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ALESSANDRO MANZONI

          Le donne accorate, tornanti all’addio,
          39A preghi e consigli che il pianto troncò:
          Han carca la fronte de’ pesti cimieri,
          Han poste le selle sui bruni corsieri,
          42Volaron sul ponte che cupo sonò.
     A torme, di terra passarono in terra,
          Cantando giulive canzoni di guerra,
          45Ma i dolci castelli pensando nel cor:
          Per valli petrose, per balzi dirotti,
          Vegliaron nell’arme le gelidi notti,
          48Membrando i fidati colloqui d’amor.
     Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
          Per greppi senz’orma le corse affannose,
          51Il rigido impero, le fami durar:
          Si vider le lance calate sui petti,
          A canto agli scudi, rasente agli elmetti,
          54Udiron le frecce fischiando volar.
     E il premio sperato, promesso a quel forti,
          Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
          57D’un volgo straniero por fine al dolor?
          Tornate alle vostre superbe ruine,
          All’opere imbelli dell’arse officine,
          60Ai solchi bagnati di servo sudor.
     Il forte si mesce col vinto nemico,
          Col novo signore rimane l’antico;
          63L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
          Dividono i servi, dividon gli armenti;
          Si posano insieme sui campi cruenti
          66D’un volgo disperso che nome non ha.


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