Considerando l'altera valenza
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III
Fra i tormenti d’Amore si rallegra, pensando alla virtú della sua donna.
Considerando l’altèra valenza,
ove piager mi tene,
’maginando beffate, lo penserò
sovenmi, di speranza e di soffrenza
5ne le gravose pene,
di disianza portar piú leggero.
Cá lo dispero — non bave podere
ne l’autro mio volere,
acciò ch’a lo signor di valimento
10non falla vedimento
di provedere li leai serventi;
unde m’allegro, stando nei tormenti.
Dunqu’allegrando selvaggia mainera,
natura per potenza
15di figura piagente muta loco.
Ché ’ntendimento in anche cosa clera
turba sentire intenza
ne la vita d’ardente coral foco.
Ed eo ne gioco. — Non deggi’ obbriare
20quella, che sormontare
mi face la natura, modo ed uso.
Quasi dato nascoso
sono a ubidir mia donna fina,
com’al leon soggetta fèra inchina.
25 En dir assai fedel, mia donna, paro
in core innamorato;
ma ciò, pensando, fall’esser poria,
ché spesso viso dolze core amaro
tene: poi ch’è provato,
30nente si cela a mostrar che disia.
Però vorria — vi fuss’a plagere
me servendo tenere;
ché si mi trovereste in cor siguro
leal com’oro puro,
35che, non guardando mia poga possanza,
mi donereste gioi’ di fine amanza.
Prendendo loco parlando talento,
in voi, gentil sovrana,
ragione porterea tal convenensa.
40Ma, divisando, tem’e’ ’l valimento
c’avete venir piana
mia disianza, si mi veo ’n bassenza.
Poi che temenza — n’aggio, si conforto:
che non sera diporto
45tant’adunato parte per natura,
fòr pietate: non dura
orgoglio in gentil cosa si finita,
ma l’umeltá fiata onne compita.
Como risprende in iscura partuta
50cera di foco apprisa,
si m’ha’llumato vostra chiara spera.
Ché, prim’eo ’maginasse la veduta
de l’amorosa intisa,
non era quasi punto piú che fèra.
55Ora, ch’empera — mevi amore ’n core,
sento ed ho valore,
e ciò che vaglio tegno dall’altura,
complita in voi figura
d’angelica sembianza e di merzede,
60per cui la pena gioi’ lo meo cor crede.