Colonizzare la noosfera/Diritti di proprietà e incentivi per la reputazione
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Traduzione dall'inglese di Bernardo Parrella (1999)
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Ci troviamo ora nella posizione di portare tutte le analisi precedenti verso un contesto più generale sulle convenzioni sul tema della proprietà per come viene intesa tra gli hacker. Adesso siamo in grado di comprendere quali siano i proventi derivanti dalla colonizzazione della noosfera; si tratta della reputazione dei colleghi all’interno della cultura del dono propria degli hacker, con tutti gli effetti collaterali e le acquisizioni secondarie che ciò comporta.
Per quest’ulteriore passaggio, possiamo considerare le consuetudini relative alla proprietà nel regno degli hacker – simili alle concezioni di Locke – come uno strumento per massimizzare gli incentivi della reputazione; per assicurarsi cioè che i riconoscimenti collettivi vadano laddove siano dovuti e non altrove.
Alla luce di una tale analisi, i tre tabù che abbiamo evidenziato in precedenza rivestono un significato preciso. La reputazione di una persona può essere ingiustamente danneggiata se qualcun altro si appropria indebitamente del suo lavoro, o lo manomette; i seguenti tabù (e le relative convenzioni) tentano di prevenire proprio questo:.
- La divaricazione dei progetti è negativa perché espone i collaboratori precedenti al rischio di perdita della reputazione, rischio che può essere controllato soltanto qualora essi siano contemporaneamente attivi in entrambi i progetti derivanti dalla scissione. (Situazione che in genere risulta troppo confusa o difficile da gestire).
- La distribuzione di “patch” volanti (o, molto peggio, di binari volanti) espone i proprietari al rischio dell’ingiusta perdita di reputazione Anche se il codice ufficiale risulta perfetto, i proprietari subiranno rimproveri per i bug presenti nelle “patch” (vedi però [RP]).
- Cancellare surrettiziamente il nome di qualcuno da un progetto, nel contesto culturale, è uno dei crimini più gravi. Significa rubare il dono della vittima per poi offrirlo alla comunità come si trattasse di quello del ladro.
Tutti e tre questi comportamenti tabù arrecano danni globali alla comunità open source e locali alle vittime specifiche. Implicitamente danneggiano l’intera comunità facendo diminuire la percezione, da parte di ogni potenziale collaboratore, che regalando i frutti del proprio lavoro si verrà ricompensati.
È importante notare come esistano possibili spiegazioni alternative per due di questi tre tabù.
Primo, spesso gli hacker motivano l’antipatia per la scissione dei progetti lamentando l’inutile duplicazione di lavoro che ciò porterebbe, con i progetti figliati che finirebbero per seguire un’evoluzione futura più o meno parallela. Si potrebbe inoltre osservare che la biforcazione tende a dividere la comunità dei co-sviluppatori, lasciando entrambi i progetti figliati con un minor numero di cervelli da utilizzare rispetto al progetto-madre.
Qualcuno ha replicato sottolineando come sia insolito per più di un progetto derivante dalla scissione sopravvivere a lungo con una significativa “quota di mercato”. Ciò rafforza l’incentivo a partecipare ed evitare le biforcazioni per tutte le entità coinvolte, perché è troppo difficile sapere in anticipo chi si troverà dalla parte dei perdenti per vedere così gran parte del proprio lavoro scomparire o languire nell’oscurità.
Le “patch” volanti non sono gradite perché possono complicare enormemente la ricerca dei bug, aumentando così il lavoro di chi ha l’incarico della manutenzione del progetto, persone che generalmente hanno già il loro gran daffare per scovare i propri errori.
Esiste una notevole dose di verità in tali spiegazioni, e certamente servono da rinforzo per la logica della proprietà in stile Locke. Ma pur se intellettualmente attraenti, esse non riescono a spiegare perché dovrebbe trapelare così tanta emotività e territorialità nelle rare occasioni in cui un tabù viene infranto o alterato – non soltanto dalle parti offese, bensì anche da passanti e osservatori che spesso reagiscono piuttosto duramente. Le preoccupazioni a sangue freddo sulla duplicazione del lavoro e sui problemi per la manutenzione semplicemente non possono spiegare a sufficienza tali comportamenti.
Eccoci infine al terzo tabù. È difficile immaginare cos’altro possa motivarlo se non l’analisi sul gioco della reputazione enunciata sopra. Il fatto che raramente questo tabù venga considerato appena qualcosa in più dell’affermazione “non sarebbe giusto”, è a suo modo rivelatore, come vedremo nella sezione che segue.