Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/32

Audizione Cristofori

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SENATO DELLA REPUBBLICA-------------------------------------------------------- CAMERA DEI DEPUTATI


XIII LEGISLATURA COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI MARTEDI’ 29 FEBBRAIO 2000


Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI


I lavori hanno inizio alle ore 12,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Audizione del dottor Adolfo Cristofori.

PRESIDENTE. Prima di procedere all’audizione del dottor Adolfo Cristofori, vi informo di aver indirizzato al Presidente dell’ISVAP, professor Manghetti, richiesta di acquisizione della relazione ispettiva (e del relativo carteggio) del 1991 riguardante la società di assicurazione FATA spa. Vi informo altresì che, in data 24 febbraio 2000, un ex dipendente della Federconsorzi ci ha inviato una memoria contenente alcune riflessioni e valutazioni in ordine al dissesto della Fedit: copie di tale documento sono a vostra disposizione.

La Commissione procede oggi all’audizione del dottor Adolfo Cristofori, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.

Avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l’impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Qualora da parte del dottor Cristofori e di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l’impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Preciso infine che dell’audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione degli Atti parlamentari.

Ricordo che il dottor Cristofori ha ricoperto l’incarico di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dal 23 luglio 1989 al 27 giugno 1992.

Dottor Cristofori, svolgerò prima una premessa, quindi le farò delle domande affinché lei possa darci il suo contributo.

I fatti sui quali la Commissione sollecita i sui ricordi concernono la decisione di commissariare la Federconsorzi e quella successiva di richiedere la procedura di concordato preventivo. Ella, all’epoca dei fatti, era Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio ed uno dei principali collaboratori del presidente Andreotti. Inoltre, ci risulta che ella provenisse dalla Coldiretti e fosse candidato alla successione di Lobianco alla guida dell’organizzazione.

In considerazione di ciò riteniamo che lei possa fornire un apporto qualificato alla conoscenza dei fatti concernenti questa vicenda. Pertanto, vorremmo sapere se conosceva le condizioni reali della Federconsorzi e dei consorzi agrari nel periodo immediatamente precedente la crisi.

CRISTOFORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero prima di tutto rivolgere un saluto ai presenti, quindi descrivere brevemente l’attività da me svolta in passato.

Il 15 maggio 1968 sono stato eletto deputato per la prima volta. Precedentemente - facendo riferimento alle annotazioni del Presidente - ho svolto la mia attività giovanile nel mondo della Coldiretti, come esperto di problemi agricoli e come consulente. Ancora giovanissimo, ho collaborato attivamente all’elaborazione, sotto il profilo legislativo, del primo Piano verde.

In seguito mi sono interessato dei problemi della riforma agraria e della diffusione della proprietà contadina e gradualmente ho fatto una certa carriera - se così la vogliamo chiamare - nell’ambito dell’organizzazione. Oltre ad aver diretto varie commissioni nell’ambito della confederazione, sono stato direttore della federazione provinciale dei coltivatori diretti di Ferrara.

Ho lavorato nell’ambito della Coldiretti fino al 1973, esattamente per altri quattro anni dalla mia prima elezione in Parlamento, fino a quando fui nominato Sottosegretario al Ministero della sanità con una delega per la veterinaria. In quella circostanza, naturalmente, pur continuando a mantenere stretti legami con l’organizzazione, mi misi in aspettativa dedicando prevalentemente il mio tempo all’attività parlamentare e di Governo.

Tuttavia, conoscevo molto bene la situazione dei consorzi agrari, soprattutto di quelli provinciali. Forse conoscevo meno la situazione della Federconsorzi, ma avendo ricoperto importanti ruoli di consulenza, soprattutto nel settore ortofrutticolo e bieticolo, ero perfettamente al corrente dei suoi meccanismi di funzionamento.

Come ho appena detto, fui eletto al Parlamento nel 1968. Ho ripresentato la mia candidatura nel 1972 e, una volta eletto, ho fatto parte del Governo. Successivamente ho continuato la mia attività politico-parlamentare essendo rieletto per sette legislature consecutive, fino al 1992. Dopo quest’ultima elezione ho avuto l’incarico di Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Su indicazione del segretario del mio partito, che all’epoca era Forlani, e del presidente del mio Gruppo parlamentare, Gerardo Bianco, poco dopo la mia nomina a Ministro, mi sono dimesso dalla carica di deputato. In quel periodo, in considerazione delle responsabilità di Governo che si assumevano, era un bene liberarsi di qualunque immunità, essendo l’unico modo per dare credibilità alla propria azione politica.

Non ho ricoperto alcun incarico, onorifico o sotto forma di indennizzo, né nella Federconsorzi, né nel consorzio agrario di Ferrara. È necessario che lo spieghi, perché normalmente i dirigenti dell’Organizzazione dei coltivatori diretti entravano per lo meno nei consigli di amministrazione, ma io, che venivo dalla cooperazione ed ero stato presidente dell’Unione provinciale cooperative, sostenevo la tesi - che il senatore De Carolis conosce bene - di un’evoluzione del sistema verso forme cooperative.

Poiché nel corso della mia attività parlamentare ho più volte ricoperto la carica di Sottosegretario - alla sanità, all’industria, al lavoro - per essere nominato, infine, vice presidente vicario del Gruppo parlamentare della Democrazia Cristiana per un’intera legislatura, prima con Martinazzoli poi con Rognoni, ho dovuto, per forza di cose, allentare i miei rapporti con l’organizzazione, anche se professionalmente ho sempre sentito di appartenere a quel mondo.

Pertanto, ho continuato a svolgere la mia attività professionale di consulenza sui problemi agricoli europei, anche dopo essere uscito dalla Coldiretti, fino a quando ho maturato il diritto alla pensione come dirigente della Coldiretti. Ciò mi ha permesso di seguire attentamente le vicende agricole.

Al termine della mia esperienza di presidente della Commissione bilancio della Camera, fui nominato, il 23 luglio 1989, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, quando capo dell’Esecutivo era l’onorevole Andreotti con il quale durante la crisi avevo collaborato all’elaborazione del programma di Governo. Fui riconfermando in quella carica il 13 aprile 1991, durante il VII Governo Andreotti durato sino al 27 giugno 1992.

In relazione alle domande del Presidente e a quelle che i membri di questa Commissione d’inchiesta intendono rivolgermi, illustrerò ciò di cui sono a conoscenza. Naturalmente sono pronto a rispondere a tutte le domande che riterrete opportuno farmi.

Premetto che nel periodo in cui fui nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ero presidente di un’associazione nazionale di bieticoltori con sede a Ferrara. Si tratta di un’organizzazione ancora esistente e che all’epoca aveva legami con tutte le cooperative di servizio.

Quindi, sia pure dall’esterno, ho avuto modo di seguire i preoccupanti problemi che si delineavano per i consorzi agrari provinciali e per la stessa Federconsorzi. Quei problemi, a mio modo di vedere, erano dovuti principalmente a forti investimenti in patrimonio e a difficoltà economiche degli agricoltori. Tenete presente che in quegli anni gli agricoltori pagavano alle banche, e quindi ai consorzi agrari, tassi di interesse che andavano dal 14 al 18 per cento.

Si sono verificati - soprattutto negli anni che vanno dal 1985 al 1990 - fenomeni di avversità atmosferiche e di evoluzione delle colture, in particolare di alcune del settore ortofrutticolo, che dal punto di vista produttivo avevano un alto valore aggiunto e quindi incidevano in modo rilevante nel movimento della Federconsorzi. Da questo periodo di difficoltà e di grande trasformazione, anche di carattere colturale, derivò un grosso indebitamento dei coltivatori diretti. Ero consapevole delle difficoltà perché conoscevo questo ambiente che avevo sempre seguito da vicino, in particolar modo per quanto riguarda la mia provincia. Allora ero deputato e una parte dei miei voti veniva proprio dai coltivatori diretti. Una prova della mia conoscenza del settore è ad esempio il fatto che quando Lobianco rassegnò le sue dimissioni dalla presidenza della Coldiretti sui giornali correva voce che dovessi succedergli, anche se in verità non venni mai interpellato; in proposito tengo comunque a precisare che Lobianco era ed è un mio amico, e in secondo luogo che non avevo alcuna intenzione di succedergli anche perché la mia attività era ormai tutta rivolta alla vita politica.

Ebbene, ritornando al merito della questione posso assicurare che anche allora sostenevo la tesi che i consorzi agrari e la Federconsorzi si potessero tranquillamente salvare e non con degli aiuti economici, ma adottando il tipo di organizzazione della normale cooperazione, in tal senso riallacciandomi a quella che da sempre è stata una mia battaglia all’interno dei coltivatori diretti rispetto alla struttura dei consorzi agrari. Tuttavia questa scelta non è stata mai perseguita, innanzi tutto perché l’organizzazione era contraria, inoltre va considerato che la situazione era assai complessa dal momento che la Federconsorzi era gestita sia dalla rappresentanza della Coldiretti che dalla Confagricoltura.

In ogni caso, pur conoscendo perfettamente le difficoltà di quel settore, devo dire che fui molto meravigliato quando mi telefonò Lobianco - in quel momento ero sottosegretario alla Presidenza del consiglio – dicendomi di aver saputo che il ministro Goria intendeva commissariare la Federconsorzi. Lobianco aggiunse di ritenere che la cosa sembrava essere abbastanza imminente e quindi - dopo aver conferito con il presidente Andreotti, il quale non era al corrente della questione - mi feci carico di parlarne con il ministro Goria il quale mi confermò che, in base alla valutazione dei bilanci da lui effettuata – l’onorevole Goria era stato da poco nominato Ministro, forse solo il mese prima – e considerata la funzione vigilante del suo Ministero in questo ambito, fosse necessario procedere al commissariamento.

Dopo aver sondato la disponibilità del presidente Andreotti, chiesi al ministro Goria di partecipare ad un incontro presso la Presidenza del consiglio che il Ministro stesso fissò per il successivo 17 maggio, un giorno da ricordare, dal momento che a quella data ci accorgemmo che in realtà tutto era stato già deciso.

A quella riunione informale, che aveva carattere politico, parteciparono, oltre al sottoscritto, il presidente Andreotti che aderì al mio invito, il ministro Cirino Pomicino, l’allora segretario della Democrazia cristiana, onorevole Forlani, Lobianco e naturalmente il ministro Goria.

Promossi questo incontro perché credevo che quella presa dal ministro Goria non fosse una decisione definitiva ma che avesse ancora un carattere interlocutorio, impressione che sembrò essere confermata nel corso della riunione. Nel pomeriggio di quello stesso giorno seppi invece che la decisione era già definitiva, tanto è vero che aveva già avuto luogo una conferenza stampa e addirittura si era provveduto ad emanare il decreto.

Per quanto mi riguarda, sentii il dovere di prendere quella iniziativa perché ero consapevole dell’importanza del problema che aveva importanti risvolti sia dal punto di vista economico che politico. Per quanto riguarda il profilo politico, bisogna tenere presente che fino a quel momento - sia pure in modo molto diverso negli ultimi dieci anni dopo il Convegno di Montecatini - la Coltivatori diretti era stata un’organizzazione vicinissima alla Democrazia cristiana; dopo quel convegno Lobianco portò questa struttura in una condizione di autonomia reale ed effettiva sia rispetto al partito che all’azione del Governo.

Un altro aspetto che mi spinse a promuovere quell’incontro furono ragioni di carattere sociale, anche perché ovviamente immaginai che cosa sarebbe potuto succedere nelle campagne: a quella data, infatti, la situazione era già molto complessa considerate le difficoltà che vivevano i consorzi agrari e i gravi problemi di indebitamento degli agricoltori nei confronti dei consorzi.

Tutte queste considerazioni mi facevano ritenere che una decisione quale quella manifestata dal ministro Goria dovesse essere molto meditata. Come ho già detto, concordai con il Ministro un appuntamento per il 17 maggio e la riunione ebbe luogo nel salottino del presidente Andreotti, che si trovava vicino al suo studio ed era comunicante con l’aula del Consiglio dei ministri.

Ricordo molto bene quanto dichiarai nel corso di quell’incontro proprio per via delle mie preoccupazioni; il Ministro - come mi aveva già accennato per telefono - affermò che, a suo modo di vedere, essendo il suo un ministero vigilante, l’unica possibile e corretta iniziativa fosse quella di commissariare la Federconsorzi. Nel corso della riunione, tuttavia, Goria non menzionò i nomi dei commissari governativi, ma si limitò a dire che era sua intenzione nominarne tre. In proposito mi sembra di ricordare – ma potrei anche incorrere in qualche inesattezza – che il Ministro accennasse al fatto che uno dei tre non aveva ancora dato conferma; in ogni caso – ripeto - in quella occasione non fece assolutamente i nomi dei commissari.

Dal momento che ero stato io a convocare quella riunione, presi subito la parola esprimendo la mia contrarietà rispetto all’intenzione manifestata dal Ministro giacché ritenevo che occorresse aspettare prima di procedere ad un’iniziativa di quel genere. Infatti, dalla esposizione di Goria non era emersa la gravità della situazione tradotta in dati concreti o in numeri; ad esempio, non appariva una valutazione realistica della dimensione del patrimonio, anche se penso che il Ministro ne fosse al corrente visto che era in possesso dei bilanci, ma di fatto dalle sue parole non risultava. Inoltre non venivano considerati adeguatamente i molti crediti goduti dalla Federconsorzi nei confronti dello Stato.

Ero altresì venuto a conoscenza del fatto che il dottor Pellizzoni aveva presentato un piano di ristrutturazione e, avendo già avuto modo di conoscere il dottor Pellizzoni, sapevo che era un tecnico ed un manager di rilievo, una persona di cui avevo e continuo ad avere fiducia, tanto è vero che, quando il presidente Lobianco mi chiese informazioni su di lui, risposi che si trattava di una persona capace e in grado di affrontare seriamente i problemi.

Questo complesso di ragioni mi suggeriva quindi di manifestare al ministro Goria l’opportunità di aspettare prima di prendere drastiche decisioni e magari di nominare una commissione per valutare le iniziative che potevano essere prese in quei frangenti.

Torno a ripetere che mi preoccupavano molto gli effetti che si sarebbero potuti determinare nelle banche, effetti che poi purtroppo si verificarono. Tra l’altro, ero venuto a sapere, nell’ambito della Coldiretti, che non erano stati utilizzati tutti gli affidamenti che i consorzi avevano nelle banche e che quindi i consorzi potevano ottenere altri crediti considerato anche che non c’erano stati pignoramenti, né erano state effettuate azioni esecutive; qualche tempo prima - non ricordo esattamente quando - c’era stata una proposta di commissariamento di alcuni consorzi agrari. Quindi, non vedendone l’urgenza, ritenevo che la questione potesse essere affrontata con più calma.

Inoltre, il giorno prima avevo cercato il professor Capaldo, che conoscevo bene, per chiedergli - non ricordo se telefonicamente o di persona – come la pensava. Ricordo con sicurezza che egli era nettamente contrario al commissariamento. Egli riteneva che quella strada avrebbe condotto verso un cammino estremamente pericoloso sul piano economico. Parlando con lui mi convinsi che occorreva riflettere molto prima di arrivare al commissariamento.

Come ho già detto a quella riunione di Palazzo Chigi oltre a me parteciparono Cirino Pomicino, Forlani e il Presidente del Consiglio. Il primo espresse la sua contrarietà al commissariamento sostenendo la necessità di studiare un intervento legislativo che andasse incontro alle onerosità passive, soprattutto in considerazione delle difficoltà contingenti, essendo un periodo in cui il mondo agricolo aveva accumulato parecchi debiti; molti agricoltori, infatti, si erano indebitati con i consorzi agrari. Quindi affermò che il suo Ministero era disponibile ad un’operazione di quel tipo. Forlani non intervenne mai, forse perché conosceva già i fatti. Tuttavia appariva preoccupato dell’aspetto politico, probabilmente a causa della contrarietà di Lobianco.

Il Presidente del Consiglio prese atto di una decisione che sostanzialmente spettava al Ministro dell’agricoltura, il quale aveva accettato di intervenire rivendicando le sue responsabilità essendo posto a capo del Ministero vigilante. Il presidente Andreotti disse che, se gli elementi emersi non erano sufficienti a stabilire un’iniziativa particolare, doveva decidere il Ministro competente, al quale chiese se aveva sentito gli esponenti della Federconsorzi. Egli disse di non aver sentito nessuno, ribadì quindi che si trattava di una sua responsabilità e che disponeva di esperti nell’ambito del Ministero in grado di provvedere. Aggiunse, inoltre, che, se non avesse provveduto al commissariamento, sarebbe incorso in una responsabilità non solo di natura politica.

Al termine di questa riunione tenutasi al mattino, appresi dalle agenzie che era stata indetta una conferenza stampa e alla sera seppi che erano già stati nominati i tre commissari. Di questi, due, Cigliana e Locatelli, li avevo conosciuti in altre circostanze ma non avevo più avuto occasione d’incontrarli. Sapevo comunque che si trattava di validi esperti. Quanto all’altro - di cui non ricordo il nome - non avevo mai avuto alcun rapporto con lui. Il livello dei tre tecnici era sicuramente buono.

Dopo quell’episodio non mi sono più interessato, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, delle vicende successive, né sono stato mai stimolato ad interessarmene.

Mi occupai di nuovo della Federconsorzi come Ministro del lavoro per il problema del personale e in relazione all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Lo ricordo molto bene perché trascorsi un’intera notte, dalle sei del pomeriggio fino alle cinque della mattina dopo, per affrontare la questione che alla fine sistemammo piuttosto bene andando incontro alle richieste dei dipendenti.

Ricordo che quando uscii la mattina fui applaudito da numerosi operai e lavoratori in quanto avevo difeso i loro bisogni. Non ho assolutamente seguito le vicende successive della Federconsorzi.

Non ho altro da dichiarare, ma se da parte mia vi sono state delle involontarie omissioni e ci sono delle domande sarò lieto di rispondere.

PRESIDENTE. La ringrazio per l’ampia esposizione, ma poiché abbiamo necessità di entrare nello specifico, le rivolgeremo alcune domande su questioni delle quali in generale ha già parlato.

Questa Commissione sta ricostruendo ex post l’iter del commissariamento. Pare, infatti, che il ministro Goria non avesse parlato con nessuno della decisione di commissariare la Federconsorzi. Sembra quasi che si tratti di una decisione autonoma, presa senza preconsultazioni né con il Governo né con il suo partito; fatto questo - a quanto ci risulta – veramente insolito, visto il peso politico ed economico nel mondo agricolo della Federconsorzi. L’ipotesi di una decisione autonoma del Ministro, che non sentì la necessità di consultare il Governo in forma ufficiale, ci sembra azzardata.

Nel tentativo di dipanare la complicata matassa, le chiedo se personalmente, vista la sua perfetta conoscenza del mondo agricolo e della Federconsorzi per le funzioni da lei ricoperte in passato in questi settori, le giunsero mai allarmi dal mondo bancario.

CRISTOFORI. Mai. A me personalmente non giunsero mai voci di preoccupazioni da parte del mondo bancario.

PRESIDENTE. Vorrei sapere esattamente quanto tempo prima del commissariamento il ministro Goria gliene parlò. CRISTOFORI. Due giorni prima. Lobianco mi telefonò la settimana stessa del commissariamento, il giorno dopo telefonai al ministro Goria per chiedergli spiegazioni. Egli mi disse che avrebbe informato il Presidente ma che si trattava di una decisione immediata, da prendere nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. Come spiega l’urgenza espressa dal ministro Goria, dal momento che la cosa non era stata sollecitata dai creditori ufficiali della Federconsorzi, cioè dalle banche, le quali addirittura fino a qualche giorno prima del commissariamento avevano concesso crediti o si accingevano a farlo?

CRISTOFORI. Purtroppo il ministro Goria è morto ed è un problema delicato parlare di persone scomparse. Conoscevo il ministro Goria da molto tempo e riconosco che era una persona preparata e competente. Probabilmente, quindi, aveva in mano degli elementi che io non ero in grado di valutare.

Tuttavia in quel momento pensai che si trattasse di uno scoop finalizzato a lanciare un’iniziativa nuova in un mondo allora molto criticato, soprattutto dalle opposizioni. Quella fu la mia valutazione, tant’è vero che sostenni l’inopportunità di procedere al commissariamento senza disporre di una serie di elementi. Ma quando il Ministro disse che gli elementi erano sufficienti non mi rimase altro da fare che prenderne atto. D’altra parte, quando un Sottosegretario e un Ministro sconsigliano l’operazione, ma il Ministro competente decide di procedere ugualmente, bisogna semplicemente prendere atto della circostanza che egli ha piena autorità di agire.

PRESIDENTE. Dal momento che non vi erano motivi squisitamente economici e che non erano stati effettuati dei sequestri conservativi, né procedure d’esecuzione ed inoltre considerato che le banche non avevano manifestato alcuna particolare lamentela, ma anzi si accingevano a concedere ancora dei crediti, sono dell’avviso che fosse possibile riportare il tutto ad una decisione politica.

Da questo punto di vista, quindi, quando lei chiese spiegazioni circa il commissariamento, dalla risposta che le dette il Ministro era, a suo avviso, intuibile che l’obiettivo fosse quello di una liquidazione della Federconsorzi?

CRISTOFORI. Signor Presidente, il ministro Goria in proposito dichiarò semplicemente che non c’erano più delle condizioni contabili ammissibili per un Ministero vigilante e che quindi non intendeva assumersi alcuna responsabilità circa le eventuali conseguenze.

PRESIDENTE. Non è possibile che sull’intera situazione si aprisse invece uno scenario interno …

CRISTOFORI. Signor Presidente, la Coldiretti era contraria al commissariamento e dello stesso avviso era anche la Democrazia cristiana, anche se, ad onor del vero, in quel frangente l’onorevole Forlani non parlò.

PRESIDENTE. Non parlò perché non poteva farlo, o in quanto era consapevole della situazione e magari aveva dato il suo assenso preventivo a quella decisione?

CRISTOFORI. Non lo so, né sono in grado di giudicare. Avevo invitato l’onorevole Forlani perché ritenevo che appoggiasse l’iniziativa di Lobianco. In realtà, invece, la reazione dell’onorevole Forlani fu di prendere atto delle preoccupazioni manifestate dal ministro Goria; questo in sostanza è stato il suo atteggiamento.

PRESIDENTE. Nel merito quale è la sua opinione, ritiene che si trattasse solo di preoccupazioni di ordine contabile?

Vede, dottor Cristofori, la Commissione ha seguito un percorso, o meglio un’ipotesi di ragionamento in base alla quale tutto parrebbe avere inizio quando Lobianco decise di rendere autonoma la Coldiretti rispetto alla Democrazia cristiana. Questo aspetto, a suo avviso, avrebbe potuto suscitare delle gelosie, delle invidie tanto che ad un certo punto il ministro Goria - che era stato presidente del Consiglio e Ministro del tesoro e che quindi non credo fosse soddisfatto del suo incarico di Ministro dell’agricoltura che forse riteneva penalizzante - decise di dare quella che definirei tra virgolette "una spallata" al sistema?

Lei, dottor Cristofori, è stato un testimone del tempo e come tale credo che possa chiarire alcuni aspetti in merito a certi percorsi, anche di natura politica, ipotizzabili in uno scenario di quel tipo. Non penso che si tratti di pura fantascienza!

Infatti, se nessuno riesce a spiegarci questa decisione immotivata – anche perché ex post si è in grado di poter dire che le difficoltà di liquidità della Federconsorzi non erano tali da portarla ad una gestione fallimentare - significa che forse il ministro Goria prese delle decisioni che prescindevano dall’aspetto squisitamente contabile che lei, dottor Cristofori, in questo momento ci vuole rassegnare!

CRISTOFORI. Signor Presidente, per quanto mi riguarda vi ho riferito esattamente quelle che furono le dichiarazioni di Goria nel corso della riunione; mi rendo conto della vostra difficoltà a comprendere questa situazione, d’altra parte anche io fui molto stupito…

PRESIDENTE. Ma di fronte a questo stupore nessuno reagì in qualche modo, nessuno cercò di persuadere il Ministro a ricercare - ove fossero ipotizzabili - soluzioni alternative al commissariamento? Non è possibile immaginare che Goria si potesse semplicemente trincerare dietro la sua decisione!

CRISTOFORI. Però le cose quella mattina andarono proprio in questo modo.

PRESIDENTE. Mi chiedo come un Governo che vede crollare un sistema – nessuno infatti avrebbe potuto immaginare un esito diverso - con tutte le conseguenze di ordine sociale, oltre che economiche, che ne sarebbero derivate, possa non essersi posto degli interrogativi! Forse non era molto informato…

CRISTOFORI. Signor Presidente, secondo il ministro Goria tale sistema si sarebbe salvato.

PRESIDENTE. Il ministro Goria vi parlò di un’ipotesi di ristrutturazione, di un’alternativa al sistema?

CRISTOFORI. Lui disse che si poteva trovare, con uno strumento extragiudiziale, la possibilità di pervenire ad un accordo con i creditori e quando gli domandammo quali fossero le banche che facevano pressioni, il Ministro rispose che la situazione era tale che a breve sarebbe scoppiata e che quindi era meglio intervenire prima.

PRESIDENTE. Ma possibile che dei presenti alla riunione - che erano rispettivamente il segretario dello stesso partito a cui apparteneva Goria, il Presidente del consiglio anch’egli collega di partito del Ministro, il Ministro del bilancio e il presidente della Coldiretti – non ce ne fu nessuno che reagisse in maniera "violenta" di fronte ad un’ipotesi di commissariamento che avrebbe portato lo scompiglio sia nel sistema agricolo, sia in quello economico-finanziario, cosa che poi puntualmente si verificò?

CRISTOFORI. Signor Presidente, in quella circostanza affermai proprio le cose che lei ha detto, nonostante fossi sempre stato fuori dalla Federconsorzi e dai consorzi agrari proprio perché sostenevo la tesi che il sistema dovesse essere cambiato nella cooperazione.

Il ministro Goria in quella sede non manifestò le motivazioni di ordine politico, che io invece avevo portato, per quanto riguardava i nuovi assetti che avrebbero potuto essere realizzati, ma ribadì che la situazione così come era non poteva andare avanti.

PRESIDENTE. Quanto durò quella riunione?

CRISTOFORI. Circa un’ora e mezza.

PRESIDENTE. Dopo il commissariamento, a cui seguirono la vicenda giudiziale del concordato preventivo, le riunioni con le banche e quant’altro, secondo la stampa dell’epoca sarebbe stata avviata la cosiddetta "operazione dei banchieri" coordinata da lei unitamente al professor Capaldo e al professor Barucci, presidente dell’ABI, presso la sede della Democrazia cristiana a Piazza del Gesù. Queste notizie rispondono a verità?

CRISTOFORI. Si tratta di una balla. Tra l’altro, mi sembra di ricordare che all’epoca smentii anche un giornale che appunto riportava questa notizia. Infatti, dopo il commissariamento non mi sono più interessato di questa vicenda, né ho avuto contatti con le banche per fatti ad essa collegati. Forse anche il senatore De Carolis ricorderà che ho avuto modo di partecipare a tantissime riunioni presso l’ABI che avevano lo scopo di salvare alcune aziende in difficoltà - ad esempio l’azienda Maraldi - ma mai per la Federconsorzi; tra l’altro non credo che sarei stato la persona più adatta dato che erano note le mie opinioni sull’argomento.

PRESIDENTE. Lei non ebbe l’impressione che esistesse comunque un progetto preesistente, o comunque in itinere, rispetto alla decisione presa dal ministro Goria?

CRISTOFORI. No. Ho già precisato quale fosse stata la mia lettura della questione. Pur nel rispetto del ministro Goria che è morto, ritenevo che la sua decisione rappresentasse un modo politico per apparire l’iniziatore di un’epoca nuova. Infatti, rispetto alla Federconsorzi di battaglie politiche ne erano state condotte tante! Ripeto, credo che con la sua iniziativa il ministro Goria volesse dare questo segnale, decisione che penso fosse sorretta da tutta una serie di elementi, altrimenti sarebbe stato certamente molto grave da parte sua.

Torno comunque a ribadire che ero dell’opinione che non fosse quella la strada da percorrere.

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare del "piano Roveraro"?

CRISTOFORI. No, non conosco il dottor Roveraro, né ne ho sentito parlare direttamente. Ho letto al riguardo le notizie pubblicate sui giornali.

PRESIDENTE. In un appunto del commissario governativo, dottor Cigliana, datato 27 giugno 1991, quando era già in corso il tentativo di realizzare il "progetto Goria " relativo alla ristrutturazione - di cui lei ha affermato non sapere nulla o meglio di esserne venuto a conoscenza successivamente - si legge, riferendosi a lei: "Dice che bisogna concludere perché ci sono troppe incertezze. Raccomanda lo zuccherificio Castiglionese e la Massalombarda (che dice dovrebbe andare in amministrazione controllata). Chiede della Banca agricola di Ferrara che conviene debba andare alla Popolare di Verona".

Da questi appunti sembrerebbe quindi che lei in realtà seguisse la vicenda, magari solo per questi casi particolari.

CRISTOFORI. Ho saputo che la Banca di Ferrara era stata venduta, solo dalla stampa. Allora questa banca fu acquistata dalla Cassa di risparmio e non dalla Banca popolare di Verona.

PRESIDENTE. La mia domanda tendeva ad altro; dagli appunti di Cigliana, ripeto, risulterebbe che lei seguiva questa vicenda.

CRISTOFORI. Non seguii assolutamente la questione della Banca di Ferrara. Per quanto riguarda il resto posso dirle soltanto che può darsi mi sia interessato di zuccherifici anche perché, come ho già detto, sono stato il presidente di un’associazione bieticola.

Quali erano le due aziende in questione?


PRESIDENTE. Lo zuccherificio Castiglionese e la Massalombarda.

CRISTOFORI. No, non ho mai avuto modo di interessarmene.

PRESIDENTE. Le ho fatto questa domanda perché volevo sapere come mai si era interessato dello zuccherificio Castiglionese e della Massalombarda.

CRISTOFORI. Lo zuccherificio Castiglionese era di proprietà della Federconsorzi?

PRESIDENTE. Sì.

CRISTOFORI. Credo di essermi interessato della questione solo per conoscere la disponibilità di un importante agricoltore che in Toscana forniva la maggior parte delle bietole. C’era qualcuno che voleva chiudere la sua attività. Non ricordo nemmeno la data e il periodo, ma si trattava di un episodio totalmente distaccato dalla questione legata al lavoro di Cigliana.

PRESIDENTE. Da questo appunto di Cigliana del 27 giugno 1991, parrebbe invece che lei questa vicenda l’abbia seguita da vicino.

CRISTOFORI. Della Massalombarda non mi interessai. Della Castiglionese mi interessai solo per vedere se c’erano degli acquirenti dal momento che volevano chiuderla.

PRESIDENTE. Ci sono altre domande da parte dei colleghi sulla vicenda del post-commissariamento?

Quindi lei non ci sa dire chi scelse la via giudiziale del concordato preventivo?

CRISTOFORI. Mi dispiace, non le so dire nulla.

MAGNALBO’. Faccio una domanda alla quale l’onorevole Cristofori ha già risposto parzialmente. Risulta che, in data 5 giugno 1991, cioè successivamente al 17, il dottor Cristofori ricevette a Palazzo Chigi i dottori Barucci, per l’ABI, Ventriglia, per il Banco di Napoli, Capaldo, per il Banco di Santo Spirito, e Abis, come responsabile della DC, per parlare della liquidazione della Federconsorzi e per portare avanti l’ipotesi che poi si delineerà come piano Capaldo.

CRISTOFORI. Che ci sia stato un incontro a Palazzo Chigi non lo escludo, ma non con me. Mi ricordo solo un particolare, quello di aver smentito alcune notizie circa una riunione di esponenti della Democrazia Cristiana con i responsabili delle banche. Escludo al cento per cento un fatto del genere. Bisognerebbe sfogliare i giornali dell’epoca.

MAGNALBO’. Risulta anche che in quell’occasione il ministro Goria, che era in contrasto con le tendenze del suo partito, chiarì che il valore degli immobili della Federconsorzi ammontava a circa 8.600 miliardi in linea con quanto sostenuto da Fabbri e dal partito socialista.

CRISTOFORI. Comunque escludo che a livello di Presidenza del Consiglio tale questione sia stata affrontata. Se ascolterete in proposito il presidente Andreotti, non potrà che confermarvi ciò.

PRESIDENTE. Su una rassegna stampa dell’epoca leggiamo che sarebbe stato lei, qualche giorno prima, ad anticipare alla stampa la scelta del concordato preventivo.

CRISTOFORI. Quando è avvenuto il concordato preventivo?

PRESIDENTE. Nel luglio 1992.

CRISTOFORI. Lo escludo nel modo più assoluto. Non so se tra le chiacchiere dei giornalisti a Montecitorio si parlasse anche di queste cose, ma io lo escludo fermamente. Se avessi seguito la vicenda non avrei alcuna difficoltà a dirvelo, ma non sono in grado di aiutarvi.

DE CAROLIS. Lei fu nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 23 luglio 1989 – lo ricordo bene perché ebbi modo anch’io di giurare come Sottosegretario e ricordo che lei era accanto al Presidente Andreotti. In quel momento la vicenda della Federconsorzi assunse un’accelerazione improvvisa che la portò al commissariamento del 1991. Tuttavia, gli avvenimenti che condussero alla costituzione della S.G.R. erano iniziati prima. Quindi anche i motivi che hanno portato all’istituzione di questa Commissione d’inchiesta vanno ricercati indietro nel tempo.

Nel 1992, dunque, prese avvio la società di gestione recuperi, con procedure indubbiamente note.

CRISTOFORI. All’epoca ero al Ministero del lavoro.

DE CAROLIS. Al di là delle scadenze temporali - tutte ravvicinate e comprese tra il 1991 e il 1992 - lei ha fatto affermazioni importanti anche per il prosieguo dei nostri lavori. Infatti, tra i tanti teoremi - moltissimi giusti e appropriati, altri un po’ meno - che hanno portato i PM di Perugia a rinviare a giudizio una serie di persone, c’è quello secondo cui il professor Capaldo, insieme ad altre persone rinviate a giudizio, sarebbe stato tra gli ispiratori del commissariamento.

CRISTOFORI. Capaldo di sicuro non lo fu.

DE CAROLIS. All’interno di questa Commissione ho sempre sostenuto la tesi, che porterò avanti con estrema coerenza, secondo cui il ministro Goria commissariò la Federconsorzi prescindendo dalla volontà dei vertici della Democrazia Cristiana. Egli agì in tal modo per una serie di circostanze che ho già evidenziato.

Innanzitutto per il modo in cui era stato trattato dal suo partito quando aveva ricoperto la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri; quindi perché ritenne – e di ciò mi assumo la responsabilità avendo tuttora rapporti di amicizia con una serie di suoi collaboratori – che la nomina a Ministro dell’agricoltura fosse una penalizzazione rispetto alla quotazione che egli aveva nel team della Democrazia Cristiana.

Le chiedo pertanto di specificare meglio, a proposito della riunione a Palazzo Chigi cui lei ha fatto riferimento, se ad essa parteciparono solamente Pomicino, Lobianco, Forlani e Andreotti. In sostanza, è sicuro che non vi fosse anche il professor Capaldo, il quale, investito prima della questione, magari era stato chiamato ad esprimere un parere sugli intendimenti di Goria?


CRISTOFORI. Senatore De Carolis, il professor Capaldo non c’era. Ebbi comunque modo di interpellarlo prima della riunione perché nutrivo nei suoi confronti stima, fiducia e considerazione, inoltre sapevo che era al corrente della situazione interna della Federconsorzi.

Da quello che ricordo il professor Capaldo disse che quella decisione era una pazzia, che forse qualcuno aveva perso la testa dal momento che imboccare quella strada avrebbe portato al disastro. Ripeto, sotto questo profilo la contrarietà del professor Capaldo è fuori d’ogni dubbio.

Da parte mia riferii al ministro Goria di aver sentito il professor Capaldo e lo misi al corrente della sua opinione. Il Ministro mi rispose che non teneva conto di quelle cose e che a suo avviso sarebbe stato un grave errore non commissariare la Federconsorzi.

Per quanto riguarda le reazioni di Goria alla notizia del suo incarico come Ministro dell’agricoltura, posso dire che, essendo sottosegretario alla Presidenza del consiglio, partecipai alla formazione della lista dei ministri di quel Governo e mi sembra di ricordare che fu molto tribolata. Infatti, si era verificata in precedenza una piccola crisi risolta poi con un rimpasto reso necessario dall’uscita dei ministri della sinistra democristiana quando era all’esame del Senato la "legge Mammì"…

PRESIDENTE. Quindi tra la fine del 1990 e gli inizi del 1991.

CRISTOFORI. Ripeto, era stato fatto questo rimpasto ed io avevo collaborato con il presidente Andreotti per trovare dei ministri che definirei "provvisori". Dal rientro della sinistra democristiana ricordo che derivarono molti problemi perché furono avanzate una serie di richieste. Non sono in grado di dire come reagì Goria alla notizia del suo incarico, so solo che si determinò una situazione assai difficoltosa. Ricordo che il presidente Andreotti voleva a tutti i costi che nel Governo rientrasse l’onorevole Martinazzoli - lo dico perché sono stato in un partito che poi ha subito qualche scossone - Martinazzoli rispose positivamente alla richiesta da me avanzata a condizione però che gli fosse dato l’incarico di Ministro delle riforme istituzionali. L’onorevole Maccanico era all’epoca Ministro delle questioni regionali, e quando lo mandai a chiamare – ricordo che il suo studio era a Piazza della Minerva - e gli sottoposi il problema sottolineando la necessità che lui cedesse una parte delle sue deleghe, mi rispose che non era disponibile ad accettare la proposta. Da parte mia cercai di fargli capire che quello era l’unico modo per conciliare l’esigenza di rientro di Martinazzoli con la necessità di formare il Governo.

Ebbene, da questo problema derivò una vera e propria deflagrazione, tanto è vero che ricordo che il giorno dopo venne da me La Malfa ed in seguito si dimise anche Maccanico. Ripeto, la composizione di quella lista di Governo fu particolarmente difficile; quindi, non ci fu un’azione punitiva della segreteria del partito nei confronti di Goria, bensì l’adattamento di una situazione che aveva come antefatto la repentina uscita dal Governo di ben sette ministri e la previsione di un rientro, quello di Martinazzoli, che naturalmente complicava le cose, perché molti di coloro che erano entrati al posto dei sette Ministri non desideravano lasciare l’incarico.

In risposta alla domanda del senatore De Carolis, posso dire che non so se quella del ministro Goria fosse una reazione alla composizione del nuovo Governo. Per quanto mi riguarda, pur non escludendo che si potesse arrivare al commissariamento della Federconsorzi, ritenevo comunque che, prima di addivenire ad un passo del genere, fosse necessario esperire tutti i tentativi possibili per porre rimedio alla situazione, proprio in considerazione degli effetti negativi che si sarebbero potuti determinare sotto il profilo sociale ed economico.

MAGNALBO’. Il professor Capaldo era contrario al commissariamento? Visto che era un consulente, vorrei conoscere quale fosse la sua posizione?

CRISTOFORI. Il professor Capaldo sosteneva che fosse possibile una soluzione - in quei giorni correva voce che avesse predisposto un piano, ma non so se fosse vero – e da quanto mi riferì non pensava tanto ad interventi di spesa pubblica, ma a radicali interventi di ristrutturazione dell’organizzazione da effettuare in tempi brevi.

MAGNALBO’. Perché lui probabilmente avrebbe governato le banche, aspetto che Goria…

CRISTOFORI. Certamente il professor Capaldo era una personalità che aveva un’influenza notevole sulle banche. Il professor Capaldo - ripeto - non pensava ad interventi pubblici anche perché ogni giorno la stampa dell’epoca riportava dichiarazioni del presidente Andreotti che segnalavano l’esistenza di un ingente debito pubblico e quindi la necessità di intervenire. Quello, tra l’altro fu il primo anno - era Ministro del tesoro Cirino Pomicino e il dottor Monorchio era ragioniere generale dello Stato - in cui attraverso un intervento sulla finanziaria si riuscì ad ottenere un avanzo primario nel bilancio anche se non so se questo obiettivo venne poi raggiunto nel corso dell’anno. Fu comunque il primo tentativo di invertire la tendenza in atto.

MAGNALBO’. Forse si potrebbe concludere questa audizione con una battuta che ricalca un po’ lo stile del presidente Andreotti e cioè che, in base alle parole del dottor Cristofori, la Fedit sarebbe finita nel modo che tutti conosciamo per il maltempo, per le avversità atmosferiche…

CRISTOFORI. Non ho affermato questo. Ho detto che il ministro Cirino Pomicino per andare incontro alle difficoltà finanziarie in cui si trovavano la Federconsorzi ed i consorzi agrari aveva dichiarato la sua disponibilità a studiare un provvedimento al fine di mettere riparo alle onerosità passive che gravavano sulla Federconsorzi e sui consorzi agrari.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Cristofori per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l’audizione.

La Commissione tornerà a riunirsi giovedì 2 marzo 2000 alle ore 14, per procedere all’audizione dell’avvocato Gianni Angelo Fontana, già ministro dell’Agricoltura dal 28 giugno 1992 al 22 marzo 1993.

I lavori hanno termine alle ore 13,10.