angoscioso l’affannarsi degli ambiziosi! Dimostrami che non sei divorato dalla cupidigia, che non sei un ambizioso!
Ahimè, ci sono tante dee sublime che possono rassomigliarsi ad un mantice: esse gonfiano le cose e ne accrescono il vuoto.
Tu ti dici libero? Voglio conoscere i pensieri che in te predominano. Non m’importa sapere che sei sfuggito ad un giogo: sei tu uno di quelli che avevano il diritto di sottrarsi al giogo? Ci sono molti che gettarono via l’ultimo loro pregio con lo scuoter da sè la schiavitù.
Libero da che cosa? Che importa ciò a Zarathustra! Il tuo occhio deve annunciare sereno: libero per far che cosa?
Sei tu capace di distribuire a te stesso il bene ed il male, le porre sopra di te la tua volontà affinchè essa sia la tua legge? Saprai tu esser giudice di te stesso e vendicatore della tua legge?
È terribile il trovarsi soli col giudice e col vindice della legge propria. Non altrimenti un astro viene lanciato nello spazio deserto e nell’aura gelida della solitudine.
Oggi tu, che sei solo, soffri ancora per causa dei molti: oggi ancora possiedi interamente il tuo coraggio e le tue speranze.
Ma un giorno la tua solitudine ti peserà, il tuo orgoglio si curverà e il tuo coraggio digrignerà i denti. E allora tu griderai «io sono solo!».
Un giorno tu non vedrai più ciò che per te era alto, e vedrai troppo a te vicino invece quello che è basso; ciò che t’appariva sublime t’incuterà spavento al pari d’un fantasma. E allora griderai: «Tutto è menzogna».
V’hanno sentimenti che minacciano d’uccidere l’uomo solitario: se non riescono a ciò devono perire. Ora sapresti tu essere un assassino?
Conosci tu già, o mio fratello, la parola: «disprezzo?».
E conosci il tormento che prova la tua giustizia nel dover essere giusta con coloro che ti disprezzano?
Tu costringi molti a mutar d’avviso sul tuo conto: e di ciò ti fanno gran carico. Tu ti avvicinasti a loro e passasti oltre: essi non te lo perdoneranno giammai.
Tu li oltrepassi: ma quanto più vai salendo tanto più piccolo ti scorge l’occhio dell’invidia. Ma più di tutti è odiato colui che vola.
«E come potreste voi esser giusti con me?» tu devi dire. «Io ho scelto per mia parte la vostra ingiustizia».
Ingiustizia e lordure essi gettano sul solitario; ma, mio caro, se vuoi essere un astro non puoi far sì che tu non splenda anche per loro!
E guardati dai buoni e dai giusti!
Essi crocifiggono volentieri quelli che per sè inventano un proprio tipo di virtù: essi odiano il solitario.
Guardati anche dalla santa semplicità! Tutto le appar sacrilegio ciò che non è semplice: essa gioca anche volentieri col fuoco dei roghi.
E guardati anche dal soverchiar del tuo amore! Troppo è ratto il solitario a stendere la mano al primo in cui s’avvenga.
A taluni tu non devi porgere la mano, ma solamente la zampa: e io voglio che la tua zampa sia fornita anche di artigli.
Ma il peggior nemico che tu possa incontrare, sarai tu stesso: sei tu che attendi te stesso in agguato nella caverne e nei boschi.
O solitario, il tuo cammino conduce a te stesso e di là da te stesso e dai tuoi sette demoni!
Un eretico apparirai tu a te stesso! e una strega e un negromante, e un pazzo e uno scettico; e un sacrilego e un malvagio.
Tu devi esser pronto ad arderti nella tua propria fiamma: come ti potrai rinnovare se prima non sarai divenuto cenere?
O solitario, tu cammin su la via del creatore; tu vuoi crear a te stesso un Dio dai tuoi sette demoni.
O solitario, tu vai su la via dell’amante; tu ami te stesso, e per ciò ti disprezzi, così come non sa disprezzare se non quegli che ama.
L’amante vuol creare perchè disprezza! Che sa dell’amore colui che non s’è mai trovato costretto a disprezzare a punto perchè amava?
Col tuo amore ripara nella tua solitudine, e abbi teco il desiderio di creare; più tardi la giustizia ti seguirà zoppicando.
Le mie lagrime, o miei fratelli, vi accompagnano verso la solitudine. Io amo colui che vuol creare oltre le proprie forze e in tal modo perisce».
Così parlò Zarathustra.