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i - meo abbracciavacca


ah! non istrano — d’altro guigliardone,
ché di ragione — mi donaste posa
50d’affanno, di disio, d’attessa forte.
Sed eo prendesse morte
a vostro grado, me ne plageria,
sí ’n meretria — voi d’alcuna cosa.
Poi che m’avete tolto e preso in sorte,
55non dubitate, tort’è,
di mio coraggio, ch’esser non poria.
     Essere non poria, ché ’l core vòle
istar dove valor ha
la sua dimora — di gioioso stallo;
60e, se ’l cor pago giá nente si dole,
dunque’l partire fora
solo mez’ora — sovra ogn’altro fallo.
Cosí intervallo — non sento potesse
nel mio servir fedel porger affanno,
65né ’n voi alcuno inganno.
Ché ’l gran valore prima si provede
che dia merzede, — che poi non avesse
loco né presa, che trovasse danno.
Ché molti falsi stanno
70coverti, pronti parlando gran fede.


III


Fra i tormenti d’Amore si rallegra, pensando alla virtú della sua donna.

Considerando l’altèra valenza,
ove piager mi tene,
’maginando beffate, lo penserò
sovenmi, di speranza e di soffrenza
5ne le gravose pene,
di disianza portar piú leggero.
Cá lo dispero — non bave podere