Compie oggi il quarto lustro
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LUIGI NAZARI DI CALABIANA
PER GRAZIA DI DIO E DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA
VESCOVO DI CASALE
ARCIVESCOVO ELETTO DI MILANO
al venerabile clero e al dilettissimo popolo
della Città e della Diocesi di Casale
salute e benedizione.
Compie oggi il quarto lustro, o Venerandi Confratelli e Figliuoli in G. C. Carissimi, dacchè la povera mia persona veniva consacrata in Vescovo delle anime vostre. La prima preghiera, che io feci allorchè si celebrava nell’alma Roma il santo rito, era che piacesse al Signore di benedire largamente il popolo del novello acquisto e che questo popolo fosse sempre docile alla voce del suo pastore ed il pastore si serbasse fedele sino alla morte all’alta sua missione. Come io abbia in questi anni di politica agitazione e di sociale rinnovamento adempiuto l’arduo ufficio, non è cosa che io possa dire. Conscio della mia pochezza comprendo il molto che avrei dovuto fare, e che far non seppi. E quando la missione mi era dalla lunga esperienza resa d’assai più agevole; quando mi trovava circondato e grandemente confortato dalla peculiare benevolenza di tutto un gregge, il cui pastore ben poteva dire: cognosco oves meas et cognoscunt me meæ; quando volgendo ad età matura portava speranza di poter sedere nella dolcezza del riposo e nella giocondità della pace, ecco venire dal Vaticano una voce ad intimarmi di lasciare i diletti miei figliuoli Casalesi, d’uscire da questa terra, e d’andare a pascere altra greggia, a coltivare altra mistica vigna. Dunque la diletta Casale non sarà più mia? Dovrò io dunque andare lontano da un popolo che mi è cotanto affezionato e che io amo come l’anima mia? E le umili mie supplicazioni, e le supplicazioni dei Diocesani perchè io sia lasciato alla chiesa d’Evasio, torneranno elleno vane? Ma il grande Pontefice Pio IX ha parlato, e la sua parola è ad un Vescovo un comando. Mi è forza chinare la fronte e sclamare: sia fatta la volontà del Signore.
Quanto mi costi, o Carissimi, il dover separarmi da voi, lo sa quel Dio che scruta i cuori. A lui è conosciuto l’acerbissimo dolore che sentii all’annunzio che io era tolto a voi; a lui è conosciuto l’affanno che anco di presente mi grava e punge l’animo penosissimamente. Nullameno come feci allora, faccio pure adesso l’offerta di me al Signor d’ogni cosa, sia perchè nel volere del Sommo Pontefice io vegga il voler suo, sia anche perchè io tenga la persuasione, che l’immenso sacrificio che egli vuole da me, sarà a voi di grandissimo vantaggio, conciossiachè vi rechi la lieta sorte di avere nell’esimia persona di Monsignor Pietro Maria Ferrè un pastore non già più affezionato di me ai vostri più cari e più veri interessi, ma di me assai più degno, più dotto, e più pio.
Da voi tutti adunque, o Carissimi, io prendo congedo. È così buono il vostro cuore, che io porto speranza che vi sovverrà talvolta della mia persona. Io dalla sede di Ambrogio rivolerò di frequente col pensiero e col cuore a voi; di voi parlerò spesso alla novella mia famiglia; di voi farò sempre memoria nelle mie preghiere; di voi serberò imperitura e grata ricordanza. No, non sarà mai che io dimentichi che tanto nel tempo della gioia, quanto in quello della trepidazione i nostri cuori si mantennero sempre strettamente congiunti; no, non sarà mai per volgere d’anni e per variare di vicende che mi cadano dalla mente quei giorni, nei quali voi con tanta benevolenza e con tante pubbliche dimostrazioni di allegrezza volevate accogliermi quando nel nome del Signore io recava sugli ameni vostri colli la benedizione e la pace. Oh! quanto mi sarà sempre dolce il rammentare l’animo generoso, col quale voi specialmente, o Casalesi, avete cooperato al ristauro del maggior tempio, che sorge in mezzo alla vostra città monumento insigne d’arte e solenne testimonio dell’avita fede! Oh come soave mi sarà ognora il ricordare il molto fervore, la grande pietà e l’esultanza che ogni ordine di voi mostrò allorchè la riabbellita vostra Cattedrale si riapriva al culto, e con molta pompa si festeggiava il decimoquinto centenario del martirio del vostro patrono Sant’Evasio! Oh come mi tornerà cara la rimembranza degli innumerevoli altri argomenti d’esimia religione che mi deste, o io m’accingessi al ristauro del santuario di Crea, o quivi, ovvero in altri luoghi celebrassi i divini misteri!
Siate, o miei Cari, dal Cielo sempre benedetti. Sia benedetto tutto l’ordine sacerdotale, il quale colla saggia ed illuminata sua condotta seppe in difficilissimi tempi mantenersi pari all’alta sua missione. Io saprò grado ognora al Reverendissimo Capitolo della Cattedrale del conforto e della consolazione, di cui mi fu continuamente largo, e della deferenza che ebbe sempre per me con secondare i miei voti pel migliore governo della Diocesi e le mie premure in promuovere il decoro delle sacre funzioni a maggior vantaggio ed edificazione dei fedeli. Siate benedetti voi, o venerandi Parochi, alle cui vigili sollecitudini è dovuto che al gregge non sia venuto detrimento dalla malizia di quegli uomini, che volevano farne scempio. Coraggio, o dilettissimi cooperatori! Se, pur troppo! l’indifferentismo, i mali costumi, una colluvie di libri immorali ed una sfrenata libertà in opinare rendono ora assai più malagevole il ministero pastorale, voi confortatevi nel Signore. Egli nella sua misericordia non lascia di versare i suoi doni sulle scolte di Israello.
Siate voi benedetti, o illustri Reggitori della cosa pubblica, e voi, o egregi Magistrati. Io vi rendo vivissime grazie per le costanti dimostrazioni affettuose che mi deste. Siate benedetti tutti, o figli della chiesa di Sant’Evasio, chiunque siate. Voi sapete, vi dirò coll’Apostolo Paolo, e Dio mi è testimonio, che nei vent’anni, pei quali io fui in mezzo a voi, non ho mai cessato col cuore e colle labbra, e talora anche colle lagrime di ammonirvi dei vostri doveri e di insegnarvi la via della salute; voi sapete che io non ho mai cercato lo cose vostre, ma solo le vostre anime. Piacciavi dunque di ascoltare gli ultimi ricordi che in segno del paterno mio affetto io vi lascio.
Sia sempre in cima ai vostri pensieri un rispetto ed un amore grandissimo alla cattolica religione. Sovvengavi ognora che essa sola è opera di Dio; che ella sola può felicitare i popoli e le nazioni, e che ella sola tiene la sublime missione di custodire integro e puro il deposito del vero, del giusto e del santo.
In questi tempi, in cui l’eresia con sforzi immani cerca di strappare anime all’ovile di Cristo, non sia mai vero, che alcuno di voi, o Cari, abbia a cadere nella seduzione e nell’errore. Guardatevi dalle novità in fatto di dottrina, e non vogliate dare ascolto a chi promette pace, pace, e poi non mostra che livore. Costui non procaccia a’ suoi seguaci altro che infortuni. E perchè ciò non avvenga, tenetevi immobilmente attaccati al centro dell’unità cattolica, alla dottrina della cattedra di S. Pietro maestra e madre di tutte le chiese. Fate di condannare sempre tutto ciò che ella condanna, e di credere e professare sempre tutto ciò che ella crede e professa. Sia dunque la cattolica religione la fedele compagna, con cui attraverserete il deserto della vita, memori sempre che da lei disgiunti non ritrovereste che perturbazioni e disordini. Se vi sta proprio a cuore il vero vostro bene presente ed avvenire, affidatevi totalmente a lei. Ascoltatela in tutto e per tutto; lasciatevi guidare da lei. Non desiderate altro cibo che quello che ella vi somministra. Il suo insegnamento è quello che meglio soddisfa a’ vostri veri bisogni; è un alimento che ella vi prepara giornalmente con affetto di madre, e sarebbe ingratitudine crudele il solo sospetto di frode od inganno. Inoltre, amatela teneramente questa ottima madre, e l’amerete davvero, quando specchierete nelle sue massime e ne’ suoi precetti il vostro vivere ed i vostri costumi, e vi adoprerete con tutte le vostre forze perchè col vostro mezzo si accresca la sua gloria.
Abbiate ancora presente al vostro pensiero del continuo che non vi varrebbe a nulla la fede senza le opere. La fede senza le opere è dalle sacre carte rassomigliata ad un albero senza frutti, ad un corpo senz’anima, ad un cembalo senza corde. Pur troppo è tale presso certi cristiani dei nostri dì! Eglino credono ai misteri che la religione loro insegna, ma non fanno verun conto delle massime che essa loro propone, formando in cotal modo due religioni, una che risguarda lo spirito, i costumi l’altra. Abbracciano volontieri la prima, non essendo ella agli occhi loro che una speculazione; rigettano la seconda perchè esige la pratica, quasi che fosse possibile di separare la fede dalla pratica. Non sia così di voi. Fate che ognora il cuore sia d’accordo collo spirito; che gli effetti rispondano alle parole; che i frutti siano uniti alle foglie; che, infine, le opere provino la credenza. Siate perciò sempre esatti osservatori dei comandamenti di Dio e della Chiesa, ed assidui cultori delle eccelse virtù della modestia, della sobrietà, della temperanza, della giustizia e della carità. Elleno scesero di Cielo per far beati gli uomini. Guai a quel popolo, che colla noncuranza, o col disprezzo le forzasse ad esulare!
Non obliate mai che l’ordine sociale non può sussistere, se ciascun individuo non rende agli altri i suoi doveri. A chi deve il tributo, dar deve il tributo; a chi prestar deve l’ubbidienza, l’ubbidienza, a chi l’onore, l’onore. Amatevi l’un l’altro; perdonate al nemico, se volete che sia perdonato a voi; siate obbedienti alle Potestà costituite, le quali rappresentano la Divinità sulla terra, perchè ogni podestà viene da Dio; sieno i coniugati fedeli ai reciproci lor doveri; amino i mariti le loro spose, come Cristo amò la Chiesa; sieno i genitori solleciti di ben educare e con sane dottrine e con lodevoli esempi la prole; veglino i padroni, perchè i loro servitori siano religiosi e buoni. Ricordivi ancora, o Carissimi, di santificare il giorno festivo com’è voluto dal divino precetto. Oh quante lagrime, oh quante sventure alle famiglie, quando i mariti ed i figliuoli, invece di raccogliersi nella casa dell’orazione per rendersi il Cielo propizio ed istruirsi intorno alla religione, dànno il giorno del Signore alla crapula, al giuoco ed ai bagordi, a cui talvolta mette fine il versamento di sangue fraterno!
Ecco, o Dilettissimi, gli ultimi ammonimenti che vi lascio. Vi piaccia di accoglierli con quella benignità, colla quale riceveste sempre la mia parola, di bene scolpirli nel vostro cuore e di farne la norma costante del vostro operare. Vogliate essere eziandio contenti, che prima di chiudere l’ultima mia lettera, io vi scongiuri a voler tenermi sempre raccomandato al Signore e che vi assicuri ancora che io non lascierò passare giorno senza indirizzare al Cielo fervidi voti, perchè degnisi di benedirvi e prosperarvi.
Pregate pel Santo Padre Pio IX. Chi non sa come ei trovisi circondato da angustie? Alle grandi ambasce, che gli causano i molti nemici della S. Sede, egli deve aggiungere la cura e la sollecitudine di tutte le altre chiese: instantia quotidiana, sollicitudo omnium ecclesiarum. Come in ogni tempo, così ai nostri dì il successore di Pietro lotta per noi con eroica fermezza contro i deplorabili traviamenti di questo secolo, e noi andiamogli in soccorso con innalzare al Cielo ferventi preci per lui. Oh! lo feliciti Iddio, lo consoli, e lo conservi alla più tarda età!
Pregate per l’augusto nostro Re, Vittorio Emanuele II e per tutta la Sabauda Famiglia. Sparga il Signore soavi consolazioni sugli sposi, che allietarono testè la reggia ed il paese. Pregate pei Poteri dello Stato, acciocchè amino sempre la giustizia ed abborrano l’iniquità, giusta l’ammonizione del Beato Amedeo di Savoia.
Addio, o cari figli di S. Evasio. Con quel paterno affetto, con cui Giacobbe benediceva tutti i suoi figli, io impartisco a voi per l’ultima volta la pastorale benedizione nel nome del Padre, e del Figliuolo e dello Spirito Santo.
Casale, il giorno 6 di giugno 1867.
I MM. RR. signori Parochi si compiaceranno di leggere questa lettera in chiesa la prima domenica dopo che l’avranno ricevuta.