Colonizzare la noosfera/Proprietà noosferica e etologia del territorio
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Traduzione dall'inglese di Bernardo Parrella (1999)
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Per meglio comprendere le conseguenze relative alle convenzioni sulla proprietà, ci sarà d’aiuto considerarle ancora da un’ulteriore angolo visuale: quello dell’etologia animale, in particolare l’etologia del territorio.
La proprietà è un’astrazione delle territorialità del regno animale, evolutasi a riduzione della violenza intra-specie. Contrassegnando i propri confini, e rispettando quelli degli altri, un lupo diminuisce le probabilità di essere coinvolto in una zuffa da cui potrebbe uscire indebolito (o finanche ucciso), sminuendo così le proprie capacità riproduttive.
Allo stesso modo, la funzione della proprietà nelle società umane è quella di prevenire i conflitti inter-umani stabilendo quei confini che separano con chiarezza i comportamenti pacifici dalle aggressioni. Talvolta appare corretto descrivere la proprietà umana come una convenzione sociale arbitraria, ma avremmo imboccato una strada senz’uscita. Chiunque abbia mai avuto un cane che abbaiava agli estranei che si avvicinavano alla proprietà del padrone, ha sperimentato la continuità tra la territorialità animale e la proprietà umana. Su questo i cugini addomesticati del lupo sono istintivamente più intelligenti di molti buoni teorici politici.
L’affermazione della proprietà (come la definizione del territorio) è un atto che viene reso manifesto, un modo di dichiarare i confini che saranno difesi. Il sostegno della comunità all’affermazione della proprietà rappresenta una maniera di minimizzare la frizione e massimizzare i comportamenti cooperativi. Tutto ciò rimane vero pur quando “l’affermazione della proprietà” appare molto più astratta di una rete di recinzione o dell’abbaiare di un cane, perfino quando si tratta soltanto della presa di posizione di chi si occupa del mantenimento di un progetto nel file README. Si tratta pur sempre di un’astrazione della territorialità, e (al pari di altre forme di proprietà) i nostri modelli di proprietà basati sull’istinto non sono altro che l’evoluzione di quelli territoriali, il cui scopo rimane quello di favorire la risoluzione dei conflitti.
Ad una prima occhiata, quest’analisi etologica sembra molto astratta e difficile da collegare al comportamento concreto degli hacker. Ma presenta alcuni risvolti importanti. Uno sta nella spiegazione della popolarità acquisita dai siti sul World Wide Web, e soprattutto nel perché i progetti open source dotati di siti Web appaiono molto più “reali” e sostanziali di quelli che ne sono sprovvisti.
Considerato in maniera oggettiva, ciò sembra difficile da spiegare. Paragonata alle energie necessarie per lanciare e mantenere un programma anche piccolo, una pagina Web è qualcosa di semplice; risulta pertanto fuori luogo considerarla prova evidente di sforzi insoliti o sostanziali.
Neppure le caratteristiche funzionali del Web costituiscono una spiegazione sufficiente. Le funzionalità comunicative di una pagina Web possono essere ugualmente, o anche in maniera più efficace, attivate tramite la combinazione di un sito FTP, una mailing list, e l’inserimento di testi su Usenet. In realtà è piuttosto insolito che le comunicazioni di routine di un progetto avvengano tramite il Web anziché via mailing list o newsgroup. Perché, allora, la popolarità dei siti Web come dimora, “home”, dei progetti?
È l’implicita metafora del termine “home page” a fornire un primo importante suggerimento. Mentre l’avvio di un progetto open source rappresenta un’affermazione territoriale nella noosfera (e tale riconosciuta dalle convenzioni), sul piano psicologico non risulta terribilmente avvincente. Dopo tutto, il software non dimora in luoghi naturali ed è riproducibile all’istante. E se è assimilabile alle nozioni istintive di “territorio” e “proprietà”, ciò avviene soltanto dopo non pochi sforzi.
Un progetto su una home page dà concretezza all’insediamento astratto nello spazio dei possibili programmi, esprimendo come “home” quel territorio all’interno del regno suddiviso in spazi rappresentato dal World Wide Web. Il fatto di scendere dalla noosfera al “cyberspazio”, non ci fa ancora raggiungere il mondo reale delle reti di recinzioni e dei cani cha abbaiano, ma aggancia in maniera più sicura l’astratta affermazione di proprietà al nostro atto istintivo di recintare il territorio. Ecco perché i progetti dotati di pagine Web appaiono più “reali.”
Inoltre, una tale analisi etologica ci incoraggia a guardare più da vicino quei meccanismi atti alla gestione dei conflitti all’interno della cultura open source. Da quanto esposto, potremmo attenderci che, insieme alla massimizzazione degli incentivi per la reputazione, le abitudini relative alla proprietà debbano rivestire un ruolo importante anche nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti.