Coro (Adelchi, atto III)
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(Adelchi, atto III)
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
3Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
6Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
9Traluee de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
12Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
15Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
18Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsute per tema le fulve criniere,
21Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
24I figli pensosi pensose guatar.
E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo, frugando,
27Da ritta, da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d’ignoto contento,
Con l’agile speme precorre l’evento,
30E sogna la fine del duro servir.
Udite! Quei forti che tengono il campo,
Che ai vostri tiranni precludon lo scampo,
33Son giunti da lunge, per aspri sentier:
Sospeser le gioie dei prandi festosi,
Assursero in fretta dai blandi riposi,
36Chiamati repente da squillo guerrier.
Lasciâr nelle sale del tetto natio
Le donne accorate, tornanti all’addio,
39A preghi e consigli che il pianto troncò:
Han carca la fronte de’ pesti cimieri,
Han poste le selle sui bruni corsieri,
42Volaron sul ponte che cupo sonò.
A torme, di terra passarono in terra,
Cantando giulive canzoni di guerra,
45Ma i dolci castelli pensando nel cor:
Per valli petrose, per balzi dirotti,
Vegliaron nell’arme le gelidi notti,
48Membrando i fidati colloqui d’amor.
Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
Per greppi senz’orma le corse affannose,
51Il rigido impero, le fami durar:
Si vider le lance calate sui petti,
A canto agli scudi, rasente agli elmetti,
54Udiron le frecce fischiando volar.
E il premio sperato, promesso a quel forti,
Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
57D’un volgo straniero por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe ruine,
All’opere imbelli dell’arse officine,
60Ai solchi bagnati di servo sudor.
Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
63L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
66D’un volgo disperso che nome non ha.