Ciceruacchio e Don Pirlone/Documenti/XCIII

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Documento N. XCIII. *1

Eccellenza,

Giunte le Legioni romane in Bologna, dov’ebbero un’accoglienza che impossibil cosa sarebbe descrivere, crediamo nostro dovere di dirigerci all’Eccellenza vostra per informarla con ogni precisione dello stato morale [p. 526 modifica]del Corpo civico mobilizzato, delle opinioni e delle tendenze prevalenti, alle quali partecipiamo, e cioè ci sentiamo in grado di dare una direziona E 80I0 dello stato morale ci fermiamo a parlare, perchè l’Eccellenza vostra comprende più di ogni altro che il contingente della Civica che Sua Santità si è degnato consentire alla lega, può, messo in opera, avere forza grandissima, ma questa è indivisibile dalla sua moral condizione.

Siamo partiti da Roma, e ci manteniamo in questa opinione che il nostro amatissimo Sovrano, nell’alta sua qualità, sia il supremo moderatore della lega italiana, e Carlo Alberto il principale organo d*azione, o, per usare delle sue stesse parole, la spada di Pio IX, quindi generale in capo delle forze che devono cooperare all’indipendenza italiana, affine di concentrare il potere dell’azione militare in una sola mano. Le convenienze della Lombardia debbono tacere innanzi a questa imperiosa necessità^ ed il Veneto, troppo esposto, non può non sentirla anch’egli nella guerra che sembra prepararsi lunga. Noi diciam questo senza temere la taccia di soverchia deferenza al re Carlo Alberto, perchè siamo sicuri che la supremazia politica di Pio IK non può venire in alcun modo depressa e perchè d’altra parte veggiamo che l’azione di forze separate e indebolite ci farebbe ritornare alle passate sventure, e chiamerebbe un’intervenzione francese, flagello da temersi anche più delle barbarie tedesche.

Napoli e la Toscana, colla parola aperta dei loro Sovrani, hanno lealmente dichiarato di dare il loro contingente di forze alla causa di Lombardia, e il Governo toscano, nell’atto di far varcare il Po alle sue truppe, le ha messe sotto il comando di colui, nelle cui mani è concentrato il potere esecutivo militare (re Carlo Alberto). Il nostro adorato Pontefice ha dato a tutto questo movimento il nome ed il vigore d’una crociata, e resa sacra la guerra, le ha dato quell’elemento che la rende invincibile; ma lo slancio dell’opinione potrebbe affievolirsi invece di crescere, com’è necessario, se nel momento più decisivo, che è quello di passare il Po, non ricevesse una solenne sanzione dal Pontefice con alcune di quelle parole che decidono della sorte dei popoli. Intanto, bisogna dirlo chiaro, il nostro Governo, che moralmente ha contribuito più degli altri (mentre ogni cosa si è fatta nel nome di Roma), è poi rimasto inferiore agli altri nella solennità delle positive dichiarazioni, per modo che a taluno potrebbe parere che, per parte sua, non vi fosse se non una tolleranza. Nè è da credere che ciò faccia con plausibili ragioni, per la sua natura contraria alla guerra, mentre questa non può definirsi guerra coll’Austria, ma cooperazione alla lega italiana. E se il pensiero delle conseguenze ritenesse il Governo da questa solenne dichiarazione, bisogna pensare che essendovi il fatto, le conseguenze sarebbero le medesime, colla sola differenza che l’azione accadendo più fredda, sconnessa e debole, si preparerebbe una gran ruina alle cose nostre ed al nostro adorato Principe.

Per quanto dunque noi sentiamo la necessità, passando la linea del Po, di sottoporsi agli ordini di re Carlo Alberto, per tutto ciò che è piano di campagna, vorremmo però che l’esercito pontificio potesse agire unito e compatto sopra un punto determinato. Questo vorrebbe e il decoro delle armi che impugniamo, e l’ardente desiderio che invade tutti i Cuori di aprire una pagina militare nella storia di un popolo circoscritto finora alla toga.

Se le due Divisioni composte, la prima di tutta truppa di linea, la seconda di tutti giovani volonterosi, non avvezzi però ancora al mestiere dell’armi, potessero frammischiarsi fra loro ed agire insieme, in guisa cheTesto piccolo [p. 527 modifica]l’esperienza degli uni conducesse l’ardore cieco degli altri, e quelli s’infiammassero alla febbre della indipendenza che consuma questi, noi avremmo un esercito di meglio che 15 mila uomini, provveduto in parte e di artiglieria e di cavalleria, sufficiente a sé stesso per agire nelle pianure del Veneto.

Siamo informati però, con molta nostra sorpresa, dalla pubblica voce in Bologna che tutta la prima Divisione di linea portando seco tutte le armi accessorie abbia passato il Po, dirigendosi a sinistra nella direzione di Mantova, mentre la nostra Divisione, abbandonata a sé stessa, senza artiglieria e cavalleria, debbe penetrare nel Veneto ed agire isolata. Noi non possiamo credere a questa voce; altrimenti alla fiducia succederebbe la diffidenza, all’entusiasmo lo scoraggiamento, alla organizzazione fatta fin qui una completa disorganizzazione.

Noi nutriamo fiducia che tutto l’esercito pontificio, unendo insieme i reggimenti di linea con quelli delle nostre giovani truppe, possa agire unito e compatto, come vuole il mestiere dell’armi, sopra un punto determinato.

Interessiamo dunque vivamente il conosciuto suo amor patrio ad adoperarsi presso Sua Santità, acciocché noi passiamo la linea del Po, come si è detto di sopra, mercè un atto solenne di Pio IX, che aggiunga a noi e alla causa italiana tutto il valore morale della sua benedizione, anche acciò vegga il mondo che noi intendiamo di essere i sostenitori, non di particolari frazioni d’Italia, ma della sua unità, della sua iidipendenza, della sua libera azione dallo straniero.

Aspettando con sollecitudine suo favorevole riscontro abbiamo l’onore di segnarci

Della E. V.

Devotissimi servitori
Natale Del Grande, colonnello
Marchese Patrizi, id.
G. Gallieno, tenente-colonnello
P. De Angelis, id.
B. Galletti, id.
Angelo Tittoni, id.
Antonio Cesarei, maggiore.
Carpegna Filippo, id.
Agneni Eugenio, id.
Ercole Morelli, id.
Roselli Pietro, id.


A S. E. il signor principe Aldobrandini.

Ministro della guerra.


Note

  1. Dalle Buste della miscellanea politica ecc. Busta 24, Copertina 138. Questa importantissima lettera, diretta dagli Ufficiali superiori delle Legioni romane al Ministro della guerra, già pubblicata dal Montecchi e che è cosi importante, manca di data. Evidentemente essa è stata scritta e sottoscritta fra il 20 l’il 22 aprile a Bologna.