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ALESSANDRO MANZONI
Intende l’orecchio, solleva la testa
6Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
9Traluee de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
12Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
15Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
18Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsute per tema le fulve criniere,
21Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
24I figli pensosi pensose guatar.
E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo, frugando,
27Da ritta, da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d’ignoto contento,
Con l’agile speme precorre l’evento,
30E sogna la fine del duro servir.
Udite! Quei forti che tengono il campo,
Che ai vostri tiranni precludon lo scampo,
33Son giunti da lunge, per aspri sentier:
Sospeser le gioie dei prandi festosi,
Assursero in fretta dai blandi riposi,
36Chiamati repente da squillo guerrier.
Lasciâr nelle sale del tetto natio
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