Canzone sopra la vittoria seguita contra l'armata Turchesca/Di M. Vincenzo Marostica
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DI M. VICENZO MAROSTICA.
D’Aletto, èrri se ad Adria far quelle onte
Speri, che festi intorno a Laocoonte,
Perche ella è palla, et non è in lei peccato.
5Se forse anco qual Eva hai destinato
Di farla declinar dall’orizonte
Del paradiso, in van sudi la fronte,
Che secco, e nudo è l’albero vietato.
Se innovar d’Euridice la sventura
10Credi, sia al tuo velen la rabbia spenta,
Perche Vinegia è una donzella pura,
Che nel virgineo suo grembo addormenta
Gli almi Unicorni, onde in lei la paura
Del tosco paventoso ardir diventa.
Che Laocoonte uccise, Eva deluse,
Et Euridice in sepoltura chiuse
Divota al Ciel le braccia alzò, et la mente,
E invocando di cor Christo humilmente
20Per conculcarlo, il suo velen confuse,
Fiaccolli i denti, e ’l capo gli contuse,
E fe il suo cuoio à Dio trofeo pendente.
Onde hor sublime, e pendulo nel tempio
Qual cocodrillo, che d’Egitto viene
25Ad ammirarsi il Christianesmo tira.
E i Demoni per dar più atroci pene
Al dorso di Maumeth nefando et empio
Fan delle spine horribil sferza, e dira.
30Con portentosa face
Tolta a i fuochi de i rogi esitiali,
Mai non andaro al suo splendor vagando
Sogni eletti, et di bella inventione,
Ne s’udiro cantando
35Annunciar volanti
Angioli gloria a Dio, e in terra pace
Agl’huomini di buona intentione,
Ma le sue infauste notti hebbero in pronto
Sempre squadroni di larve avernali,
40E fur solo propitie a spirti erranti;
E a infami strigi, ch’asciugaro il sangue
Di tenerelli infanti,
Et adverse al battesmo
Imagini gettaro,
45Et sol sperimentaro
Malie da fascinar il Christianesmo,
Si che tra i denti mormorando suoni
D’illiciti sermoni
Con atti, et sguardi fieri
50Parean lo squammoso angue,
Che gia produsse Lerna,
Che sibilando andasse,
E l’herbe, e le fontane ammaliasse,
Et eran pieni sì trivij, e sentieri
55Di scelerati maghi, che si Dio
Ver noi fattosi pio
Questa luna non dava per lucerna
Al nubiloso averno,
Ch’ardesse nelle tenebre a i Demoni,
60Alla natura si spegnea il governo
E in breve il mondo divenia l’inferno.
Le sante piante di MOSE t’apriro,
Mar ministro dell’ira di quel Dio,
65Che puniva in furor, et fulminando
Deh mar, si come in te affogasti il diro
Et pertinace, et rio
Faraon destruttore
Del vero culto del tuo creatore.
70Con la virtù, che ti rimase allhora
Cresci, e l’Arabia annega
Col sacerdotio della gente Mora.
E sopra l’Arca del Profeta falso,
Che Christo esser il Dio di Mose nega,
75Alza quindeci cubiti il tuo salso
Golfo, e fa un Lago simile allo Hircano,
Che in sempiterno quel terren sommerga,
Perche nel Santuario profano
Di Mecca Macon tiene
80Publico hospitio, ove Satan alberga
Quando d’Abisso a insidiarci viene.