Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/33
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SENATO DELLA REPUBBLICA--------CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA
SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA
DEI CONSORZI AGRARI
RESOCONTO STENOGRAFICO
DELLA
SEDUTA DI GIOVEDÌ 2 MARZO 2000
Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI
I lavori hanno inizio alle ore 14,07.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Presidenza del presidente CIRAMI
Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. Prima di procedere all’audizione dell’avvocato Fontana, vi comunico che, in data odierna, la dottoressa Gabriella Delle Monache ci ha trasmesso copia del decreto del 15 febbraio 2000 emanato dal Ministro delle politiche agricole e forestali a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 410 del 1999, la quale - lo ricordo - abroga il decreto legislativo n. 1235 del 1948, sancisce lo scioglimento della Federconsorzi, ai sensi dell’articolo 2544 del codice civile, e prevede l’obbligo di presentare, entro sei mesi, il rendiconto delle passate gestioni di ammasso dei prodotti agricoli. Il decreto in questione, all’articolo 1, dispone la nomina del consigliere Giovanni Marrocco a commissario liquidatore, ai sensi dell’articolo 2544, comma 2, del codice civile, per curare gli adempimenti connessi alla definizione dei numerosi rapporti attivi e passivi intercorrenti tra la Fedit e l’Erario derivanti dalla rendicontazione non ancora definita delle gestioni di ammasso, mentre, all’articolo 2, prevede che la persona nominata possa essere coadiuvata da uno o più commissari liquidatori, alla cui designazione si provvederà con successivo provvedimento.
L’Ufficio di Presidenza, convocato al termine di questa seduta, valuterà la portata e le implicazioni di tale provvedimento.
Vi informo altresì che ieri il presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma ci ha trasmesso copia del decreto di ammissione e della sentenza di omologazione relativi alla procedura di concordato preventivo Agrifactoring, nonché del decreto del 4 luglio 1991 emanato dal tribunale per l’audizione delle parti nel concordato preventivo Federconsorzi, in calce al quale fu apposto il parere favorevole del pubblico ministero. Non è stata invece fornita adeguata risposta alla nostra richiesta di conoscere la data in cui gli atti relativi a tale procedura furono trasmessi all’ufficio del pubblico ministero per l’espressione del parere relativo alla omologazione del concordato preventivo (avvenuta con sentenza del 23 luglio 1992) e la data in cui essi furono restituiti.
Vi comunico, inoltre, che il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Perugia ha autorizzato la trasmissione, su supporto informatico, del fascicolo relativo al procedimento penale n. 975 del 1993 (Franceschini ed altri) riguardante la questione dei 92.000 vitelli.
Vi informo infine di aver richiesto, su indicazione del coordinatore del secondo gruppo di lavoro, all’Ufficio concessioni edilizie del comune di Roma, documentazione attestante l’attuale situazione urbanistica dell’azienda agricola "Il Pino".
Audizione dell’avvocato Gianni Angelo Fontana
PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all’audizione dell’avvocato Gianni Angelo Fontana, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.
Avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Qualora da parte dell’avvocato Fontana o di colleghi lo si ritenga opportuno, in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.
Preciso infine che dell’audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.
È a disposizione della Commissione l’intero cursus honorum relativo alla carriera dell’avvocato Fontana che, a partire dal 1972, ha ricoperto per varie legislature la carica di parlamentare, per ultima quella di senatore. È stato sottosegretario ai trasporti, ai lavori pubblici e all’industria. Oggi la nostra audizione lo vede interessato come Ministro dell’agricoltura dal 28 giugno 1992 al 22 marzo 1993.
Avvocato Fontana, durante il suo incarico di Ministro, con sentenza "introitata" il 23 luglio e depositata solo il 5 ottobre 1992, il tribunale di Roma omologò il concordato preventivo della Federconsorzi, affidando le funzioni di liquidatore del concordato alla stessa Fedit. Lo ricordo non solo per l’inquadramento storico, non potendo lei evidentemente riferirci nulla sulla decisione del tribunale, ma anche per introdurre il tema della cessione dei beni alla S.G.R. e, quindi, del piano Capaldo. Rammento che la proposta che va sotto il nome di piano Capaldo, fu presentata al tribunale di Roma il 27 maggio 1992, vale a dire prima del suo insediamento, anche se di essa si discusse fino alla fine del suo mandato. Ricordo ancora che il 20 luglio 1993, dopo che lei aveva lasciato l’incarico di Ministro al suo successore Alfredo Diana, il tribunale autorizzò la sottoscrizione dell’atto-quadro di cessione e che tale atto fu stipulato davanti al notaio Mariconda il 2 agosto 1993.
Data questa premessa le chiedo quale era la sua posizione rispetto al piano Capaldo.
FONTANA. Signor Presidente, lei ha ricordato - e vi ringrazio di avermi dato la possibilità di intervenire per esprimere la mia posizione sulla questione in merito alla quale questa Commissione già da tempo sta lavorando in maniera impegnativa e proficua - che quando ho giurato nelle mani del presidente della Repubblica Scalfaro, il tema della Federconsorzi era ormai incardinato in una certa procedura. Vi era già una strada tracciata.
Come voi ben sapete il ministro Goria circa un anno prima aveva commissariato la Fedit, la Federazione italiana dei consorzi agrari. Successivamente però erano stati nominati tre commissari. Quando fui nominato Ministro era stato da poco nominato un nuovo commissario governativo nella persona del dottor Piovano.
Le ricordo però, come lei ha già accennato, che c’era già stata la richiesta di ammissione alla procedura del concordato preventivo nel luglio del 1991, che venne poi convalidata dal tribunale con sentenza depositata nell’ottobre o nel novembre del 1992. Ricordo che in quel periodo la mia preoccupazione era prevalentemente quella di tentare di salvare il salvabile, per quanto rientrava nella mia competenza, perché erano già stati nominati il commissario governativo, un commissario giudiziale e un giudice delegato. Il mio ruolo era assolutamente secondario da questo punto di vista. La mia preoccupazione era, ripeto, quella di tentare di salvare il salvabile della tradizione e della capacità professionale esistenti all’interno della Fedit. In effetti, anche su sollecitazione del ministro del lavoro del tempo Cristofori, il problema più sentito era relativo al personale. Nell’ambito di alcune riunioni con il ministro Cristofori, con i rappresentanti delle varie organizzazioni agricole- la Coldiretti, la Confagricoltura e la CIA -, con il commissario Piovano si cercò di individuare una strada che consentisse di raggiungere gli obiettivi suddetti. Ricordo che, in questo quadro, la discussione verteva sul cosiddetto piano Capaldo finalizzato a costituire una società che acquisisse i beni immobili e i crediti della Fedit e che provvedesse direttamente alla realizzazione di una nuova realtà di settore. Per quanto mi riguarda, se non ricordo male, mi sembra di aver espresso in qualche occasione un parere favorevole su questo tipo di progetto, che veniva incontro all’obiettivo di ridurre le lungaggini della liquidazione, istituto per sua natura deputato ad affrontare singolarmente le diverse situazioni debitorie. Una vendita in blocco avrebbe consentito di ridurre i tempi e forse anche di realizzare in termini patrimoniali un risultato più positivo, ma non mi sono mai impegnato né in incontri né in colloqui finalizzati al raggiungimento di tale obiettivo.
Ricordo di aver incontrato il dottor Piovano subito dopo la mia nomina nel luglio del 1992, poi, in qualche altra occasione ufficiale e, infine, in qualche incontro con i rappresentanti delle grandi organizzazioni contadine. Si trattava comunque di un tema sul quale il Ministero ormai non svolgeva più alcun ruolo e sul quale non aveva possibilità di incidere realmente.
PRESIDENTE. Lei come giudicava, se ha potuto constatare questa divaricazione, la differenza tra il valore dei beni stimati e il prezzo offerto nel piano Capaldo? Si è parlato a lungo della divaricazione tra i 2.150 miliardi che furono consacrati nell’atto-quadro, nella cessio bonorum, e il valore stimato che superava i 4000 miliardi.
FONTANA. Questo non lo ricordo. Ricordo invece che mi espressi (non ricordo se con una specifica dichiarazione o nel corso di un dibattito o di una intervista) perché fosse operato uno sforzo da parte delle banche, e in generale dei creditori rappresentati dalla futura S.G.R. per arrivare ad una valutazione la più alta possibile. Se non ricordo male venne tra l’altro sollevata la difficoltà di una momentanea crisi del mercato immobiliare che avrebbe reso ardua la vendita dei beni al valore stimato. Quel che è certo è che con il professor Capaldo, che conosco e stimo, non mi sono mai intrattenuto su queste problematiche, ritenendo, per le ragioni più volte ribadite, che non fosse mio compito farlo. Poiché l’obiettivo era quello di cercare di risolvere la questione del personale e rilanciare, se possibile attraverso Agrisviluppo, un soggetto in grado di svolgere una funzione di coordinamento dei consorzi agrari, mi interessava che si chiudesse il più rapidamente possibile quella fase. Ecco perché espressi una preferenza per la soluzione che passò sotto il nome di piano Capaldo.
PRESIDENTE. Fu concordata con lei la linea portata avanti dal commissario governativo Piovano nei tre pareri favorevoli espressi per la cessione in massa dei beni della Federconsorzi?
FONTANA. Non so neanche di che tipo di pareri si tratti. In che periodo furono espressi ?
PRESIDENTE. Dal 5 al 23 febbraio 1993.
FONTANA. È possibile che il dottor Piovano me ne abbia parlato. Ricordo per certo di averlo incontrato prima delle festività natalizie.
PRESIDENTE. Non diede nessun consiglio, se fu richiesto, sulla convenienza della cessione in massa dei beni della Federconsorzi?
FONTANA. Tra la liquidazione dei beni uno per uno o la cessio bonorum ad una società che fosse in grado di chiudere in tempi rapidi il problema, mi sembrava che la seconda fosse la migliore soluzione. Non ricordo, però, cosa successe esattamente; è possibile che io ne abbia parlato con Piovano ma sono trascorsi otto anni.
PRESIDENTE. Non le fu chiesto espressamente di esprimere un parere?
FONTANA. No, mi pare di no.
PRESIDENTE. Potrebbe dirci qualcosa su questo progetto e, soprattutto, sugli esiti che ebbe l’utilizzazione della società Agrisviluppo per le preoccupazioni in ordine al personale da lei evidenziate?
FONTANA. Non credo di essere in grado di dare lumi alla Commissione su questo piano. Poiché la società Agrisviluppo già esisteva, si ipotizzava di utilizzarla. Ricordo anche l’occasione in cui si parlò di Agrisviluppo essendo collegata ad un incontro avuto a Verona, nella mia città.
PRESIDENTE. Era il 28 luglio 1992.
FONTANA. Sì; in occasione di un incontro - credo - con l’ISMEA concordai la linea dell’esistenza di Agrisviluppo con i dirigenti. L’idea di tale progetto nacque proprio in quella occasione.
PRESIDENTE. In quella circostanza sostenne l’abrogazione della legge del ’48, istitutiva della Federconsorzi?
FONTANA. Si; la rinascita doveva avere come conseguenza la possibilità di dare rappresentanza effettiva a tutte le componenti del mondo agricolo: la Fedit escludeva alcune importanti componenti politico-sindacali del mondo agricolo; vi era poi il tentativo di collegare, all’interno di Agrisviluppo, anche i protagonisti economici della trasformazione e della distribuzione. Era sicuramente un fatto acquisito che agricoltura significasse agrindustria, quindi oltre che produzione, trasformazione e distribuzione. Quindi, Agrisviluppo o, comunque, una nuova struttura che avesse la capacità di mettere insieme tutto il mondo della produzione agricola - e non solo quello che si era riconosciuto nel ’48 - e le rappresentanze della trasformazione e della distribuzione. Questo era l’obiettivo.
PRESIDENTE. Considerata la sua opinione secondo la quale occorreva chiudere la Federconsorzi, abrogandone la legge istitutiva, e stante un provvedimento formale quale quello del commissariamento della Fedit (dove veniva citato l’articolo n. 2544) che portava alla liquidazione della Federconsorzi, tale progetto rimase solo un suo intento o si adoperò perché si realizzasse; ed, in tal caso, quale opposizione ebbe ad incontrare? Se tutto questo fosse stato fatto attivamente ne deduco che avrebbe impedito la costituzione della S.G.R. e tutto ciò che ne è nato, tutte le diatribe e quant’altro. Quale è stato lo sviluppo dal punto di vista amministrativo della sua idea?
FONTANA. Cercai di fare di tutto sul piano politico tanto che predisponemmo una proposta di legge che pensavo di portare al Consiglio dei ministri dopo le vacanze natalizie. Ricordo che alcuni atti andavano decisamente in un certo senso: innanzitutto, vi era stata la convalida da parte del tribunale della omologazione del concordato. Questo è un discorso. Poi non ricordo bene, ma mi sembra che il comitato dei creditori insistesse per la soluzione "Capaldo", chiamiamola così.
PRESIDENTE. Questo, per riferire un’espressione di altri, mi "intriga", perché lei dice che ci fu insistenza da parte del comitato dei creditori, sappiamo chi erano e sappiamo quali creditori sono diventati i soggetti della società S.G.R.: il suo tentativo rimase frustrato da questa pressione del mondo creditore, delle banche, eccetera? Non ci fu sbocco alcuno? In che cosa si tradussero le pressioni?
FONTANA. Io parlo sempre di tentativo politico, ma non ci fu una banca, un direttore di banca che mi telefonasse o che premesse su di me perché non andasse avanti quel disegno. Non c’è stato questo.
PRESIDENTE. E allora, qual è stata la remora?
FONTANA. Voglio dire che non era nel mio potere fermare una linea che andava avanti, che era al di fuori del potere del Ministero, che era in mano al giudice delegato, ai commissari giudiziari, al comitato dei creditori, al commissario governativo.
PRESIDENTE. Se però fosse intervenuto un disegno di legge che in quel momento decideva di chiudere la Federconsorzi, anche il mondo giudiziario si sarebbe dovuto piegare e obbedire.
FONTANA. Il 22 di marzo ho ricevuto un’informazione di garanzia per violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti e il 22 stesso mi sono dimesso. Comunque, non ricordo i tempi in maniera precisa, non ho più le carte, ma il mio obiettivo e il mio sforzo politico erano finalizzati a cercare di ricostituire uno strumento che potesse salvare le capacità organizzative e professionali all’interno della Federconsorzi; che potesse risolvere, per quanto era possibile, il problema del personale, anche se su questo tema era prevalentemente impegnato il ministro Cristofori. A questo scopo cercai, per quanto era nella mia potestà (però ripeto il problema era ormai fuori dalle competenze del Ministero), di rilanciare Agrisviluppo.
PRESIDENTE. Dopo pochi giorni dalla sua cessazione dall’incarico di Ministro dell’agricoltura fu emanato il decreto-legge19 aprile 1993, n. 112, che aveva per oggetto la sistemazione delle gestioni dell’ammasso dei prodotti agricoli e delle campagne di commercializzazione del grano per gli anni 1962-1963 e 1963-1964. Il presidente del Consiglio allora era Amato, il ministro del tesoro Barucci.
Attesa la prossimità dei fatti le chiedo: il decreto-legge fu preparato durante il suo Ministero? Per quali ragioni tecniche e politiche?
FONTANA. La questione della gestione dell’ammasso era sempre presente in tutti gli incontri, perché la Fedit portava sempre tra le ragioni delle sue difficoltà questo tema, e quindi i soldi che erano stati anticipati. Però questa questione faceva capo al Tesoro, non al Ministero dell’agricoltura. In più occasioni avevo anch’io sollecitato il ministro Barucci, una volta a margine del Consiglio dei ministri e anche un’altra volta. Non era comunque un provvedimento che partiva dal Ministero dell’agricoltura, bensì dal Ministero del tesoro.
PRESIDENTE. Quindi lei non diede nessun apporto alla formulazione normativa di questo decreto-legge che poi non fu convertito?
FONTANA. No, sollecitai forse anche il presidente Amato perché si trattava di una questione sulla quale c’era una grande attenzione, c’erano attese importanti.
PRESIDENTE. Dopo quel periodo, avvocato Fontana, lei ha avuto modo di occuparsi ancora della questione Federconsorzi?
FONTANA. No, assolutamente no.
RUBINO Paolo. Signor Presidente, solo per far rilevare che l’impressione che ho avuto ascoltando l’avvocato Fontana, al di là del lapsus freudiano, è quella non di un Ministro della Repubblica italiana, anche se il Ministero dell’agricoltura in quel periodo aveva ancora un peso, ma di un Ministro che si trovasse lì per caso, di passaggio, ma che non incideva, non decideva e, soprattutto, non era curioso di sapere, di porsi degli interrogativi e di capire il perché. E’ vero che la storia non è nata con lei, però è continuata e se io devo firmare un atto, prima di firmarlo assumendo una decisione voglio ben capire di che cosa si tratta.
FONTANA. A quale atto si riferisce che io avrei firmato?
RUBINO Paolo. A tutta la gestione.
FONTANA. Sa quali atti firmavo io?
RUBINO Paolo. Il Presidente diceva giustamente che se lei subiva delle pressioni, delle sollecitazioni e non era convinto, poteva sempre proporre un disegno di legge, strumenti legislativi che potessero affermare la sua volontà, che non era convinto di quella storia, che c’erano punti che non capiva per cui non sarebbe andato avanti e avrebbe cercato di capire. Comunque lei ha parlato di pressioni dei creditori che subiva e poi ha detto che a marzo ebbe l’avviso di garanzia e se ne andò. Ora, le due cose possono stare insieme? Questo suo atteggiamento, questo suo modo di affrontare il problema e queste pressioni avevano maggior forza in quanto era già nell’aria quell’avviso di garanzia per cui c’era una situazione di non tranquillità tra un fatto e l’altro? Avendo lei, in brevissima successione temporale, parlato prima di queste pressioni che c’erano sul Ministero e poi del fatto che se ne è andato perché ha ricevuto l’avviso di garanzia, tale concomitanza ha potuto determinare una situazione di debolezza nell’affrontare questa questione?
FONTANA. Forse mi sono espresso male, ma credo di aver affermato in maniera chiara che non ho mai ricevuto alcuna pressione. Come ho già detto, nessun direttore di banca, nessuna rappresentanza, nessun potere forte mi ha mai telefonato per tentare di orientare la mia iniziativa. La strada era ormai incanalata. Erano già stati nominati un commissario governativo, un giudice delegato e un commissario liquidatore. Quindi il mio ruolo sugli atti relativi alla Federconsorzi gestiti dal commissario governativo era soltanto di vigilare su quelli di straordinaria amministrazione.
RUBINO Paolo. Avvocato Fontana, non stiamo parlando della crisi di un consorzio agrario di una città qualsiasi, rispetto alla quale certamente il Ministro non può impegnarsi, ma della Federconsorzi, una questione sulla quale nel Paese, in Parlamento e sulla stampa la discussione era molto forte. Sembra quasi che lei, nonostante fosse all’epoca Ministro, rispetto ad una questione di tale rilevanza non cercasse di capire o almeno di avere una posizione chiara. Lo ripeto, ho avuto l’impressione che lei si trovasse in quel Ministero solo di passaggio e che in realtà non avesse niente a che fare con tale vicenda.
FONTANA. Non riesco a capire il senso della sua domanda. Ho cercato di fare il Ministro nella maniera migliore possibile, almeno per quanto sono stato capace di fare. Per quanto riguarda il problema della Federconsorzi, ho cercato di capire quali fossero i problemi reali, oltre a quelli del personale, che non riguardavano ovviamente la procedura o gli atti, bensì soltanto la salvaguardia di quanto c’era stato di positivo in termini di professionalità e di storia della Federconsorzi. Su tale questione si svolsero più riunioni, una delle quali presso il Ministero del lavoro, insieme a tutte le rappresentanze sindacali e all’onorevole Cristofori che era comunque, sotto questo profilo, il ministro competente.
Per quanto riguarda il problema di ricostituire una struttura che riuscisse a coordinare almeno i consorzi agrari ancora in bonis, venne fatto il tentativo di rilanciare Agrisviluppo. A questo proposito misi in piedi un comitato di studio per predisporre un disegno di legge. Ricordo che ero anche pronto a presentare presso il Consiglio dei ministri tale provvedimento. Purtroppo fui costretto a dimettermi, ma all’epoca credo di aver rilasciato qualche dichiarazione in proposito.
PRESIDENTE. L’interpretazione sintetica di quanto è stato detto dall’onorevole Rubino ritengo sia la seguente. Sembra strano che il potere politico non prendesse spunto per dare una sterzata al sistema federconsortile, che lasciasse che le varie questioni venissero demandate all’azione dell’apparato giudiziario. Una volta stabilita la necessità dell’abrogazione della legge istitutiva della Federconsorzi, il potere politico rimase incurante di quanto poteva accadere in sede giudiziaria. In parole povere, poteva continuare ad essere così distratto rispetto ad una questione rilevante come quella relativa alla Federconsorzi ed abbandonarla alle aule del giudice fallimentare o ai commissari governativi?
Avvocato Fontana, abbiamo appreso che il Consiglio dei ministri non se ne interessava, i Ministeri non se ne interessavano, sostenendo che la Federconsorzi era un’organizzazione privatistica. C’era un mondo agricolo in subbuglio per questa vicenda e sembra quasi che il potere politico prenda le distanze. Le nostre domande mirano a capire come si siano effettivamente svolte queste vicende. Questo è il motivo delle nostre perplessità e l’insistenza che ci contraddistingue nel porre le domande.
MAGNALBÒ. Mi sembra di aver compreso perfettamente l’intera vicenda e anche la sua partecipazione ai fatti avvenuti. Per capire bene la situazione credo che sia necessario risalire a quella che fu la funzione storica della Fedit a partire dal 1948. Oggi stiamo affrontando in Senato l’istituzione della Commissione sulle vicende di "Tangentopoli", argomento direttamente collegato a quanto stiamo discutendo ora. Si trattava di un fenomeno che non poteva sfuggire al mondo politico. Sono d’accordo con lei sul fatto che queste problematiche venivano affrontate solo da un certo mondo politico perché diversi erano i ruoli, diverse erano le funzioni, diversi i gradi, le categorie e i livelli. Quindi, sono disposto a credere che lei non sapesse assolutamente nulla o non dovesse sapere assolutamente nulla della Federconsorzi.
Lei è sicuramente un uomo di alta estrazione sociale e quindi in grado di avere una forte capacità di valutazione. Come giudicava, ad esempio, questo impegno di Capaldo, che era al tempo stesso consulente della Fedit e suo maggiore creditore? Come fu valutato dal Ministero il fatto che questo patrimonio stimabile in 4.100 miliardi fosse passato per transazione, con un atto del tutto anomalo, alla S.G.R. per esattamente 2150 miliardi in modo da non incorrere furbescamente in quella che sarebbe stata una lesione ultra dimidium? Come giudicava, ad esempio, Barucci che era Ministro del tesoro, già presidente dell’ABI? Quest’ultimo veniva convocato dal Presidente del Consiglio per dare il suo parere sulla vicenda. Non le sembrava un modo di procedere che andava al di là dell’idea di correttezza propria dell’interpretazione dei vari ruoli? Non nasceva alcun sospetto che tutto avvenisse per un patto scellerato tendente ad affossare la Federconsorzi, a ricomprarla in un secondo momento e a lucrare più di 2 mila miliardi in barba al mondo agricolo?
FONTANA. Ricordo di aver sollecitato, attraverso qualche presa di posizione o durante interviste, che non saprei però in questo momento rintracciare, o durante alcuni convegni, un impegno da parte di questa costituenda società. Lo ripeto, nel marzo del 1992 non credo che si fosse ancora costituita la S.G.R. Era un discorso in fieri. Credo di aver sollecitato lo sforzo più grande possibile per arrivare ad una proposta che desse un valore adeguato al patrimonio della Federconsorzi. Questo lo ricordo perfettamente. Però non ho mai avuto un incontro con il professor Capaldo, nel senso che non ho mai partecipato né direttamente né indirettamente a questo tipo di operazione. Avendo fatto politica, conosco l’argomento ma non provengo dal mondo agricolo. Sicuramente su questo argomento ho esternato una posizione per cercare di realizzare, se questa doveva essere la soluzione, il valore più ampio e più adeguato possibile dei beni della Fedit.
Per quanto riguarda il resto, il mio obiettivo era politico; non si può, d’altronde, minimizzare il fatto che vi fosse una procedura in corso già da un anno; i pareri erano difformi in quel momento sul grosso shock avvenuto per il commissariamento della Federconsorzi. Sta di fatto che era già avvenuto; vi erano stati tre commissari, era subentrato il commissario Piovano, vi era un giudice delegato al fallimento, un comitato di creditori. Su tutta quella vicenda non vi era disattenzione ma ormai quella era una strada tracciata. Altro conto sarebbe stato - ma era un parere personale - se nel ’91 fosse stata utilizzata la legge Prodi.
VENETO Gaetano. Ha parlato della sua preoccupazione di salvare quello che rimaneva della Federconsorzi che, comunque, nel campo agricolo aveva fatto qualcosa di buono. E’ un discorso simile a quello della Cassa per il Mezzogiorno.
Vorrei porre una domanda a lei, ma relativa alla competenze di ogni Ministro in generale: ha mai avuto l’esatta dimensione del crac, pari a migliaia di miliardi, oppure la sua è stata soltanto una percezione? Il Governo o, comunque, l’autorità pubblica era o poteva essere in generale a conoscenza dell’indebitamento progressivo, pari ai 2000 o ai 5000 miliardi, di debito pubblico oppure sfuggiva alle sue competenze?
FONTANA. Quando, nel giugno 1992, diventai Ministro ricevetti il commissario governativo, dottor Piovano, con cui cercai di capire cosa era successo. Mi spiegò la vicenda e gli eventi così come si erano verificati. Mi spiegò cosa era avvenuto nel maggio dell’anno precedente e del commissariamento di Goria; mi feci dare la documentazione dei tre commissari nominati dal ministro Goria e cercai di capire perché era stato nominato lui. Sono comunque trascorsi otto anni; non posso ricordare tutto ma mi disse che vi erano state divergenze di opinione da parte dei tre amministratori sulla procedura seguita. Questi, quindi, si erano dimessi ed era stato nominato lui proprio poco prima che arrivassi, non so se nel giugno o nel maggio del 1992; mi disse che vi era un giudice delegato del tribunale e che era in corso un dibattito con il comitato dei creditori – questo già dai giornali lo si poteva conoscere - e che vi era questa iniziativa, definita piano Capaldo, finalizzata alla cessione in toto dei beni ad una società costituenda. Questo era un discorso sul quale non potevo intervenire non essendo più di mia competenza il processo attraverso il quale si era incamminata la Federconsorzi. Il mio tentativo era quello di salvare il salvabile in una nuova prospettiva. Da lì nacque l’idea di proporre Agrisviluppo, una società già esistente; è una idea che lanciai alla fine del mese di luglio 1992. Dopo la riunione alla fiera di Verona del 1992, il mio obiettivo era quello di ricomprendere in una nuova struttura tutte le componenti del mondo agricolo con il mondo della trasformazione e della distribuzione, attraverso l’istituzione di un comitato per la redazione di un disegno di legge che prevedesse tra l’altro l’abrogazione della legge del ’48.
Sulle questioni procedurali non potevo però fare niente perché non rientravano nelle mie competenze. Gli atti che firmavo riguardavano problemi di ordinaria amministrazione tipo contratti di locazione degli immobili dei consorzi agrari; per il resto, le questioni relative alla gestione venivano concordate dal commissario governativo e dal commissario giudiziale.
La gravità della situazione venutasi a creare a seguito del commissariamento, nella sua dimensione e complessità, mi era ben presente ed una sua positiva risoluzione mi stava molto a cuore. Soluzione che ero venuto individuando, nel senso su ricordato, anche attraverso confronti e scambi di opinione con il dottor Piovano, le strutture del ministero, il mio capo di gabinetto, presidente Calabrò, che aveva svolto il medesimo ruolo anche con il ministro Pandolfi.
PRESIDENTE. Devo registrare, avvocato Fontana, una confessione, cioè l’impotenza del potere politico a riprendere in mano l’intera questione lasciandola andare per i canali sui quali si era già instradata. Io leggo, dal quotidiano "Il Sole 24 Ore" del 26 settembre 1992, sull’inserto Finanza e mercati, il seguente titolo: "Dal Ministro dell’agricoltura un via libera istituzionale alla soluzione del caso Fedit. Disco verde di Fontana al piano Capaldo". Così è l’intestazione, quindi sembrerebbe che quella del piano Capaldo fosse una scelta alla quale il potere politico prestò il suo consenso. Per cui altre vie non furono tentate. Ma non mi può dire che il potere politico non era così forte o capace di riprendere in mano la situazione indipendentemente dalla questione che già si era incanalata per via giudiziale. Se già lei aveva prospettato la necessità dell’abrogazione della legge istitutiva della Fedit, politicamente c’erano gli strumenti normativi, ritengo, per poter trovare una soluzione di tipo diverso da quella già scelta e che fu avallata dal potere politico, come pare di leggere dalle cronache del tempo.
Se la sua opinione, come lei ci ha riferito, era quella della necessità di abrogare la legge del 1948, gli atti conseguenti sono quelli che mancano. Gli atti conseguenti veramente furono quelli dell’avallo del piano Capaldo, per cui di abrogazione non se ne poté parlare più e non se n’è più parlato. Lo si è fatto ultimamente con la legge che ha stanziato i 1000 miliardi a favore dei consorzi agrari, tra le altre cose prevedendo lo scioglimento della Fedit.
RUBINO Paolo. Continuo a non essere convinto di quello che dice l’avvocato Fontana. Non sono esperto di diritto né ho la sua lunga esperienza di Governo, ma mi pare che fosse sufficiente il parere negativo del commissario al piano Capaldo perché la questione si bloccasse, senza che ci fosse bisogno di leggi straordinarie. Quindi lei un potere lo aveva, ma ciò significa che evidentemente era d’accordo, basta dirlo. Lei era d’accordo con quella operazione, non può dire che non poteva fare niente, che era fuori del suo potere.
Lei, poi, ha introdotto un tema che è emerso dalle audizioni, da cui è venuto fuori che c’era uno scontro tra due correnti di pensiero: una vecchia, che si rifaceva alla Federconsorzi, e una nuova, di nuova politica agroalimentare che guardava avanti e Agrisviluppo era questo strumento nuovo. Ma che cosa era Agrisviluppo? Era la Fedit? Un progetto nuovo necessitava di "sangue fresco": chi era il finanziatore? E’ possibile saperlo? Altrimenti si volevano celebrare le nozze con i fichi secchi. Se si pensava ad un progetto nuovo, evidentemente c’era qualcuno disposto ad investire: chi era costui?
FONTANA. Da parte mia, come ho già detto, avevo individuato nella necessità di costruire uno strumento diverso, che tenesse conto anche delle presenze nuove che si erano affacciate e affermate nel mondo dell’agricoltura, e che erano state invece storicamente assenti dalla gestione dei consorzi agrari della Federconsorzi, il punto forte sul quale ricostruire o tentare di ricostruire la struttura portante della realtà agricola italiana. Però, ripeto, questo non era sufficiente, era indispensabile anche collegare questo mondo con quello dell’industria e della distribuzione. Era in quell’ambito e in quello bancario che io vedevo prevalentemente le risorse attraverso le quali si poteva costituire una struttura che, a livello centrale, potesse essere un punto di riferimento, di programmazione e di coordinamento delle iniziative dei consorzi agrari, rimpolpati dalle nuove partecipazioni che dovevano essere portate dai protagonisti nuovi del mondo produttivo agricolo.
RUBINO Paolo. Nel convegno lei dice che pensa ad una nuova agricoltura. Se vado verso un progetto vuol dire che so chi sono gli uomini, le banche e le industrie che intendono investire: chi sono costoro? A me interessa capire chi erano gli uomini disposti a mettere soldi.
FONTANA. Non si trattava di un problema che riguardasse il Ministro. Io avevo un progetto in testa. Quando penso al mondo della distribuzione penso alle grandi catene distributive, alla COOP, per esempio; quando penso al mondo della trasformazione penso, per esempio, alla Parmalat, dico solo dei nomi, ma non avevo parlato con nessuno di questi operatori per prospettare possibili ruoli nell’ipotizzato nuovo strumento.
Non ritengo, ripeto, che questo fosse un compito del ministro. Al potere politico continuo a pensare spettasse il compito di favorire la nascita di una struttura, all’interno della quale i diversi protagonisti della filiera agroindustriale potessero integrare i loro ruoli. Ciò non significa che nel corso di svariate occasioni di rincontro, anche a margine di impegni ufficiali, con i rappresentanti dei diversi settori dell’agricoltura non cogliessi l’opportunità di verificare la validità e la transitabilità del progetto ipotizzato; ma dalla ricerca di un confronto su una proposta, alla individuazione dei soggetti che l’avrebbero dovuta interpretare, passa una sensibile differenza.
MANCUSO. L’onorevole Fontana, nel periodo della mia presenza, ha ripetutamente sottolineato due cose: la prima si riferisce al suo intendimento di salvare il salvabile di quella situazione che già gli era nota come catastrofica; l’altra, in un certo modo logicamente antagonista rispetto a questa affermazione, per cui non si ritenne in sostanza neppure di investire il potere politico di questa situazione disastrosa, né inteso come forza politica e neppure come forza governativa. Allora il mio interrogativo è questo: come può essere accaduta una cosa del genere? Lei ha poi soggiunto che, malgrado questo grande interesse e la percezione precisa della situazione disastrosa in cui si trovava in sostanza non fece nulla di fattivo, non fece nulla di politico, non fece nulla in termini di azione governativa. Quindi tutto si sarebbe consumato nel suo foro interno. Sembra quasi che una persona sensibile alla realtà come lei, per una ragione o per l’altra non fosse in grado di affrontare la situazione. Trovo molto difficile colloquiare con persone che usano un linguaggio smozzicato, anche se devo ammettere che talvolta accade anche a noi. Lei è in grado di dirci qualcosa di tassativo in termini positivi, negativi o anche probabilistici su questa vicenda, purché il suo pensiero una volta per tutte sia per me percepibile? Non voglio mancarle di rispetto, però credo anche di agevolare il suo ruolo nel chiederle di rinunciare a qualche particolare e di dire piuttosto che non lo sa. Questo atteggiamento di adombrare e di fuggire nell’ombra per poi disarticolare il discorso parlando per verba generalia, signor Presidente, non vedo come sia produttivo per la nostra inchiesta.
FONTANA. La mia iniziativa si rivolse in termini concreti nel dar vita ad una commissione all’interno del Ministero.
RUBINO Paolo. Chi la presiedeva?
FONTANA. Mi pare che fosse il capo della mia segreteria tecnica, il dottor Pietro Pagliuca. Questa commissione aveva il compito di predisporre un disegno di legge finalizzato a dar vita ad un nuovo soggetto che nascesse sulle ceneri della Fedit, abrogando il decreto legislativo n.1235 del 1948 che aveva impedito in pratica la presenza nei consorzi agrari di tutte le espressioni del mondo agricolo. Si volevano recuperare in questa nuova struttura tutte le rappresentanze del mondo dell’agricoltura. Per l’impostazione che avevo adottato nel 1992, sentendo le diverse rappresentanze del mondo agricolo e quelle collegate ad esso - mi riferisco al mondo della trasformazione e della distribuzione -, l’intenzione era di garantire la possibilità di inserire tutti i rappresentanti delle varie realtà perché con il termine "agricoltura" si voleva intendere - oggi è una questione ormai acclarata e pacifica - mondo dell’agricoltura, mondo della trasformazione e mondo della distribuzione che, in una logica di coordinamento, avrebbero dovuto essere in stretti rapporti. A questo fine nominai una commissione che predisponesse un disegno di legge. Nel febbraio del 1993 - non ricordo se questa commissione fu istituita nell’ottobre o nel novembre del 1992 - il provvedimento era pronto tant’è vero che in un’intervista feci una dichiarazione in questo senso. Inoltre, preannuciai al Presidente Amato che avrei presentato un disegno di legge finalizzato alla riorganizzazione del mondo agricolo, ma in quei giorni io mi dimisi perché, ripeto, mi fu notificata un’informazione di garanzia per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti.
Onorevole Mancuso, ho cercato di fare qualcosa non solo nel mio pensiero, non solo nel foro interno, ma prendendo sotto questo aspetto una iniziativa concreta. Ovviamente non ero in grado di intervenire sugli aspetti che erano già stati predeterminati e che avevano una loro strada tracciata all’interno della quale il giudice delegato, il commissario giudiziale e quello governativo avevano un ruolo specifico.
All’interno della procedura già avviata il mio ruolo era, come più volte ribadito, marginale.
Sulla predisposizione del cosiddetto "piano Capaldo", come sbocco al commissariamento, non ho avuto - ritengo correttamente – parte, pur valutandolo positivamente.
Ho operato, senza riuscirci anche per l’esiguità del periodo di tempo trascorso al ministero, per rilanciare Agrisviluppo, come ho più volte ricordato.
PRESIDENTE. La ringrazio, avvocato Fontana, per la disponibilità dimostrata nel rispondere alle domande formulate dalla Commissione.
Dichiaro conclusa l’audizione odierna e rinvio il seguito dell’indagine ad altra seduta.
I lavori terminano alle 15,17.