Contro Wagner/Il caso Wagner/Premessa

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Friedrich Nietzsche - Contro Wagner (1889)
Traduzione dal tedesco di Anonimo (1914)
Il caso Wagner - Premessa
Il caso Wagner - Lettera da Torino - Maggio 1888

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PREMESSA.


Mi alleggerisco un poco. Non è per semplice cattiveria che in questo scritto io lodo Bizet a spese di Wagner. Io metto innanzi, fra molte piacevolezze, una cosa con la quale non v’è da scherzare. Volgere le spalle a Wagner fu per me una fatalità; amare qualcosa di poi, una vittoria. Nessuno forse è stato mischiato alla «wagneria» più perigliosamente di me; nessuno se n’è più aspramente difeso; nessuno ha tanto gioito di sfuggirle. È una lunga istoria! — Si vuole una parola per caratterizzarla? — Chi sa come la chiamerei, s’io fossi un moralista! Forse vittoria su se stesso. Ma il filosofo non ama i moralisti — e non ama nè pure le parole grosse...

Qual è la prima e l’ultima esigenza d’un filosofo di fronte a sè stesso? Vincere il tempo suo, e mettersi «fuori del tempo». Con chi, dunque, dovrà egli durare la lotta più rude? [p. 4 modifica]Con tutto ciò che lo fa essere figlio del suo tempo. Bene! io sono quanto Wagner figlio dell’età presente, e quindi decadente. Con questa differenza: che io me ne son reso conto e mi son messo in istato di difesa. Il filosofo, in me, protestava contro il decadente.

In verità, quel che mi ha occupato di più è il problema della decadenza: ed ho avuto le mie buone ragioni per questo. La questione del «bene» e del «male» non è che una varietà di quel problema. Se si è visto chiaro nei sintomi della decadenza si comprenderà anche l’essenza della morale, — si comprenderà quel che si nasconde sotto i suoi nomi più sacri e le sue più sante formule di valutazione: la vita ammiserita, la volontà di morire, la grande stanchezza. La morale è la negazione della vita... Per adempiere un còmpito siffatto m’era necessaria una disciplina personale: — prender partito contro tutto quanto v’ha di malato in me, Wagner compreso, compreso Schopenhauer, compresavi tutta l’«umanità» moderna. Allora io sentii un profondo distacco, un senso di gelo e di disincantamento per tutto ciò ch’è temporale e del nostro tempo; e il mio più alto desiderio divenne lo sguardo di Zaratustra, uno sguardo che abbraccia il fenomeno «uomo» da una distanza infinita, — e lo vede al di sotto di sè... Di qual sacrificio non sa[p. 5 modifica]rebbe degna una finalità siffatta? di quale «vittoria su sè stesso»? di quale «negazione di sè»?

Il maggior episodio della mia vita è stata una guarigione. Wagner fu una delle mie malattie.

Non ch’io voglia mostrarmi ingrato verso cotesta malattia. Se in questo scritto io intendo dichiarare che Wagner è nocivo, affermo non di meno ch’egli è indispensabile a qualcuno: — al filosofo. Se no, si potrebbe forse fare a meno di Wagner. Il filosofo tuttavia non è libero di rifiutare i suoi servigi. Egli dev’essere la cattiva coscienza del suo tempo, — e dunque gli è necessario conoscere il suo tempo. Ma dove, per questo labirinto dell’anima moderna, potrebb’egli trovare una guida meglio iniziata di Wagner, un più eloquente conoscitore d’anime? La modernità parla il suo linguaggio più intimo a mezzo di Wagner: essa non dissimula nè il suo bene nè il suo male: ha perduto ogni pudore di fronte a sè stessa. E reciprocamente: si è molto vicini ad aver fatto il computo di ciò che lo spirito moderno vale, quando si è giunti ad esser d’accordo con sè stessi per quanto riguarda il bene e il male in Wagner. Capisco perfettamente che un musicista d’oggi ci dica: «Io detesto Wagner, ma non posso più sopportare una musica che non sia la [p. 6 modifica] sua». Ma capirei anche un filosofo che dichiarasse: «Wagner riassume la modernità. Necessariamente, bisogna cominciare dall’esser wagneriano...».